LAMEZIA TERME Un sorriso mostrato a favore di camera mentre, scortato dalla Policía Nacional colombiana, si appresta a essere portato via, in manette. Una sicurezza che tradisce ciò che effettivamente era accaduto alcuni istanti prima, segnando la fine della sua “missione” in Colombia. Già perché quello in foto (e nel video che vi mostriamo in esclusiva) è Emanuele Gregorini “Dollarino” (cl. ’89), catturato a Cartagena dopo mesi di ricerche. Quello subito da “Dollarino” è stato, nei fatti, un arresto a tratti brutale a seguito di un assalto nel proprio appartamento con tanto di ariete sfonda porte e fucili d’assalto spianati.
Di buone maniere neanche l’ombra, insomma. D’altro canto, in Colombia, le forze di polizia impiegate nella cattura di (presunti) narcotrafficanti pericolosi ci vanno giù pesante, a dispetto da quella sicurezza mostrata da Gregorini una volta passata la tempesta. Il 36enne nativo di Marino, Roma, è una figura criminale importante, e non solo per il paese sudamericano, ma anche per l’Italia. Gregorini è imputato nel processo “Hydra” istruito dalla Distrettuale antimafia di Milano ora alle battute iniziali dopo mesi di botta e risposta tra Procura, Gip e Riesame. Alla sbarra, in attesa di capire quanti andranno in ordinario e quanti in abbreviato nel ciclo di udienza che dal 20 maggio al 23 luglio si succederanno, ci saranno 143 persone.
Come ricostruito dalle autorità colombiane, dunque, “Dollarino” Gregorini si trovava oltreoceano perché sarebbe un «emissario» con il compito di ricostruire le rotte colpite dopo la cattura di altri due elementi di spicco nel 2024: Gustavo Nogueira e Luigi Belvedere, entrambi legati alle mafie di Napoli e Caserta. Il suo arresto, peraltro, è stato eseguito solo qualche giorno dopo quello di Ronald Fernando Acosta Cuesta alias “Rony” «membro della “Junta del Narcotráfico”» e al servizio della ‘ndrangheta, «trasportando cocaina tra la Calabria e Milano». Proprio in Colombia la presenza della ‘ndrangheta ha assunto i contorni di una «emergenza nazionale». Il suo modello operativo si basa sull’invio di emissari che creano reti in diverse regioni». Qui, la ‘ndrangheta e le mafie italiane in generale, per avere successo si sono impegnate a stabilire forti legami con i partner locali. Nel paese caraibico, ad esempio, i clan sarebbero riusciti a stabilire legami con il “clan del Golfo” e “Los Costeños”, due delle strutture criminali più attive sulla costa, ma hanno anche individuato movimenti nella Valle del Cauca, Urabá e la Sierra Nevada de Santa Marta, «dove hanno cercato contatti con gruppi locali per assicurarsi le forniture di droga», riporta il giornale colombiano “El Tiempo”.
Come già ricordato, Gregorini, secondo l’inchiesta della Dda di Milano, farebbe parte del “gruppo Senese”, la componente romana legata alla camorra, diretta da Michele Senese, del presunto consorzio di mafie a Milano. Ma dagli atti dell’inchiesta “Hydra” il nome di Gregorini è spesso associato a quello di alcuni dei presunti esponenti della ‘ndrangheta in terra lombarda, partecipando ad una serie di incontri – formali e non – in cui erano presenti proprio soggetti calabresi. C’è, ad esempio, un incontro monitorato dalla pg a Dairago, nel Milanese. È il 28 aprile 2021 e, tra i presenti, ci sono esponenti di vari gruppi criminali e comunque tutti riconducibili all’organismo unitario mafioso operante in Lombardia. Ci sono Dario Nicastro, Rosario Bonvissuto e Antonio Torretta (gruppo Nicastro). Poi, più tardi, arriva Gioacchino Amico (gruppo Senese), Massimo Rosi (locale Legnano-Lonate Pozzolo) seguiti a distanza di alcuni minuti. Infine, arrivano proprio Emanuele Gregorini (gruppo Senese) e Francesco Bellusci (locale Legnano-Lonate Pozzolo). Come ricostruito dagli inquirenti, Dario Nicastro, insieme agli accompagnatori, si sarebbe recato all’incontro organizzato presso della Servizi Integrati per «discutere con Gioacchino Amico della restituzione di una somma di denaro riconducibile ad un investimento non andato a buon fine». Arrivando perfino alle minacce. «(…) quelli ora non vogliono sapere niente! Di qua e di là! Gioacchi’, se tu non mi dai i soldi t’ammazzo come un cane! Chiunque c’è davanti!».
Il nome di Gregorini “Dollarino” però emerge anche da una intercettazione che è quasi l’emblema di tutta la massiccia indagine della Dda di Milano, richiamando quel vincolo associativo «legato al profitto» che sarebbe poi il “motore” del consorzio criminale tra ‘ndrangheta, camorra e cosa nostra in Lombardia. A ritrovarsi sono i rappresentanti delle varie componenti negli uffici di Dairago di una delle società di Gioacchino Amico, all’interno del quale si è svolta una riunione tra l’emissario dei Senese, Gregorini “Dollarino”, Domenico Pace, Giacchino Amico detto “Iachino” e Giuseppe Fidanzati detto “Ninni”, durante la quale, secondo gli inquirenti, «emerge chiaramente il ruolo di Paolo Errante Parrino detto “zio Paolo” (Provincia di Trapani, con particolare riferimento al Mandamento di Castelvetrano) a sostegno dei Pace». Proprio in questa circostanza, sempre secondo l’accusa, sono le testuali parole di Gregorini a rappresentare plasticamente non solo l’esistenza di un “contesto associativo unitario”, ma anche la “ragione sociale” che vincolerebbe le “anime mafiose” di fatto differenti fra loro. «Troviamo oggi una quadra» è l’esortazione di “Dollarino”, «tocca trovare una quadra, per guadagnare tutti, non creare altri pensieri…».
L’intercettazione “chiave” prosegue. Dal dialogo, sono convinti gli inquirenti, emergerebbe «con altrettanta chiarezza, come l’organizzazione non sia un’idea astratta, priva di manifestazioni materiali», ma che si palesi dotandosi di una struttura autonoma, anche attraverso la costituzione di una società. In buona sostanza, Amico si dice pronto a mettere il capannone e l’azienda mentre «voi mettete una persona dentro la società», trovando sponda ancora in Gregorini: «(…) questa per me, ad oggi, è l’unica quadra» dice l’uomo dei Senese, perché «ci sono carcerati, ci sono parole di mezzo, non si sta al proprio posto». Da Gregorini, poi, anche l’interesse per cercare di recuperare denaro per i carcerati e il loro mantenimento. «Stoppiamo tutti i pagamenti! Per tutti! Mandiamo un pensiero per i carcerati!» che siano «calabresi o napoletani o siciliani, i carcerati vanno mantenuti prima di ogni altra cosa a questo mondo!». (g.curcio@corrierecal.it)
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