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L’uomo diventato monaco

Orazione laica per Padre Fedele da Cosenza: il frate, l’uomo, la vittima di giustizia

Voleva morire in un lebbrosario africano, sognava di condurre a piedi i tifosi al santuario di Paola per la prima serie A del Cosenza

Pubblicato il: 13/08/2025 – 17:26
di Paride Leporace
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Orazione laica per Padre Fedele da Cosenza: il frate, l’uomo, la vittima di giustizia

COSENZA Nella notte del 13 agosto alle 3,35 è apparsa a Cosenza la corona dei santi e degli angeli in una parte bassa del cielo. Hanno guardato verso Laurignano, frazione di Dipignano, dove riposerà, e hanno anche posato lo sguardo verso le stanze povere dove esercitò azione di Misericordia. Santi e angeli hanno anche benevolmente guardato verso lo stadio di calcio dove si rilevò al mondo spingendosi poi lontano, verso le contrade della sua missione fondata nella Repubblica centrafricana dove gli ultimi trovarono sostegno umano rischiarati dalla luce delle stelle e pregando vicino a case di paglia e fango. I diavoli impauriti si sono tenuti lontani.
Al centro della corona una Madonna dal volto nera accanto a San Francesco di Paola con una sciarpa rossoblù al collo mi hanno trasmesso l’ispirazione per questa orazione laica scritta da un agnostico che con Padre Fedele Bisceglia ha solcato insieme la vita interrogandosi sul mistero della Resurrezione di Cristo e degli uomini e delle donne, che per lui, a differenza mia, era principio nodale della sua opera umana.
Ognuno costruisce il sacro a propria immagine e somiglianza e questo mio sogno mistico, privo di qualsiasi realismo, è il tributo all’uomo cosentino che insieme a suor Elena Aiello la santa e don Luigi Maletta ha permesso alla città di Cosenza di dar senso all’amore verso il Prossimo, per gli ultimi della terra operando ovunque ci fosse da dar loro terreno ristoro con cibo, letto e soprattutto umana amicizia e fratellanza.
Hanno posto una sciarpa rossoblù sul suo saio nel catafalco all’Oasi francescana da lui fondata e da dove fu scacciato in vita come fosse un mercante nel tempio. Guai a suoi confratelli incapaci di versare olio su ferite rimaste aperte e che meritavano in vita di essere curate. Ne risponderete al vostro Dio e al nostro giudizio.
Per molti laici e anche cattolici Padre Fedele è già santo, nonostante i suoi peccati e non abbiamo bisogno di processi ecclesiastici per affermarlo. Le procedure degli inquisitori hanno avuto ragione del dolore del religioso, privato della possibilità di esercitare funzioni e sacramenti. E’ la Storia che vi condanna e vi biasima per non aver ascoltato la preghiera del frate che più di tutti ha indicato la strada collettiva della solidarietà umana ai molti concittadini e conoscenti delle strade del mondo che raccolsero il suo esempio. Se mancava il salmo restava sempre l’azione.
Orfano di madre, novizio scrupoloso, studente universitario alla Cattolica, prete di periferia estrema alla Montagnola di Acri dove mancava l’acqua nelle case e la luce per strada, padre e fratello di ogni ultimo della terra, professore di scuola, medico, segretario estero dei Cappuccini nel mondo, addomesticatore della moderna società dello spettacolo adoperata per indurre il pubblico a pensare a chi ha meno avuto.
Frate ultrà per antonomasia. Non agì per calcolo e per convenienza negli anni Ottanta andando a sedersi senza chiedere permesso sulla gradinata dei Nuclei sconvolti. Nacque giorno dopo giorno la banda del monaco. Mai era accaduto che tanti giovani, molti mai andati ad una messa, vivessero insieme ad un sacerdote il loro tempo e le loro opere in ogni ora del giorno e della notte.
Fu un crescendo rossiniano. Un ossimoro italiano a Cosenza quello di un frate assieme al gruppo sociale ultrà che si rappresenta con costumi e parole violente ma che alla fine opera per il bene comune.
Né capo, ne padre spirituale, ma uno di loro.
La sede degli ultrà cosentini si installò di fatto nel suo ufficio delle Missioni. Frotte di giovani erano ormai di casa al Convento dei cappuccini. Per diversi anni, prima della partenza di Padre Fedele in Africa a Natale, si celebrava una cena nel refettorio che univa i frati con gli ultrà in un’insolita comunità di opposti che si attraggono.
