Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 23:51
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 4 minuti
Cambia colore:
 

rotte reali

‘Ndrangheta e narcotraffico internazionale: perché il Venezuela non è il vero epicentro

Come più volte evidenziato dal procuratore Nicola Gratteri, l’intervento militare Usa rischia di sovrastimare l’importanza del Paese sudamericano, ignorando le rotte principali

Pubblicato il: 03/12/2025 – 19:08
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
‘Ndrangheta e narcotraffico internazionale: perché il Venezuela non è il vero epicentro

Gli Stati Uniti hanno alzato la tensione in Sud America. Nei giorni scorsi, il presidente Donald Trump ha annunciato che il governo americano interverrà «molto presto» contro presunti narcotrafficanti provenienti dal Venezuela, anche tramite operazioni terrestri, a seguito delle recenti azioni nel Mar dei Caraibi. La portaerei USS Gerald R. Ford è già stata dispiegata nell’area per individuare e neutralizzare le attività illecite. Domenica il presidente americano ha dichiarato «chiuso» lo spazio aereo sopra il Paese sudamericano. «A tutte le compagnie aeree, piloti, spacciatori di droga e trafficanti di esseri umani, vi prego di considerare lo spazio aereo sopra e intorno al Venezuela interamente chiuso», ha avvertito il tycoon su Truth. «Li abbiamo avvertiti di smettere di inviare veleno nel nostro Paese», ha poi aggiunto.
Trump ha parlato alle forze armate nel giorno del Ringraziamento, affermando che «ormai pochi» tentano ancora le vie marittime e che le operazioni terrestri «inizieranno presto». Il presidente statunitense ha inoltre definito Nicolás Maduro un leader «illegittimo» e lo ha collegato al traffico di droga, accuse respinte dal governo venezuelano.

«Traffico di droga dal Venezuela marginale»

Ma nonostante l’apparente urgenza americana, gli esperti del narcotraffico internazionale invitano alla prudenza. Tra questi, Nicola Gratteri, ex procuratore di Catanzaro e studioso di ‘ndrangheta e traffici di droga, da tempo mette in dubbio la rilevanza strategica di un intervento militare in Venezuela. Come ha spiegato di recente «il traffico di droga proveniente dal Venezuela è del tutto marginale, gli stati che hanno il predominio su questi traffici illegali sono la Colombia, il Perù e la Bolivia».
Gratteri ha sottolineato inoltre che il Venezuela funge più da rifugio per broker e intermediari, inclusi esponenti della ‘ndrangheta, piuttosto che da hub primario di produzione o esportazione di cocaina destinata al mercato statunitense. «Il Venezuela parlando di narcotraffico è l’ultimo dei Paesi sudamericani del quale interessarci. Se la cocaina si produce in Colombia, Bolivia e Perù, che c’entra il Venezuela? Non mi sembra un Paese democratico quello che bombarda, uccide o fucila i presunti trafficanti. È come se noi in Italia dicessimo “io so che tizio è mafioso e quindi lo uccido in via preventiva senza neanche un processo”», ha aggiunto Gratteri.


Secondo stime della Dea (Drug Enforcement Administration, l’agenzia federale antidroga statunitense che combatte il traffico di stupefacenti e applica le leggi antidroga negli Stati Uniti) del 2020, circa il 74% della cocaina diretta negli Stati Uniti passa dal Pacifico, con il Venezuela interessato principalmente ai flussi verso l’Europa o il Brasile. Questo rende le operazioni statunitensi sul Mar dei Caraibi, per quanto spettacolari dal punto di vista militare, meno efficaci dal punto di vista della lotta al narcotraffico globale. Il Venezuela, pur non essendo un narco-Stato nel senso tradizionale come il Messico, mostra caratteristiche di un narco-Stato funzionale, dove il governo non controlla direttamente la produzione di droga ma istituzioni e apparati dello Stato sono profondamente infiltrati e corrotte. Questo quadro lo rende una piattaforma di supporto per organizzazioni criminali internazionali, inclusa la ‘ndrangheta, che da anni utilizza canali sudamericani per il riciclaggio e la distribuzione di droga verso Europa e Nord America.
Ecco perché
Gratteri evidenzia con forza come la strategia americana rischi di distogliere l’attenzione dai veri epicentri della produzione di cocaina: i cartelli colombiani, boliviani e peruviani, che operano nelle aree rurali e nelle foreste amazzoniche, incentivando coltivazioni illecite e controllando direttamente la filiera della droga.

Il narcotraffico internazionale e i legami con la Calabria

Per la Calabria, dove la ‘ndrangheta ha forti legami con il narcotraffico internazionale, gli sviluppi sudamericani restano di interesse strategico. L’azione statunitense potrebbe avere ricadute indirette sulle rotte della cocaina verso l’Europa, ma secondo gli esperti il vero contrasto alla mafia calabrese passa attraverso il monitoraggio dei flussi, il controllo dei broker e il rafforzamento delle reti investigative transnazionali.
Dunque, se da un lato le dichiarazioni di Trump evidenziano la volontà americana di agire contro i trafficanti, dall’altro la visione di Gratteri (e non solo la sua) mette in luce quanto la realtà del narcotraffico sia complessa, multilivello e radicata nei Paesi produttori reali, in cui la ‘ndrangheta e altre organizzazioni criminali internazionali continuano a operare con sofisticazione, sfruttando territori come il Venezuela più come piattaforma di appoggio che come epicentro produttivo. (f.v.)

Il Corriere della Calabria è anche su Whatsapp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato

Argomenti
Categorie collegate

x

x