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Regionali e parità

Doppia preferenza, pochi effetti: la rappresentanza femminile arranca

A quattro anni dall’introduzione della doppia preferenza di genere, il Consiglio regionale calabrese resta lontano dalla parità, solo sette donne su trenta eletti

Pubblicato il: 10/10/2025 – 14:03
di Paola Suraci
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Doppia preferenza, pochi effetti: la rappresentanza femminile arranca

REGGIO CALABRIA A quattro anni dal debutto della doppia preferenza di genere nelle elezioni regionali calabresi, l’auspicata svolta nella rappresentanza femminile tarda ancora ad arrivare. Nella tornata elettorale di ottobre 2025, su trenta consiglieri eletti a Palazzo Campanella, solo sette sono donne.
Un dato che, se da un lato rappresenta un piccolo record per la Calabria – mai prima d’ora la componente femminile aveva raggiunto il 23% dell’assemblea – dall’altro mostra quanto la legge del 2020, approvata all’unanimità dal Consiglio regionale, sia ancora lontana dall’aver prodotto un reale equilibrio di genere.

La legge: un traguardo atteso e dedicato a Jole Santelli

La doppia preferenza di genere ha fatto il suo esordio nelle regionali del 2021, dopo anni di rinvii e polemiche. La norma, n.17, approvata il 19 novembre 2020 e dedicata alla memoria della presidente Jole Santelli, stabilisce che nessun genere possa essere rappresentato nelle liste oltre il 60%, e consente all’elettore di esprimere due preferenze, purché di sesso diverso. Un passo obbligato, arrivato dopo la diffida del Governo che chiedeva alla Calabria di adeguarsi alla legislazione nazionale. Soltanto nella sesta legislatura, a metà degli anni Novanta, infatti, furono elette quattro donne (in un periodo in cui non esisteva ancora la doppia preferenza di genere). Negli anni successivi, invece, in Calabria la presenza femminile è rimasta molto limitata, spesso una o due rappresentanti, talvolta nessuna.

Ma a distanza di quattro anni, la domanda è inevitabile: la legge ha funzionato?

Sette donne su trenta: il record che non basta. Nel nuovo Consiglio regionale, per la XIII legislatura, la presenza femminile è concentrata quasi esclusivamente nella circoscrizione di Cosenza, da cui provengono tutte e sette le elette (nella scorsa legislatura erano state elette sei). Per la maggioranza, entra la votatissima consigliera uscente e presidente della Commissione Sanità, Pasqualina Straface di Forza Italia, che ha ottenuto 13.363 preferenze. Con lei, sempre nelle fila di Forza Italia, la riconfermata Luciana De Francesco, con 6.542 voti. Della lista “Occhiuto Presidente” fa invece parte Rosaria Succurro, presidente della Provincia di Cosenza e sindaca di San Giovanni in Fiore, che ha raccolto 12.201 consensi. Completa la squadra della maggioranza Elisabetta Santoianni, anch’essa di Forza Italia, con 10.661 voti, presidente regionale dell’Associazione Italiana Coltivatori. All’opposizione siederanno Elisa Scutellà del Movimento 5 Stelle, ex deputata decaduta e vincente nella circoscrizione settentrionale con 7.164 preferenze, Rosellina Madeo del Partito Democratico, presidente del consiglio comunale di Corigliano-Rossano, con 6.719 voti, e Filomena Greco di Casa Riformista – Italia Viva, con 6.670 voti. Una rappresentanza che, pur migliorando il dato storico, resta ben al di sotto della media nazionale e rivela ancora una volta un deficit strutturale di partecipazione femminile alla politica regionale. È chiaro, però, che adesso si sarebbe potuto ottenere un risultato migliore se la doppia preferenza di genere fosse stata applicata in modo pieno e non semplicemente usata per inserire nomi femminili con lo scopo di “riempire le liste”.

Cinzia Nava: «Quella legge è un inizio, ma serve coraggio»

Abbiamo chiesto un commento a Cinzia Nava, già presidente della Commissione Pari Opportunità della Regione Calabria, tra le principali promotrici della legge sulla doppia preferenza di genere.

Dottoressa Nava, a quattro anni dall’introduzione della doppia preferenza, qual è il suo bilancio?


«Sono orgogliosa del percorso fatto. Quando abbiamo iniziato a parlarne, sembrava un tema di nicchia, quasi provocatorio. La legge è arrivata dopo cinque anni di lavoro, di resistenze e di tanta determinazione. Abbiamo lavorato con le associazioni, con le donne e siamo riuscite a far approvare la legge. È stato un passo avanti, ma non può bastare da sola. La norma offre uno strumento, ma poi serve la volontà politica di usarlo bene».

Sette donne su trenta: un risultato che si può leggere come un successo o come una sconfitta?


«Entrambe le cose. È un record per la Calabria, ma non possiamo accontentarci di questo primato simbolico. Questa è una società patriarcale. Occorre che ci sia la partita di genere in tutti gli ambiti, non solo in politica. Le donne hanno una marcia in più e hanno dimostrato che nei punti apicali, dove ci sono le donne, la produttività cresce di molto, quindi le donne hanno delle capacità superiori rispetto agli uomini».

Cosa servirebbe, allora, per rendere davvero efficace la rappresentanza di genere?


«Serve un cambio culturale profondo. Le donne devono sentirsi protagoniste e non comparse. I partiti devono credere nel valore della leadership femminile, non viverla come un obbligo normativo. E bisogna lavorare sul linguaggio, sui media, sulla formazione politica delle nuove generazioni. La legge è un trampolino, ma il salto dobbiamo farlo insieme. Servono poi fatti concreti, politiche che aiutino a conciliare i tempi di vita con i tempi di lavoro. Le donne, ancora oggi, hanno il carico della famiglia, dei figli, dei genitori anziani, e fanno salti mortali per conciliare tutto con il lavoro. Per questo molte donne scelgono un lavoro part time, ma occorre cambiare le cose. Le donne devono avere tutte le possibilità di vivere pienamente la loro vita professionale senza dover fare rinunce, dobbiamo metterle nelle condizioni di non dover scegliere tra vita familiare o lavorativa».

Un cammino ancora lungo

«La Calabria, storicamente una delle regioni con la più bassa presenza femminile nelle istituzioni, registra oggi un piccolo progresso, ma resta ancora lontana da una vera parità di rappresentanza.
La doppia preferenza di genere ha aperto una porta, ma dietro quella soglia il cammino è ancora tutto da costruire, fatto di partecipazione, fiducia e coraggio, le stesse parole che Cinzia Nava continua a ripetere come un manifesto politico e civile. “Non basta mettere le donne in lista – conclude – bisogna volerle nei posti in cui si decide». (redazione@corrierecal.it)

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