La ‘ndrangheta nella rinascita della «nuova alleanza dei narcos»: dalla Colombia e Gioia Tauro con sede a Dubai
Gli ultimi arresti eccellenti svelano la rete globale tra i clan calabresi e i cartelli sudamericani. E la città degli Emirati Arabi Uniti scelta come sede operativa

Una sede scelta a Dubai, legami con l’Europa e con le principali organizzazioni criminali, inclusa la ‘ndrangheta calabrese. È la parafrasi di «una convergenza criminale di diversi attori che delinquono in rete» che trova la sua proiezione nella “Nuova Junta del Narcotraffico”. Un nome certamente non nuovo ma tornato di strettissima attualità in un dossier finito sui tavoli delle forze di polizia internazionali, da I-Can passando per l’Interpol e l’FBI. L’organizzazione criminale – rinata dopo il punto più alto toccato agli inizi degli anni ’90 – starebbe prendendo nuovamente forma attraverso alleanze tra potenti narcotrafficanti recidivi, settori del commercio di smeraldi e nuove generazioni di criminali nazionali ed esteri. È quanto emerge, appunto, dal documento che il Corriere della Calabria è riuscito a visionare, in cui si pone l’accento su una priorità su tutte: individuare e identificare i suoi appartenenti.
Dubai
C’è però un primo importante elemento che emergerebbe dalla lettura del documento, Dubai come sede “operativa” scelta dalla “Nuova Junta del Narcotraffico”, e non a caso. L’intento, infatti, è quello di conferire all’organizzazione criminale «prestigio, sfarzo e lusso alle riunioni che organizzano». In una di queste, ad esempio, sarebbe stato servito del caffè «accompagnato da polvere d’oro».

La lotta alla criminalità e al narcotraffico
La Colombia, il suo governo e le forze di polizia, hanno dichiarato guerra all’organizzazione criminale e sta pagando, per ora, un prezzo altissimo. Basta pensare al gravissimo attentato avvenuto nelle corso settimane. Un dolorosissimo tributo di sangue pagato per cercare di porre fine ad una egemonia criminale che sta piegando il Paese. Intanto, come emerge dal rapporto, una squadra di alto livello di intelligence e investigazione criminale a lavoro da 6 mesi avrebbe effettuato una indagine dettagliata dalla quale emerge un aspetto cruciale: le mafie internazionali avrebbero garantito «la domanda e l’espansione del mercato del narcotraffico», rafforzando l’interconnessione con i centri finanziari nelle città chiave di vari paesi, «oltre all’accesso alle tecnologie, all’uso del “deep web” e alla disponibilità di armi».
Il “Clan del Golfo”
Inoltre, analizzando il documento, sarebbero stati identificati i contatti di reti europee a Medellín, Bogotá, Cali, Cartagena, Santa Marta, Barranquilla, Valledupar, Pasto e Pereira mentre gruppi logistici stranieri agirebbero come acquirenti diretti. Una rete criminale sempre più forte e vasta, anche grazie alle alleanza rinsaldate con penisola balcanica, in Oceania e in Medio Oriente, oltre ai legami con i mercati tradizionali in America Centrale, nei Caraibi e nel Cono Sud. In questo contesto, i narcotrafficanti associati al “clan del Golfo” avrebbero tessuto i principali legami di cooperazione per il traffico verso l’Europa, con estensioni verso i paesi del Medio Oriente.



Gli italiani catturati
Che il contesto criminale colombiano si sia ampliato e ramificato con le mafie internazionali e l’Europa lo dimostrano i 20 narcotrafficanti stranieri catturati da gennaio ad agosto 2025, tra cui numerosi quelli legati alla ‘ndrangheta calabrese. Il 17 marzo è stato arrestato a Cartagena l’italiano Emanuele Gregorini, considerato «capo del traffico di droga per l’America Latina» e inserito nel sistema mafioso lombardo composto da Cosa nostra, Camorra e ‘Ndrangheta. Secondo quanto emerso, sarebbe stato lui il «responsabile della spedizione di cocaina da Colombia, Panama e Brasile verso l’Europa, oltre che delle operazioni di riciclaggio di denaro, acquisto di armi e consolidamento di alleanze». Altro colpo, poi, l’arresto Giuseppe “Peppe” Palermo, elemento di spicco della ‘ndrangheta calabrese la cui figura è emersa nell’inchiesta “Pratì” della Dda di Reggio. Il suo ruolo consisteva nel «negoziare, supervisionare e consolidare il traffico di cocaina dalla Colombia, dall’Ecuador e dal Perù verso l’Italia, utilizzando i porti naturali della regione». Secondo il fascicolo, era a capo dei collegamenti con organizzazioni criminali di diversi paesi. Poi, qualche settimana dopo, il 9 agosto 2025 a Bogotá è stato arrestato anche il presunto «emissario della ‘ndrangheta in Colombia» Federico Starnone alias Fedi, coinvolto anche lui nell’inchiesta “Pratì”. Le accuse per lui sono di aver organizzato «la logistica e le alleanze con le strutture della criminalità organizzata nel Cono Sud, oltre a coordinare il traffico di cocaina dai porti di Colombia, Ecuador, Costa Rica e Brasile».

La ‘ndrangheta «fa presa sui fornitori colombiani»
Secondo il rapporto, gli arresti sono il risultato di una collaborazione con agenzie di alto livello degli Stati Uniti, dell’Europa e dell’Asia, che hanno richiesto di lavorare in cooperazione. Infatti, le autorità del Montenegro, paese dell’Europa sud-orientale situato nella penisola balcanica, hanno chiesto incontri con le autorità colombiane per lavorare sulla questione. La Colombia, dunque, come Paese cruciale in questo scenario internazionale che, negli anni, si è definito in modo sempre più chiaro. Anche il pm della Dda di Reggio Calabria, Diego Capece Minutolo, durante la requisitoria del processo “Eureka” con rito abbreviato, la cui sentenza è attesa per fine settembre, ha sottolineato «il peso ella ‘ndrangheta di San Luca negli affari con i narcos», citando i racconti dell’ex broker e ora collaboratore di giustizia, Vincenzo Pasquino. (g.curcio@corrierecal.it)
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