Cuor d’asino e di leone per il Ponte sullo Stretto che torna indietro come al gioco dell’oca
Gratteri frontman al referendum sulla giustizia e il sindaco Voce tanto consenso e poco galateo

COSENZA Buon ponte di ogni Santi e dei defunti a tutti voi. E invoco tutti i santi del calendario e tutti i nostri morti per il Ponte sullo Stretto che come in un gioco dell’Oca torna alla casella precedente buggerando Orban invitato alla posa della prima pietra e le numerose persone accorse a chiedere un posto di lavoro. La Corte dei Conti ha esercitato il suo ruolo istituzionale come ha sottolineato il leghista Zaia per far dispetto a Salvini. Giorgia Meloni ha perso la brocca sulle prime, poi tecnici e Quirinale l’hanno fatta riflettere ad aspettare 30 giorni per leggere le motivazioni. Alcune questioni sono palesi come quelle di aver apposto una data sbagliata per l’inizio del lavori. Si vuole costruire l’ottava meraviglia del mondo e non riusciamo a calendarizzare neanche una data ufficiale per non parlare dei costi con personaggi in commedia che dieci anni fa contestavano l’opera e ora ne diventano i condottieri.
Questo gioco strutturale passa sopra le teste di gran parte dei calabresi e siciliani che vengono usati come soggetti in causa senza aver deciso nulla come comunità autodeterminate. Nelle due regioni sono parte in causa élites politiche e lobbiste, strette tifoserie di riferimento, pochi sviluppisti che meritano rispetto per perseguire almeno la loro idea progressista.
Calabresi e siciliani in larga parte assistono attoniti ad uno spettacolo troppe volte replicato.
Una sorta di Ponte tra il nulla e il niente che vada a mutare lo stato dei luoghi descritti da Omero resta al momento un’illusione. Hanno deciso di spendere altri 13 miliardi almeno senza consultare nessuno. Si depenna l’opera che poi risorge con il fatto compiuto. Nel frattempo i soldi già stanziati per la strada 106 sono stornati a data da destinarsi. Mi viene nostalgia di Zanardelli e del solito Giacomo Mancini che quando l’autostrada aveva bloccato i lavori ad Eboli in pochi giorni destituì tecnici e responsabili difendendo l’opera. Come Camilleri rispetto al Ponte sullo Stretto mi sento con “un cori d’asini e un cori di liuni”. Cuor di leone per l’orgoglio di sperare di poter vedere un’opera tecnologicamente avanzata attrattore di un nuovo Meridione che cambia la sua narrazione. La gestione alla carlona trasforma il mio muscolo vitale però in cuore d’asino nel temere sbancamenti di case e cimiteri che diventano eterni cantieri del moderno non finito meridionale. San Francesco di Paola che hai attraversato lo Stretto con il tuo mantello tutelaci tu da tanto dissennato imbrogliare calabri e siculi, in gran maggioranza ancora affascinati del “luogo sacro, dove le onde greche vengono a cercare le latine” come scrisse Giovanni Pascoli decantando il mare che si affaccia da secoli tra Scilla e Cariddi.
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Il dado è tratto. Nicola Gratteri ha deciso di mettersi addosso il complicato ruolo di capataz del No al referendum di primavera sulla separazione delle carriere in magistratura nonostante egli sia da sempre favorevole al sorteggio. I sondaggi sono sfavorevoli e il procuratore scende in campo annunciando parole semplici e fatti concreti da schierare in quella formula americana che chiede al protagonista di una campagna di saper spiegare le sue idee in un video social di 30 secondi, in una battuta di tre minuti in tv e in un podcast di tre ore. Gratteri quindi alleato di quel Pd che mai l’ha votato a nessun incarico giudiziario e che per paradosso lo voleva invece candidare presidente della Calabria. Dall’altro lato si cercano antagonisti credibili. La figlia di Enzo Tortora ha già declinato l’invito, si affacciano nomi pop come Cruciani della Zanzara. Si sentirà di certo Marina Berlusconi in omaggio a papà, stiano attenti a far risorgere l’ormai sopito antiberlusconismo militante. Sarà molto utile verificare il voto referendario calabrese della prossima primavera per capire quanto Gratteri conta in una regione dominata politicamente da Forza Italia e da Roberto Occhiuto.
