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Antimafia e religione, Don Ennio Stamile: «Conoscere è la prima forma di resistenza alle mafie»

All’Unical la riflessione collettiva degli studenti nel ricordo di Francesco Fortugno

Pubblicato il: 16/10/2025 – 15:15
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Antimafia e religione, Don Ennio Stamile: «Conoscere è la prima forma di resistenza alle mafie»

RENDE Un momento di riflessione collettiva partecipatissimo nell’ateneo deserto come ai tempi del Covid ma stavolta per via dell’allerta meteo che ha causato la sospensione delle attività didattiche.
All’University club gli studenti hanno risposto in massa all’appello di Giancarlo Costabile, docente di Pedagogia dell’Antimafia all’Unical, abile a tessere la trama dei vari interventi aperti dall’accorato saluto del rettore eletto Gianluigi Greco.
A Don Emilio Salatino tocca entrare nel merito del tema scelto, i simboli nella ‘ndrangheta e in Chiesa: «Cosenza – esordisce il direttore dell’Istituto superiore di Scienze religiose San Francesco di Sales – non è più un’isola felice. Ma oltre che alle mafie dobbiamo parlare anche delle ombre che sporcano l’immagine del Cristo, dei “peccati della Chiesa” che è importante conoscere per evitare di cadere negli stessi errori».
Don Antonio Foderaro, decano della Sezione San Tommaso di Napoli, propone un “patto educativo” per formare una coscienza critica, perché «il sud – dice – può essere liberato non solo con gli interventi repressivi ma attraverso una trasformazione culturale profonda fatta di fede ma anche di sapere e impegno civile».
Don Ennio Stamile, rettore dell’UniRiMi “Rossella Casini” di Limbadi, indica la strada per «uscire da logiche che opprimono la Calabria da oltre un secolo. Vent’anni fa come oggi – ricorda – veniva ucciso a Locri Francesco Fortugno» ed è questa l’occasione per esprimere «vicinanza ai familiari delle vittime innocenti di ‘ndrangheta». Stamile cita poi «l’intreccio politico mafioso e massonico che attanaglia la Calabria e nota che con la strage di Duisburg, due anni dopo il delitto Fortugno, anche l’Europa si è accorta del fenomeno. La conoscenza è la prima e fondamentale forma di resistenza», conclude.
Don Marcello Cozzi va ancora più indietro e racconta come i pizzini di Bernardo Provenzano si chiudessero tutti con l’espressione “Vi benedica il Signore e vi protegga”, aggiungendo che il boss di Cosa Nostra scriveva spesso “con il volere di Dio” citando la Divina provvidenza.
Il docente di Antropologia culturale Fulvio Librandi si sofferma invece sulla narrazione che vede nella ‘ndrangheta un fenomeno da mitizzare fatto di sangue e onore, una “paccottiglia da decostruire” questo il suo invito al giovane uditorio. L’intervento finale spetta al docente e saggista Giuseppe Savagnone, responsabile del Centro diocesano per la pastorale della cultura di Palermo, in chiusura della sessione mattutina. Nel pomeriggio, nella sede rendese dell’Issr “San Francesco di Sales” il confronto tra Mons. Giuseppe Savino, vescovo di Cassano allo Ionio e vicepresidente della Cei, e l’arcivescovo metropolita di Cosenza-Bisignano don Gianni Checchinato, atteso anche questa mattina all’Unical ma impossibilitato a presenziare per via di un infortunio occorsogli proprio all’ingresso della sede del convegno. (redazione@corrierecal.it)

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