La connettività cerebrale come paradigma per valutare l’efficacia dei farmaci sull’Alzheimer
Lo studio dell’Università di Padova, applicato anche per ictus e tumori. per migliorare la valutazione dei farmaci e aprire a nuove terapie

Un nuovo studio, coordinato dall’Università di Padova e condotto con il Centro ospedalieri universitario di Losanna, Svizzera, eChiesi Farmaceutici, propone di cambiare prospettiva riguardo la ricerca sull’Alzheimer: considerare la connettività cerebrale, ossia il modo in cui le aree del cervello comunicano, come nuovo obiettivo terapeutico e misura chiave per i farmaci. La ricerca segue gli ultimi mesi in cui sono stati approvati nuovi farmaci immunoterapici in grado di ridurre le placche di amiloide, ma con benefici clinici ridotti. «La connettività del cervello è un indicatore sensibile e precoce dei cambiamenti legati all’Alzheimer», spiega il dott. Lorenzo Pini, del dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Padova e primo autore dello studio: «È un approccio che guarda al cervello come a una rete dinamica di connessioni. Un modello che stiamo applicando anche a ictus e tumori, a dimostrazione di quanto questo paradigma sia trasversale nel campo della neurologia». «La nostra review evidenzia come rafforzare la connettività cerebrale possa aiutare a migliorare la valutazione dei farmaci, ma anche aprire la strada a nuove terapie capaci di agire sull’ecosistema cerebrale nel suo insieme», dice il prof. Maurizio Corbetta, Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Padova e corresponding author dello studio.
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