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Cosenza calcio, al Cinema San Nicola Guarascio e il teatro dell’assurdo (con finale scontato) – VIDEO

Si doveva parlare di futuro ma è finita tra i fischi. Lo scontro con Citrigno e Gigliotti, le parole dure del sindaco Caruso sullo stadio e una città che non vuole altro che l’addio del presidente

Pubblicato il: 29/09/2025 – 21:51
di Francesco Veltri
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Cosenza calcio, al Cinema San Nicola Guarascio e il teatro dell’assurdo (con finale scontato) – VIDEO

COSENZA È tutto vero, anche se sembra una sceneggiatura di Ciprì e Maresco, ma scritta male. Al Cinema San Nicola, tempio culturale trasformato per una sera in tribunale popolare, è andata in scena stasera un’assemblea pubblica che resterà nella storia dei Lupi, più per il grottesco che per la speranza. Tema? Il futuro del Cosenza Calcio. Protagonista? Eugenio Guarascio, imprenditore e attuale proprietario del club, figura da anni al centro del dibattito calcistico cittadino. In platea un popolo intero, con la dignità ferita e la pazienza al lumicino.
Alle 18:30 l’ingresso di Eugenio Guarascio, in abito nero, cravatta blu e calzini rossi, è accompagnato da una corposa scorta di polizia. Un silenzio glaciale avvolge la sala. Il presidente entra come un uomo di Stato, uscirà da “imputato“.
Il primo a prendere la parola è Pietro Garritano, anima della Curva Nord. Voce ferma, parole nette: «Ha spento la passione, presidente. Lei per noi è solo contabilità, non appartenenza». Una requisitoria lucida, asciutta. Elenca una per una le mancanze di rispetto, i torti, i silenzi assordanti. Uno dei punti più bassi? Il mancato omaggio a Salvatore “Uccello” Iaccino. Guarascio applaude. Come a dire: Sì, abbiamo sbagliato, ma lasciatemi almeno battere le mani. Nervosamente. E mentre il presidente cerca di giustificare le sue frasi infelici su tifosi al mare durante Cosenza-Catania, ammette: «Se ho sbagliato, chiedo scusa, ma volevo giustificarvi». Un “se” che pesa come una porta chiusa.
Poi arriva la questione degli F24, della penalizzazione, dei pignoramenti. Guarascio si rifugia dietro un linguaggio poco chiaro: «Un leggero sfondamento, le risorse c’erano, ma il ritardo anche di un minuto…». Tradotto: colpa di nessuno, responsabilità di tutti. Ma il clima si scalda davvero quando arriva il tema della cessione della società.

Citrigno show (con Pec alla mano)

Il palco se lo prende Alfredo Citrigno, imprenditore cosentino, tifoso dichiarato e protagonista della serata. Guarascio prova a ridurre la sua proposta di acquisto: «Voleva il 50%». Errore. Citrigno estrae il colpo di teatro: la Pec. «Non ho offerto il 50%, ma il 100% delle quote. Dieci milioni, meno i debiti, con clausole chiare: +5 milioni se si va in A, -5 se si scende in C. La proposta è qui. Cartacea. Firmata. Inviata alla tua Pec un anno fa». Silenzio in sala. Poi applausi.

Gigliotti in collegamento: «Non puoi chiedere offerte al buio»

A rafforzare la posizione dei compratori, interviene in video Pietro Gigliotti, avvocato cosentino di una cordata umbra. La sua è una lezione di diritto calcistico-commerciale: «Un’offerta vera si fa dopo una due diligence. Non prima. Altrimenti è una scommessa, non una trattativa». E qui arriva l’ossimoro in carne e ossa: Guarascio chiede offerte senza dare accesso ai bilanci. Pretende serietà e insiste: «Prima le proposte, poi i documenti». È come voler vendere una casa, ma vietare all’acquirente di aprire le finestre.

Il sindaco perde la pazienza

Franz Caruso, sindaco e avvocato, prova per l’ennesima volta a mediare. Ma poi esplode: «Qualche mese fa – dice rivolgendosi a Guarascio – mi avevi detto che non c’erano pendenze. Che volevi vendere. Siamo ancora fermi. La comunità non si riconosce più in questa società, io mi sento preso in giro». E minaccia, neanche troppo velatamente, una revisione della concessione dello stadio. Lo proporrà in Consiglio comunale. Tradotto: o cambi musica, o vendi, o resti senza orchestra.

Controproposte, cifre, accuse incrociate

Gigliotti chiede: «Posso svelare la cifra della tua controproposta?», Guarascio balbetta. Poi cede incalzato dalla platea. E Gigliotti affonda: «Cinque milioni, più i debiti. Una cifra fuori da ogni logica, basata sui numeri di Transfermarkt. Assurdo». A quel punto persino il sindaco, da avvocato, lo incalza: «Dillo, tanto lo sappiamo tutti».
Garritano torna alla carica: «Hai davanti una delle tifoserie più civili d’Italia. Ma ora basta. Togli il disturbo». Applausi a scena aperta. Sergio Crocco, icona cittadina e presidente della Terra di Piero, prende il microfono e urla: «Te ne devi andare!». È l’urlo che tutti trattenevano.
L’aria si fa pesante. Fischi, rabbia, sfiducia.
Citrigno chiede ancora una volta: «Dacci i bilanci. Una settimana. Poi in venti giorni facciamo la due diligence. Entro metà novembre andiamo dal notaio». La risposta? Sempre la stessa: «Fate l’offerta prima». Guarascio dice di voler vendere, ma continua a non fissare una cifra, a non voler consegnare i documenti, a non accettare per davvero la realtà: quella di un club che gli è sfuggito di mano, di una tifoseria che non lo riconosce più, di una città che non crede più a una parola.

L’agonia di un addio che non arriva

Per tutti i presenti la verità è solo una, qualcuno la urla: Guarascio non vuole vendere, o almeno non adesso. Vuole restare aggrappato alla sua creatura, che ormai per l’intera città, sindaco compreso, è più bilancio che bandiera. Vuole trattare, ma alle sue condizioni, senza numeri. Un venditore che non sa quanto vale ciò che vende: dice di non saperlo al momento o, forse, non vuole dirlo.
Citrigno ha portato le carte. Gigliotti ha offerto metodo. Il sindaco ha portato garanzie e ultimatum neanche troppo velati. Ma Guarascio è rimasto fedele a se stesso.
E la gente? Fischia. Urla. Resiste. Perché in fondo il Cosenza non è una società. È un pezzo di cuore collettivo. È la domenica pomeriggio, è la maglia sudata, è l’amico che non c’è più. E Guarascio – glielo urlano in faccia – con ogni minuto che passa, lo allontana sempre più dalla sua gente.
Al Cinema San Nicola stasera è andata in scena l’ennesima rappresentazione di un potere stanco, lontano dall’unico interesse che dovrebbe rappresentare. Un teatro dell’assurdo dove si parla di vendita solo ad acquirenti che, come condizione per trattare, devono essere solidi e garantire Serie B e A, mentre attualmente si viaggia in FlixBus per andare a giocare a Siracusa, dove si pretendono investimenti milionari, ma non si danno bilanci da leggere.
Il pubblico esce come non era entrato: sfiduciato, insultando e fischiando il presidente scortato dalla polizia verso un mondo sempre più lontano dal cuore pulsante della città. “Vattene”, “Buffone”, gli gridano con rabbia. Qualcuno, ottimista al massimo, si lascia sfuggire che stavolta qualcosa cambierà. Ma, in fondo, la verità già si conosce. (f.veltri@corrierecal.it)

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