«Sistema mafioso lombardo», riparte il processo dalle dichiarazioni del pentito. Da Corona ai presunti boss della ‘ndrangheta a Milano
Cerbo “Scarface” ha parlato anche di Santo Crea e Giancarlo Vestiti. L’ex fotografo dei vip ha negato e attaccato la magistratura

Riprenderà martedì 4 novembre, davanti al giudice dell’udienza preliminare Emanuele Mancini il maxi-processo “Hydra”, rinviato lo scorso 24 ottobre, che vede coinvolti 146 imputati accusati di far parte di un presunto sistema criminale radicato in Lombardia. Gli atti della Dda di Milano parlano esplicitamente di una “alleanza” tra tre famiglie mafiose (Cosa nostra, ’ndrangheta e camorra) che avrebbero dato vita, secondo l’accusa, a un vero e proprio «sistema mafioso lombardo».
Santo Crea e Vestiti
Nelle carte depositate con la richiesta di rinvio a giudizio si fa riferimento anche a figure legate alla ’ndrangheta, che avrebbero curato la parte logistica e finanziaria del sodalizio, soprattutto nei settori del traffico di droga e delle infiltrazioni economiche e immobiliari. In particolare, secondo la Procura, due presunti esponenti della cosca, Giancarlo Vestiti e Santo Crea, avrebbero cercato di consolidare la rete criminale tra Milano e Varese, entrando in contatto con ambienti imprenditoriali e con soggetti vicini al clan Mazzei. L’indagine, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano e dal Nucleo investigativo dei carabinieri, ricostruisce dunque – secondo l’accusa – l’alleanza tra Cosa nostra, ’ndrangheta e camorra, capace di gestire affari milionari tra Milano e Varese, con diramazioni verso la Sicilia e il mandamento di Castelvetrano, storicamente legato a Matteo Messina Denaro.
Il nuovo pentito
Al centro dell’attenzione ci sono i verbali del nuovo collaboratore di giustizia William Alfonso Cerbo, 43 anni, catanese, ex esponente del clan Mazzei, che gli inquirenti indicano come «collettore economico a Milano» per conto del gruppo. Cerbo, soprannominato Scarface per la sua passione per il personaggio di Tony Montana, ha reso sei interrogatori e un lungo memoriale in cui descrive presunti affari, truffe, estorsioni e bancarotte pilotate. Secondo la sua ricostruzione, tra il 2010 e il 2022 si sarebbe consolidata una “super mafia lombarda” con un’articolazione economico-imprenditoriale, ramificata nel commercio all’ingrosso, nelle costruzioni e negli investimenti immobiliari.
Le dichiarazioni del pentito
Nei verbali depositati dai pm Marcello Viola, Alessandra Cerreti e Rosario Ferracane, Cerbo sostiene di aver agito come intermediario fra diversi gruppi criminali, in particolare con Gaetano Cantarella, considerato l’uomo di fiducia del clan Mazzei nel Nord Italia. Il collaboratore ha affermato che Cantarella avrebbe avuto rapporti anche con Fabrizio Corona, l’ex fotografo dei vip, che gli si sarebbe rivolto – sempre secondo il racconto di Cerbo – per un recupero crediti da 70mila euro relativo a una presunta truffa subita da un amico, da gestire a Palermo. Cerbo ha aggiunto inoltre di aver visto, nel 2011, Corona e Cecilia Rodriguez partecipare a una serata nella sua discoteca “Bho” di Catania. Le dichiarazioni su Corona si inseriscono nel più ampio quadro dell’inchiesta e sono ora al vaglio della Procura antimafia di Milano, che dovrà verificarne l’attendibilità e l’eventuale riscontro. Corona non risulta indagato nel procedimento e le affermazioni del collaboratore restano al momento semplici dichiarazioni.
La replica di Corona
L’ex “re dei paparazzi” nei giorni scorsi ha reagito subito via social. «Non conosco nessuno di loro – ha scritto su Instagram – è solo un modo per evitare la condanna. Si è buttato pentito anche se non sa nulla». In un secondo messaggio ha aggiunto: «Rido perché è l’ennesima prova di quanto la legge e la stampa italiane siano arrivate a un livello pietoso». Corona ha poi concluso con una domanda polemica: «Questo tempismo è dovuto al fatto che attacco la magistratura o perché ho detto al figlio di Riina che suo padre fa schifo?».
Le altre rivelazioni: Lele Mora e la rete economica
Nei suoi verbali Cerbo cita anche Lele Mora, spiegando di aver discusso con lui nel 2019 di presunti affari legati all’Ortomercato di Milano. «Andammo a cena a casa sua – avrebbe detto – per parlare di forniture di frutta. Mi disse di avere rapporti con il presidente della Sogemi e che avrei potuto essere utile grazie ai miei prezzi». Anche in questo caso la Procura antimafia sta verificando i riscontri. Cerbo descrive poi una rete di imprenditori, politici locali e uomini dei clan che avrebbero cercato di consolidare la presenza mafiosa al Nord, con tentativi (in alcuni casi falliti) di sostenere candidati alle elezioni attraverso segreterie e comitati “di facciata”. Un sistema, sostiene il pentito, capace di muovere milioni di euro fra traffici di droga, usura, estorsioni e investimenti leciti utilizzati per ripulire capitali.
Il peso processuale dei nuovi atti
Il 4 novembre il gup Mancini dovrà valutare l’ammissione dei nuovi atti depositati dalla Dda, mentre le difese potranno sollevare eccezioni sulla credibilità di Cerbo e sull’assenza di riscontri materiali alle sue parole. Il rinvio della scorsa udienza aveva permesso agli avvocati di esaminare i nuovi verbali, che rappresentano un capitolo cruciale nella ricostruzione di un presunto sistema mafioso integrato in Lombardia. (f.v.)
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