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Lea, Commissario GOM: nel divario Nord-Sud pesa anche la fragilità economica e sociale dei territori

Solo un’analisi congiunta di sanità, spesa sociale e aree interne può far emergere le correlazioni che autoalimentano il sistema delle disuguaglianze

Pubblicato il: 28/10/2025 – 11:56
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Lea, Commissario GOM: nel divario Nord-Sud pesa anche la fragilità economica e sociale dei territori

«Il Monitoraggio 2023 del Nuovo Sistema di Garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), approvato dal Comitato permanente l’11 febbraio 2025 e pubblicato dal Ministero della Salute, conferma una profonda frattura strutturale nel sistema sanitario italiano». A dichiararlo a Agenda Digitale è il Commissario straordinario Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria,Tiziana Frittelli che spiega: «Il rapporto analizza 88 indicatori suddivisi in tre macro-aree -prevenzione, assistenza distrettuale e ospedaliera – oltre a parametri di contesto, equità sociale e percorsi diagnostico-terapeutici. Di questi, 27 sono indicatori “core “, pensati per misurare la reale capacità dei sistemi sanitari regionali di garantire i LEA. Tuttavia, il sistema attuale – introdotto nel 2020 e solo parzialmente aggiornato nel 2023 e 2024 – mostra limiti significativi. Manca ancora una piena integrazione con gli obiettivi del PNRR e con le nuove esigenze di prevenzione, presa in carico dei cronici e continuità ospedale-territorio».

LEA: l’Italia a due velocità

«La maggior parte delle Regioni ha superato la soglia minima di sufficienza (60/100) nelle tre macro-aree di monitoraggio, sottolinea il Commissario straordinario Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria, ma i risultati confermano una forte disomogeneità territoriale. Le migliori performance si registrano in Piemonte, Lombardia, Trento, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Puglia e Sardegna. Le criticità più gravi emergono invece in Valle d’Aosta, Abruzzo, Calabria(che, tuttavia, per la prima volta ha raggiunto la sufficienza, oltre che nell’area ospedaliera, anche in quella della prevenzione), Sicilia, Bolzano, Liguria, Molise e Basilicata, soprattutto per la prevenzione e l’assistenza distrettuale. Proprio l’assistenza distrettuale si conferma l’anello debole del sistema, con pesanti ripercussioni su anziani e pazienti cronici. Le misure del PNRR (Missione 6) dovrebbero rafforzare la sanità territoriale, ma mancano almeno 65 mila infermieri e resta irrisolta la questione del ruolo dei medici di medicina generale».

Le radici del divario: sanità, economia e aree interne

«Il rapporto sottolinea che il divario Nord-Sud non può essere spiegato solo con i parametri sanitari: pesa anche la fragilità economica e sociale dei territori, aggravata da anni di piani di rientro e tagli lineari.  Nel Mezzogiorno si concentra il 44,8% di aree lontane da ospedali, scuole e infrastrutture, soprattutto in Basilicata, Sicilia, Molise e Sardegna, dove oltre il 70% dei Comuni è interno. Qui l’aspettativa di vita è più bassa, i tempi di soccorso più lunghi e i ricoveri evitabili più frequenti. La fuga dei giovani e il declino demografico poi aggravano il quadro: nel 2023 il tasso di espatrio dai Comuni ultraperiferici ha toccato il 2,5‰, più del doppio della media nazionale».

Il nodo dell’insularità e la “questione Sardegna”

«Il legame tra condizioni socio-economiche e risultati sanitari emerge con forza anche dal caso Sardegna, dove la Corte Costituzionale (sent. 6/2019) ha riconosciuto la necessità di considerare il costo dell’insularità nel riparto delle risorse, stabilendo che lo Stato debba tener conto di una serie di parametri, tra i quali i livelli di reddito pro capite e gli svantaggi strutturali permanenti». Aggiunge il Commissario straordinario Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria, Tiziana Frittelli che sottolinea: «Le Regioni con i migliori LEA spendono in media 2,7 volte di più nel welfare e hanno il 40% in meno di Comuni nelle aree interne rispetto alla media nazionale. Per il Mezzogiorno, servirebbe un nuovo patto per l’equità territoriale, con 20-30 miliardi di euro annui per dieci anni, finalizzati a colmare il divario nei servizi e nel PIL. Senza un’inversione di rotta, entro il 2043 intere zone del Sud rischiano di diventare “deserti di welfare”, con meno di 10 abitanti per km² e servizi essenziali assenti. In un’Italia sempre più anziana e fragile, la coesione territoriale non è un optional: è la condizione minima di sopravvivenza per il futuro del Paese». (redazione@corrierecal.it)

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