Intanto Gratteri continua nella sua opera pedagogica di zar anticrimine. Dopo le recenti lezioni su La7 è già in libreria il diciassettesimo libro della Mondadori scritto come sempre a 4 mani con il professore e amico Antonio Nicaso. Occhio molto globale ai “Cartelli di sangue” e alle rotte del narcotraffico e le crisi che lo alimentano. Ricognizione mondiale del noto traffico e riciclaggio e che registra operazioni come quella dell’arresto del calabrese latitante a San Paolo in Brasile Nicola Assisi trovato con tanti dollari che la polizia invece di contarli ha preferito pesare segnando sui verbali 20 chilogrammi di banconote.
La mutata ‘ndrangheta calabrese è il centro di un’organizzazione mondiale che opera dappertutto corrompendo poliziotti e istituzioni. Nei giorni scorsi abbiamo letto la lettera anonima di un giudice istruttore belga in cui ha spiegato come la sua nazione sia diventato un narcostato. Costretto a vivere per quattro mesi in una casa protetta dopo alcune minacce, il giudice lamenta l’assenza totale di supporto istituzionale. E nei giornali di queste ore leggiamo anche che un cartello messicano della droga si sta armando con droni recuperati in Ucraina. Questo non è un referendum e purtroppo neanche mille Gratteri possono estirpare il bubbone. Come negli anni Trenta in America bisogna superare il proibizionismo e governare la droga di Stato come riduzione del danno. In caso contrario la ‘ndrangheta e i suoi alleati continueranno a guadagnare denaro a tonnellate.
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Chissà se il dimesso sindaco Enzo Voce staserà vedrà in tv “Ballando sotto le stelle” su Raiuno dove verrà trasmessa una clip dedicata al Porto vecchio di Crotone con ballerini che danzano musiche caraibiche e che pensieri avrà il primo cittadino. È a tutti noto che il sindaco dalle stelle delle classifiche del Sole 24 ore (undicesimo nazionale e primo assoluto calabrese) è finito ora nella stalle mediatiche per aver preso a calci e pugni nel corso di una riunione un ex consigliere di maggioranza che si oppone alla costruzione di nuove case popolari nel suo quartiere di Tufolo-Farina. Come ai più è noto il sindaco ha ben ragionato di dimettersi ed ora sta in quel limbo dei venti giorni in cui deve decidersi se andarsene definitivamente o restare. La non onorevole vicenda è valsa a Voce il titolo di Bandecchi del Sud, considerato qualche altro episodio come quando nell’ultima campagna elettorale delle Regionali ha negato l’utilizzo dell’energia elettrica per il comizio conclusivo del centrosinistra.
Voce nasce politicamente come civico misto a grillino tendente a sinistra. Poi il suo civismo si è spostato verso il regionalismo di centrodestra del presidente Occhiuto. Il sindaco non è però un buzzurro. Ingegnere con competenze tecniche, da professore si ricordano le sue lezioni di recupero fuori orario. In questi anni ha affrontato con competenza molti dossier, e anche nelle complicate vicende locali con l’Eni ha mostrato schiena dritta nel difendere il suo territorio che gli hanno valso tanto consenso. Oltre a perdere le staffe in modo inaccettabile per un rappresentante delle istituzioni osserviamo che il confronto pubblico non può essere legato ad Io ipertrofico coltivato da alti consensi da urlare in faccia ai propri oppositori. Anche il civismo più attivo ha bisogno di antico Galateo e di un bagno di umiltà.
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Segnalo una buona azione. Il cantautore cosentino Marco Cozza insieme a Giuseppe Guzzo e all’associazione Atma Nastamè di Rende hanno diffuso sul canale Coely Music di Youtube il brano “Non si può cambiare il mondo” che raccoglie donazioni per il progetto “Paramo” per ampliare una scuola di musica per bambini colombiani. Disse il grande benefattore Albert Schweitzer: “Donare è il più grande atto di umanita”. (redazione@corrierecal.it)
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