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la testimonianza inedita

Botulino nel Cosentino, «Pensavo di perdere mio figlio, la terapia intensiva aperta lo ha salvato»

Guglielmo oggi sta bene. La mamma ricorda i giorni difficili. «Non parlava, non apriva gli occhi. Le notti erano infernali»

Pubblicato il: 26/11/2025 – 18:53
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Botulino nel Cosentino, «Pensavo di perdere mio figlio, la terapia intensiva aperta lo ha salvato»

COSENZA Sul lato giudiziario le indagini non sono ancora concluse ma, passato il peggio, per i pazienti dimessi dopo l’intossicazione da botulino la vita è lentamente ripresa. A Cosenza, la sede dell’Ordine dei medici – nel corso dell’evento “Botulino: il veleno che ferma il respiro” – ha ospitato i genitori di un giovane paziente. La mamma Eugenia ha reso testimonianza inedita e particolarmente toccante ricordando i giorni trascorsi dal figlio nel reparto di Rianimazione del nosocomio bruzio. Come tanti altri è rimasto “vittima” della contaminazione da botulino dopo aver acquistato e consumato un panino con dei friarielli in un food truck di Diamante, nel Cosentino. Il bilancio, alla fine, è stato di due vittime e oltre 20 ricoveri.

La missiva

«Un medico urla, è arrivato il siero. Adesso aspettiamo la sua azione terapeutica», racconta la mamma di Guglielmo. Che riporta indietro la memoria ai giorni più difficili, dove ha temuto il peggio. «Possiamo tenere la mano a nostro figlio durante tutto il giorno, fino a sera. Non riesce a parlare, è al buio. Ci spiegano che la sua muscolatura fine, quella che consenti di sollevare le palpebre è compromessa non può aprire gli occhi. Noi genitori impotenti di fronte a questa malattia possiamo solo rassicurarlo con la nostra presenza». «Le giornate in terapia intensiva – prosegue il flashback – sono sospese tra il rumore dei monitor e il ritmo del battito cardiaco. Ogni cosa ti fa tremare. Qui si impara a cogliere i piccoli segnali di un miglioramento, i medici ti parlano guardandoti negli occhi per mostrarti che non sei solo in questo percorso. Poter dire nostro figlio Guglielmo “papà e mamma sono qui” è stata una fortuna».

Le notti «infernali» e i benefici della terapia intensiva aperta

E’ trascorso qualche mese da quei terribili giorni segnati dal dolore e dalla paura, Guglielmo è rientrato a scuola anche se non ha recuperato la migliore forma. «Ringrazio medici, infermieri e oss che con tanta amorevole pazienza hanno accudito e continuano ogni giorno ad accudire questi pazienti fragili e sospesi». La mamma del giovanissimo paziente ricorda un particolare aneddoto. «Caro professore Andrea Bruni (il primario del Reparto di Rianimazione dell’Ospedale di Cosenza, ndr) non dimenticherò mai quando mio figlio ha scritto sulla lavagnetta magica – unico modo per comunicare – che le notti erano infernali e che non ne avrebbe superato un’altra da solo. Era lì, al suo capezzale e senza esitare ha permesso che rimanessi con lui. Da quel giorno le giornate di Guglielmo sono cambiate, ancora nessuna certezza di guarigione, ma la sua decisione aveva tranquillizzato il piccolo paziente. Oggi possiamo guardare al futuro con speranza e con l’auspicio che le terapie intensive aperte possano essere un giorno condivise e attuate a livello nazionale». (f.b.)

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