«Io, per più otto ore bloccato su quel treno in aperta campagna»
Anton Giulio Grande ieri era sul convoglio che ha travolto la ragazza a Praia a Mare. «Grande dolore per quella tragedia. Siamo stati abbandonati, l’Italia non può fermarsi perché qui c’è un solo bin…

LAMEZIA TERME «Ho ripreso il treno dopo un mese, era il primo giorno di impegni lavorativi dopo il lutto che mi ha colpito (la morte del padre, ndr). Ero diretto a Roma per una mostra temporanea tra arte e moda a Palazzo Colonna, dove sono esposti anche i miei vestiti. Prendo spesso le Frecce, viaggio solo in treno in Italia, da 35 anni, da quando a 17 anni lasciai la Calabria». A parlare da pendolare e da stilista più che da presidente della Calabria Film Commission è Anton Giulio Grande, che racconta la sua odissea in treno ma prima ci tiene a precisare che «non è nulla in confronto alla tragedia della ragazza travolta e del lutto che ha colpito la sua famiglia. È stata una tragedia immane e siamo tutti dispiaciuti».
Otto ore di stop
Spesso le Frecce partono in ritardo da Termini, mentre anche ieri la partenza dalla Calabria è stata in perfetto orario, ma appena superata Scalea, poco dopo le 8, il convoglio si ferma improvvisamente «senza che nessuno ci comunicasse nulla, poi nell’altoparlante – racconta Grande – viene annunciato un ritardo che è immediatamente di un’ora, ma nel giro di pochissimi istanti passa prima a 120 minuti e poi a 240. Quattro ore di ritardo dopo neanche un’ora dalla partenza!».
Nel frattempo la condizione di stop dei vagoni è generalizzata e riguarda tanto le spiegazioni fornite quanto gli aiuti dall’esterno: «Una voce continuava a ripetere soltanto che l’autorità giudiziaria era in azione per chiarire le dinamiche dell’incidente, “è stata investita una ragazza” la motivazione, mentre sul treno non c’era nulla da mangiare e bere – sottolinea Grande – visto che il bar era stato svuotato in pochissimo tempo, eravamo lontanissimi dalla prossima stazione e, benché avessero annunciato che la Protezione Civile avrebbe portato beni di prima necessità, abbiamo visto solo una bottiglietta d’acqua e un biscotto…».
I viaggiatori protestano, «siamo stati in ostaggio con finestrini e porte chiuse, d’altra parte pur volendo non saremmo riusciti a scendere perché il treno si è fermato in aperta campagna, attorno c’erano dirupi e sterpaglie. Avremmo preso un mezzo sostitutivo o magari chiesto un passaggio in macchina per rientrare ma, ripeto, eravamo fermi in un luogo completamente sperduto».
«Non sono passati controllori, capitreno, poliziotti. Ricevevamo solo messaggi sul cellulare. Il ritardo arriva intanto a 360 minuti: sei ore. Siamo rimasti bloccati, seduti educatamente per rispetto di quella ragazza…». In serata il ritardo arriverà a superare le 8 ore.
Il treno sarebbe dovuto arrivare a Roma alle 11.30, a Firenze alle 13 e a Venezia alle 15: ma sono le 15 e ancora nulla si è mosso, d’altra parte si sa che in casi come questi i rilievi degli inquirenti sono attività delicatissime e complesse. Le centinaia di persone presenti rimangono bloccate al pari di tutti i viaggiatori che sono partiti con le Frecce seguenti (quella di Anton Giulio Grande è la prima); alcune corse vengono intanto soppresse.
Il rientro
«Verso le 16 il treno lentamente riparte ma molti – tra i quali io – hanno deciso di scendere a Sapri dal momento che era difficile poter arrivare in tempo agli appuntamenti di lavoro o sanitari programmati. Un treno diretto a Siracusa ci ha riportati a casa, naturalmente senza spese aggiuntive». Ma il paradosso dietro l’angolo «è che per il mio biglietto di prima classe ho avuto un rimborso di 24,90 euro mentre il biglietto di ritorno è andato perso. Per non parlare del danno, professionale e lavorativo prima che umano, che ho subìto: non ho potuto partecipare a un evento internazionale di cui ero tra i protagonisti, presente nel catalogo e nella comunicazione. Ho perso una vetrina importantissima per la mia attività».
«Possibile che in Calabria c’è un solo binario – si chiede retoricamente Anton Giulio Grande – e basta un incidente per bloccare l’Italia? Parliamo di treni moderni ma questo caso dimostra che le Ferrovie dello Stato non sono pronte ad assicurare un servizio dignitoso in tutto il Paese. E l’Italia non è pronta a gestire un’emergenza del genere, sono sicuro che all’estero una cosa del genere non sarebbe mai successa. Gente tenuta in ostaggio per otto ore e mezza. Senza cibo e senza spiegazioni». (redazione@corrierecal.it)