‘Ndrangheta, la presenza «asfissiante» dei La Rosa sul territorio e la «sbirciatina» in Prefettura
Per Mantella sono i «racabumbuli» dei Mancuso, per il gup è provata la «pervasività» della cosca su Tropea. Tra le accuse anche i rapporti tra Antonio La Rosa e un’impiegata della Prefettura

VIBO VALENTIA Dalle mire sul Porto al controllo delle strutture ricettive, oltre a quello della navigazione lungo la Costa degli Dei e nel commercio dei vini, con tentativi di infiltrazione anche nelle istituzioni pubbliche. Gli interessi criminali della ‘ndrina La Rosa vengono ricostruiti nella sentenza del rito abbreviato del processo scaturito dalle operazioni Maestrale, Olimpo e Imperium. È il gup distrettuale Pietro Agosteo che, sulla base dell’impianto accusatorio della Dda di Catanzaro, offre un quadro della cosca predominante sulla Perla del Tirreno e delle sue infiltrazioni, in particolare nel settore turistico. Al suo vertice i fratelli Antonio (condannato 18 anni) e Francesco La Rosa, quest’ultimo anche detto “u bimbu” e condannato a 20 anni di carcere.
Per Mantella i La Rosa sono «i racabumbuli» dei Mancuso
Il gup evidenzia come già in altri processi è emersa la «pervasività» della ‘ndrina nel comune di Tropea e lungo la Costa degli Dei. La sua autonomia sarebbe stata comunque limitata dallo stretto rapporto di subalternità ai Mancuso, la potente famiglia di Limbadi alla quale ogni cosca “minore” doveva «devolvere quota parte dei proventi criminali». Gerarchie a cui non si sarebbero sottratti i La Rosa, tanto che il collaboratore di giustizia Andrea Mantella li definisce come i «racabumbuli» dei Mancuso, ovvero dei «galoppini» con un «atteggiamento ossequioso» nei confronti della cosca di Limbadi. I La Rosa avrebbero avuto poi una «spiccata capacità di ingerenza» nelle attività imprenditoriali, dal settore turistico a quello alberghiero e della ristorazione.
La presenza «asfissiante» e il ruolo di Francesco La Rosa
Il gup definisce «asfissiante» la presenza sul territorio dei La Rosa, al cui vertice ci sarebbe Francesco La Rosa, già condannato nel processo scaturito dall’operazione Peter Pan, che insieme al fratello Antonio, avrebbe ricoperto il ruolo di «capo e co-organizzatore». “U bimbu” si sarebbe reso protagonista di una serie di attività illecite, dalle estorsioni finanche all’invio «di ‘mbasciate tese a ottenere la coattiva convocazione anche di esponenti di vertice delle altre ‘ndrine» come raccontato dal collaboratore di giustizia Antonio Accorinti. I “tentacoli” dei La Rosa sarebbero arrivati anche in Prefettura, con l’accusa di rivelazione del segreto d’ufficio che vede coinvolti Antonio La Rosa e Saveria Angiò, ai tempi impiegata negli uffici siti lungo Corso Vittorio Emanuele. Il gup riporta anche un episodio in cui protagonista è Francesco La Rosa, il quale dopo aver chiamato in Prefettura avrebbe chiesto lumi sul procedimento di revoca della patente di guida. La Rosa, «lamentando l’atteggiamento poco collaborativo», avrebbe esternato «indirettamente l’esistenza di una fonte privilegiata all’interno della Prefettura». Alla domanda su chi si trattasse La Rosa avrebbe affermato di «non essere un Carabiniere».
L’accusa ad Antonio La Rosa e all’impiegata: esclusa l’aggravante mafiosa
Un secondo episodio riguarda invece Antonio La Rosa, che avrebbe ricevuto dall’impiegata disponibilità a «visionare qualche atto ragionevolmente afferente alla funzione esercitata dalla dipendente pubblica». Nella conversazione – ricostruisce il gup – emerge il riferimento a una «sbirciatina» riguardo «delicate informazioni» su alcuni presunti esponenti della ‘ndrangheta vibonese, tra cui Salvatore Morelli e Rosario Pardea. Per il gup «non residuano dubbi in merito alla qualifica soggettiva rivestita dalla coimputata Saveria Angiò», per la quale si procede nel rito ordinario, mentre Antonio La Rosa viene individuato come «istigatore della condotta». Dal delitto, infine, viene però esclusa l’aggravante mafiosa, dal momento che non risultano elementi che provino «l’agevolazione della ‘ndrina di Tropea o di altre locali della provincia vibonese». (ma.ru.)
Il Corriere della Calabria è anche su Whatsapp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato