1999, Andrea Pirlo alla Reggina: l’inizio di una sinfonia amaranto
La squadra amaranto aveva appena conquistato la prima storica promozione in serie A. La soffiata di Baronio, la trattativa di Foti

C’era un silenzio strano quella sera d’agosto del 1999. Reggio Calabria, in festa da circa due mesi per la storica promozione della Reggina in A, pareva intuire che qualcosa, da lì a poco, sarebbe accaduto. Poi, come un lampo in pieno cielo fermo: «Andrea Pirlo ha firmato».
Il 20enne, talento precoce del calcio italiano, lasciava l’Inter per abbracciare l’ignoto di una neopromossa. La Reggina. Una squadra giovane, ambiziosa, affamata. Una piazza calda, con un presidente passionale, Lillo Foti, che quella sera si giocava la sua scommessa vincente.
Il presidente amaranto conosceva bene l’agente del calciatore, Tullio Tinti. Pirlo era un po’ chiuso all’Inter. Foti lo incontra a Milano, la trattativa conclusa con meno difficoltà del previsto. Dopo la firma il fantasista vuole subito raggiungere la squadra. Poi scende in campo e fa l’assist della vittoria contro il Bologna. È il 19 settembre 1999. Terza giornata di campionato. Pirlo, al suo esordio con l’amaranto addosso, si prende la scena allo stadio Renato Dall’Ara. Lancia lungo, taglia il campo con un passaggio geometrico e perfetto: Davide Possanzini controlla e segna. È la prima vittoria della Reggina in Serie A, e anche il primo assist di Andrea con la maglia amaranto.
La squadra di Franco Colomba aveva già lasciato un segno alla prima giornata: 29 agosto 1999, esordio assoluto nella massima serie, in casa della Juventus: 1-1, con gol di Mohamed Kallon. Il Granillo era esploso invece nella seconda giornata contro la Fiorentina: un 2-2 vibrante che aveva acceso la città.
La Reggina dei giovani
Quella squadra sembrava una scommessa. In realtà era molto di più. In campo c’erano Andrea Pirlo e Roberto Baronio, due tra i migliori talenti d’Italia. Anzi, all’epoca, quello che sembrava più predestinato a una carriera brillante forse era proprio Baronio, soprattutto nel ruolo di regista davanti alla difesa. Un ruolo che, paradossalmente, negli anni successivi, proprio Pirlo renderà suo in maniera definitiva, diventando il numero uno: vincerà scudetti con Milan e Juventus, e sarà campione del mondo con la Nazionale nel 2006.
C’erano Mohamed Kallon, che chiuderà con 14 reti tra campionato e coppe, e altri giovani affamati: Jorge Vargas, Bruno Cirillo, Davide Possanzini, Emanuele Belardi, Serge Dié, con Ciccio Cozza, Simone Giacchetta e Massimo Taibi a coprirgli le spalle.
Reggio rispose come sa fare: oltre 24.600 abbonati, record assoluto per il club. Di questi, ben 11.000 sottoscritti prima ancora del termine del campionato precedente, quando la Serie A non era ancora certa. Una testimonianza di amore incondizionato. Con Franco Colomba in panchina, la Reggina chiuderà al dodicesimo posto, centrando la salvezza con un turno d’anticipo grazie all’1-1 contro il Verona.
Pirlo e il futuro
Pirlo, in quella stagione, cresce sempre più. Distribuisce palloni, inventa traiettorie, dà ordine e calma. Parla al pallone con la sicurezza di chi sa che prima o poi tutto il mondo si accorgerà di lui.
Tra le gare da ricordare, quella del 6 febbraio 2000 contro il Bologna: suo il gol vittoria con un destro chirurgico dalla distanza. Qualche settimana prima, al Bentegodi di Verona, con la sua specialità, un calcio di punizione morbido, segna il gol del pareggio. Ma forse il momento più iconico è il gol su punizione contro il Milan al Granillo, nel 2-2: Pirlo infila il pallone alle spalle di Abbiati ancora con la sua specialità, una traiettoria chirurgica che ammutolisce San Siro.
Pirlo disputerà 28 partite, segnando 6 gol e servendo 3 assist, molti decisivi per la salvezza.
Una Porsche, un’utilitaria, uno spogliatoio
Anni dopo, Franco Colomba rivelerà un aneddoto emblematico sul carattere di quel ragazzo silenzioso che parlava col pallone: «Alla Reggina Andrea Pirlo si presentò in ritiro con la Porsche. Gli spiegai che non era il caso di andare in giro per Reggio con una macchina così costosa. E poi avrebbe rischiato di dare un’immagine di sé diversa da quello che in realtà era lui. Andrea capì il senso del mio discorso: rispedì la sua auto a Brescia e da quel momento andò in giro con un’utilitaria. È un taciturno, introverso, ma mi risulta anche uno dei più casinisti nello spogliatoio».
Un ritratto che unisce umiltà e ironia, e che racconta meglio di qualsiasi statistica il modo in cui Pirlo seppe integrarsi in un contesto dove il talento doveva correre insieme all’appartenenza.
La soffiata di Baronio
Un altro dettaglio sulla genesi di quella stagione arriva da Roberto Baronio, che nel marzo 2025, durante un evento legato alla mostra “Il Calcio è Arte” a Reggio Calabria, ha rivelato che fu proprio lui a proporre l’idea di portare Pirlo in amaranto. L’ex centrocampista ha raccontato di averne parlato quell’estate direttamente con Colomba, che inizialmente prese la cosa con ironia. Ma il suggerimento arrivò fino al presidente Foti, che si attivò per concludere la trattativa con l’Inter.
Una scelta felice
E Pirlo, a distanza di anni, confermerà di aver fatto la scelta giusta: «Sono stato molto felice a Reggio Calabria, ho vissuto dieci mesi bellissimi. Dopo il primo anno di Inter, avevo voglia di giocare con continuità e ho ritenuto che Reggio fosse la piazza perfetta per dimostrare in Serie A. Mi sembrò la scelta giusta, alla fine si è rivelata azzeccata».
Dopo quell’anno, Pirlo inizierà il suo cammino fatto di gloria e successi internazionali: andrà al Brescia per affiancare il mito Roberto Baggio; poi la consacrazione al Milan, quindi alla Juve. La Nazionale lo incoronerà campione del mondo nel 2006: il rigore battuto con calma olimpica rimane scolpito nella memoria.
Ma il germoglio di tutto quel genio nacque lì, a Reggio Calabria, tra i tamburi del Granillo e il respiro del mare. Una sinfonia partita da Sud, orchestrata da un giovane che dominava il campo senza mai alzare la voce. (f.v.)
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