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Catanzaro da fragile a identitario. Il Cosenza e l’arte di farsi male (da solo). Crotone in tilt

Aquilani ha trovato la formula giusta. Lupi tra errori arbitrali, punti persi e giornalisti “bannati”. Quello dei pitagorici è un blackout difficile da capire

Pubblicato il: 03/11/2025 – 7:15
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Catanzaro da fragile a identitario. Il Cosenza e l’arte di farsi male (da solo). Crotone in tilt

Sorride solo il Catanzaro nell’ultimo fine settimana. Battendo il Venezia la squadra di Aquilani conquista la sua terza vittoria consecutiva. Terzo ko di fila (contro il Trapani) invece per un Crotone sempre più irriconoscibile. Il pareggio del Cosenza ad Altamura sa di occasione persa.

Catanzaro da fragile a identitario

Ci sono vittorie che contano per la classifica e altre che contano per l’autostima. Quelle che restituiscono a una squadra l’immagine di sé che aveva smarrito tra dubbi, polemiche e scuse. Il successo di ieri del Catanzaro sul Venezia appartiene a questa seconda categoria: più che tre punti, un atto di identità. La terza vittoria consecutiva, arrivata dopo un inizio di stagione anemico e incerto, racconta di un gruppo che ha finalmente ritrovato la propria fisionomia. La squadra di Aquilani, oggi, non gioca per dimostrare qualcosa: gioca per riconoscersi. E nel farlo, riesce a coniugare l’intensità dell’agonismo con la lucidità dell’idea.
Il Catanzaro non è tornato spettacolare come nei giorni migliori, ma ha scoperto una virtù che gli mancava: la concretezza. Il Venezia, costruito per vincere come il Palermo, si è trovato di fronte un avversario diverso, più equilibrato e più maturo.
Aquilani ha finalmente trovato la formula ideale. Quando Yeboah ha rimesso in equilibrio la partita, la scossa emotiva non ha disunito i giallorossi: anzi, li ha resi più compatti. E il gol di Alesi, tanto giovane quanto spietato, è stato il premio di una squadra che ha imparato a non arretrare mentalmente. Non è un caso se, dopo settimane di tensione, il nome di Aquilani non fa più rima con “esperimento”, ma con “progetto”. Polito lo aveva lasciato intendere prima del tris di successi: la fiducia non si rinnova a parole, si giustifica coi fatti. E i fatti, adesso, sono lì: nove punti in tre partite e un Catanzaro di nuovo dentro la lotta che conta.

Crema: l’aspetto più incoraggiante non è solo la vittoria, ma la varietà delle risorse. In una giornata in cui Cissè ha tirato il fiato, ci hanno pensato Iemmello (tornato a fare il leader come è abituato a fare) e Alesi, il ragazzo che gioca come se nulla lo intimidisse. Ma non è stata solo la loro giornata. Anche Favasuli e Antonini hanno confermato una crescita che non è casuale: questa squadra comincia davvero a funzionare anche nei dettagli.
Amarezza: se amarezza c’è, è tutta nella memoria. Pensare a quelle prime giornate di torpore, di pareggi senza coraggio, fa venire voglia di chiedersi “e se…?”. Perché con questa mentalità e questa solidità, oggi il Catanzaro potrebbe stare ancora più su. Ma il calcio non concede riscritture: solo ripartenze. E questa profuma di continuità.

Il Cosenza e l’arte di farsi male (da solo)

In Serie A e B ormai si litiga anche con il Var, ma in Serie C la tecnologia (detta Fvs) resta ancora un’interpretazione e la giustizia calcistica un concetto filosofico. Lo hanno ricordato con una certa brutalità ai tifosi del Cosenza i novanta minuti di Altamura: un rigore concesso e negato per fuorigioco, un gol annullato per fuorigioco dubbio, sempre con Florenzi protagonista. Buscè, da tecnico più o meno diplomatico, ha parlato di mediocrità della classe arbitrale. Ma, a fine gara, ci si sarebbe attesi altro. A sorprendente (e non sorprendere), infatti, è stato il silenzio di una società che può vantare un presidente onorario, un direttore generale e un responsabile dell’area tecnica più impegnati a giocare a nascondino che a rappresentare e fare rispettare il club di fronte ai presunti torti subiti.
E dire che il Cosenza, nonostante tutto, il vantaggio lo aveva trovato. Poi, coerente con il proprio destino, ha deciso di regalare il pareggio per eccesso di ingenuità. È il paradosso perfetto: vittima degli arbitri, ma anche di sé stesso. Perché a furia di “mancare poco” per essere perfetti, alla fine manca sempre tutto.
Buscè, che è il tecnico che ha effettato meno cambi in C (chissà perché…), lo ha detto chiaro: Salernitana, Catania e Benevento hanno organici superiori. E la verità è che il Cosenza, per ambire veramente alla vetta, avrebbe dovuto lavorare sodo quando il mercato estivo era ancora aperto.
Eppure, tra le ombre di una società che si muove come un fantasma nel buio, qualche spiraglio di luce dal campo arriva lo stesso. Nonostante le occasioni perse (l’Altamura visto all’opera sabato si poteva battere facilmente), le lacune strutturali, l’assenza forzata dell’uomo forte Ricciardi e le difficoltà ambientali, la squadra tiene botta, lotta, e per questo, errori di giornata a parte, merita sostegno.