Con padre Fedele tutto divenne possibile. Dopo l’Heysel, un’idea geniale di Piero Romeo permette di allestire il primo raduno nazionale degli ultrà di tutt’Italia. Da quel 1985 in ogni curva, su tutti i muretti, persino nel cuore nascosto degli avversari del Cosenza, padre Fedele diventa il riferimento umano di chi ha scelto di collocarsi ai margini rumorosi dello spettacolo calcistico. Oggi il monaco con la sciarpa del Cosenza è ricordato con affetto da Casarano a Bergamo, da Nocera Inferiore a Genova e in ogni latitudine dove si trovano quegli uomini rimasti giovani nel cuore e idealmente ragazzi di padre Fedele.
A Cosenza con gli ultrà padre Fedele ha aperto una mensa dei poveri, un dormitorio dei poveri, un ambulatorio sociale autogestito da medici volontari. Qualunque professionista o artigiano offrì il proprio contributo gratuitamente, le ragazze della buona borghesie prestarono la loro opera ad assistere emarginati, dementi, alcolizzati creando una comunità interclassista e variegata. Fu quasi naturale per molti ultrà seguire Padre Fedele nelle vie più povere del mondo andando a prestare aiuto a chi soffre, ma soprattutto maturando un’esperienza che avrebbe cambiato le loro vite per sempre. Da quei semi piantati negli ospedali del Madagascar e nelle periferie violente di Bangui è nata la rigogliosa pianta della Terra di Piero.
Padre Fedele nella sua vita densa di opere buone e azioni virtuose incolse in un inciampo che ne fa un triste epigono giudiziario di Enzo Tortora. Per colpa del suo Io ipertrofico padre Fedele si era messo in testa di salvare l’umanità derelitta del Papa Giovanni XXIII di Serra d’Aiello. Troppo per i signori in cadrega affamati di potere e denaro. Si costruì un infernale marchingegno giudiziario da parte di uomini dello Stato senza onore e disciplina. L’accusa infame di aver stuprato più volte una suora è diventata carta falsa sul peso del tempo. Si cercarono testimonianze compiacenti in cambio di permessi di soggiorno. In buona fede priva di discernimento gruppi di femministe locali trasformarono colui che aveva sempre difeso le donne dalla violenza in un uomo da bruciare. Quando lo portarono in catene alla cella numero 10 di via Popilia, solo gli ultrà che avevamo trovato il suo abbraccio nelle carceri e nei commissariati andarono sul calar della sera a urlare la loro presenza sotto quelle mura. Altri mandarono invece video privati alle trasmissioni trash per far sorridere i benpensanti che leggevano intercettazioni private su giornalini e giornaloni che distrussero la sua immagine pubblica fuori da ogni contesto accusatorio. Come Gesù tradito da San Pietro, padre Fedele è stato abbandonato dai suoi più stretti confratelli. Molti farisei e pubblicani della pubblica opinione che tramarono contro di lui oggi ne piangono la scomparsa mostrandosi contriti.
Durò nove lunghi anni il suo Calvario, ma la sentenza di assoluzione piena non servì a farlo tornare in quella Chiesa che aveva servito per una vita intera incontrando papi e popolo.
In tanti abbiamo lottato fino all’ultimo istante per portare senso comune nella Chiesa che a volte ragiona ancora come ai tempi di Galileo.
Il 14 agosto padre Fedele sarà salutato nelle chiesa della Riforma da dove fu scacciato con una messa celebrata dal vescovo Checchinato che ha almeno provato senza successo e tardivamente a risolvere bizantine procedure che poco hanno a vedere con il Vangelo.
Il sindaco Franz Caruso, che fu uno dei suoi avvocati, ha proclamato lutto cittadino per padre Fedele.
Lo elaboreremo questo lutto come ricordo per Padre Fedele. Era il monaco che organizzava matrimoni magniloquenti per una coppia di poveri che diventa notizia da Tg1, capace di nascondersi con il suo camion in una curva di Paola per fermare il corteo papale di Woytila e parlargli delle urgenze dell’Africa, il miglior capocoro di tutti i tempi quando lanciava il suo Maracanà al megafono facendo alzare uno stadio intero.
Voleva morire in un lebbrosario africano e sognava di condurre a piedi ancora una volta i tifosi al santuario di Paola per la prima serie A del Cosenza. E’ purtroppo andata in altro modo. Accade anche ad un taumaturgo artefice di opere umane prodigiose come quelle di padre Fedele da Cosenza. Un uomo diventato monaco che la Calabria ricorderà a futura memoria. (redazione@corrierecal.it)

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