Crema: il bellissimo gol di Florenzi, che il guardalinee ha visto in offside mentre è apparso a tutti (calciatori avversari compresi) regolare, meritava migliore fortuna. Kouan ha confermato il feeling con la rete e le capriole (anche se solo in C si trova quella libertà di movimento nella marcatura). E poi ci sono i tifosi, circa 500 sugli spalti che hanno ricordato che la fede rossoblù non è negoziabile. Loro ci sono e la protesta al “Marulla” non è disaffezione: è coerenza, principio e dignità.
Amarezza: quelli passati, tanto per cambiare, sono stati giorni difficili per il club del presidente Eugenio Guarascio. Prima il divieto surreale imposto a un giornalista di scambiare due parole informali con capitan D’Orazio all’inizio di un evento pubblico su “identità e territorio” (che suona un po’ come un pesce d’aprile arrivato in ritardo). Poi, dopo le scuse del dg Salvatore Gualtieri, ecco la cancellazione dello stesso giornalista dalla chat stampa. A chiudere il cerchio, il sindaco Franz Caruso che ha annunciato verifiche sulla concessione dello stadio al Cosenza calcio. Insomma, non proprio una settimana da incorniciare per il club, che però mantiene una sua straordinaria dote: la capacità di vivere in una realtà parallela, in cui tutti la amano e nessuno osa criticarla. Un mondo perfetto, insomma. Peccato solo che non coincida con quello reale.

Crotone in tilt

Il Crotone sembra aver smarrito la bussola. Non è più questione di risultati isolati, ma di un malessere che permea squadra, panchina e tifoseria. Tre sconfitte consecutive in campionato, intervallate da una flebile illusione in Coppa Italia, hanno acceso la contestazione dei sostenitori: fischi, mugugni e quel senso di frustrazione che in una città come Crotone diventa tangibile già all’ingresso dello stadio. La conferenza stampa post-Trapani è stata l’emblema di questa tensione: il dg Raffaele Vrenna al fianco di Longo per ribadire la fiducia nel tecnico, quasi a dire «qui si va avanti così», nonostante tutto. È la dimostrazione plastica che il calcio può vivere di paradossi: fino a un mese fa, il Crotone era percepito come una delle squadre più attrezzate per il salto di categoria. La squadra di Longo, fluida, compatta, tecnica, con un Gomez pronto a gonfiare la rete con regolarità, ispirava sicurezza. Eppure, come spesso accade nel calcio, l’entusiasmo può essere tradito in un attimo. Il blackout è arrivato senza preavviso, e oggi la ricerca di spiegazioni appare più una necessità psicologica che una soluzione immediata. Per Longo, ricostruire la serenità in spogliatoio sarà un’impresa quasi altrettanto difficile quanto ritrovare continuità di gioco e risultati.

Crema: il ritorno al gol di Gomez, l’ottavo in campionato, dopo la rete al Foggia in Coppa Italia, segna una timida luce in questo tunnel. Non è certo la panacea dei mali rossoblù, ma a Crotone, in questi tempi di sconforto totale, ogni spunto positivo diventa un’ancora.
Amarezza: la vera delusione nasce dalla distanza tra le attese estive e la realtà odierna. I tifosi avevano immaginato un Crotone protagonista, capace di lottare in vetta. Invece la squadra è già costretta a inseguire. La vetta è lontana, le difficoltà si accumulano, e il sentimento predominante è quello di impotenza: vedere svanire già a novembre le ambizioni genera uno smarrimento profondo e comprensibile nella tifoseria. Un altro momento di amarezza, sicuramente più forte, ha toccato il cuore di tutta la città prima del fischio d’inizio della gara contro il Trapani. Il capitano Gomez ha deposto un fascio di fiori per omaggiare i genitori di Giovanni Grande, il giovane crotonese tragicamente scomparso nei giorni scorsi, ricordando quanto il suo ricordo resti vivo nella comunità e nei tifosi rossoblù. (fra.vel.)

Raffaele Vrenna ed Emilio Longo

Foto Us Catanzaro, Cosenza calcio e Fc Crotone

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