Nulla di nuovo sotto il sole: in Africa si muore di fame, sanità, colpi di stato, guerre e sfruttamento
La guerra la si ritiene ancora l’unica via d’uscita

Dopo oltre tre ore di attesa, nel corridoio del reparto neuro pediatrico del grande Ospedale di Cotonou, finalmente ci chiamano. La Maman che ha accompagnato la piccola bambina abbandonata, alla quale le suore hanno dato il nome di Libertine, si è da poco addormentata su una panca impolverata. Pur mal volentieri siamo costretti a svegliarla, per iniziare la consultazione specialistica, le altre le avevamo fatte venerdì scorso. In queste tre interminabili ore dove scorre dinanzi a me tanta umanità sofferente, cerco di tenermi aggiornato leggendo le notizie dall’Italia e dal Mondo. “Nulla di nuovo sotto il sole” direbbe il Qoelet, dopo migliaia di anni di guerre una determinata azione politica e di governo, ancora non ha imparato la lezione: la corsa agli armamenti, la guerra, la si ritiene ancora l’unica via d’uscita. Donal Trump, oltre che fantomatico portatore di pace in Palestina, si crede anche profeta, ipotizzando un prossimo futuro catastrofico per l’Europa. Paradossalmente, grazie alla scellerata politica americana, il nostro vecchio Continente ha una grande occasione di sganciarsi finalmente dall’ombrello americano ed essere più autonoma, cercare nuove alleanze, tentando altre strade diplomatiche per risolvere la guerra in Ucraina, con una strategia completamente diversa da quella fallimentare perseguita finora. Così, finalmente, Trump e tutto il suo entourage, si renderanno conto che senza l’Europa sarebbero isolati nel mondo. Gli resterebbe solo Israele con le sue lobby economiche e qualche Stato arabo, che dal punto di vista strategico conta meno di zero. Poi leggo ancora delle indagini aperte alla Procura di Milano nei confronti di molti famosi Brand per caporalato: lavoratori sfruttati perché possano mantenersi invariati gli esosi prezzi delle varie merci e i super stipendi dei manager. Ripenso poi alla giornata di domenica vissuta qui in Benin e al tentato colpo di Stato. Dopo la celebrazione della messa siamo partiti verso Ovest per una mezza giornata di riposo e per incontrare un’Associazione con la quale abbiamo pensato di progettare una biblioteca per un villaggio sperduto dove diverse centinaia di bambini e ragazzi attendono con ansia di poter leggere, imparare… sognare. Le strade che portavano verso il centro di Cotonou, capitale economica, erano tutte bloccate. Dopo una serie di andirivieni e giri vari, involontariamente ci troviamo proprio nel quartiere in cui abita il Presidente Talon. Questa volta i militari armati ci fanno segno a molta distanza di tornare indietro con fare molto nervoso e autoritario. Ancora inconsapevoli di quello che stava accadendo, facciamo nuovamente retromarcia per tentare di trovare una via alternativa. Non è semplice, Cotonou è davvero una grande Città. Non si sa come, ma finalmente riusciamo a passare accanto all’aeroporto, il cui grande parcheggio è vuoto, ma non ci desta ancora nessun sospetto, giacché non ci sono voli di mattina. Subito dopo la sorpresa che proprio non ci aspettavamo: mezzi blindati, tanti militari e poliziotti in tenuta d’assalto e armati fino ai denti che bloccano tutte le vie. Solo ora abbiamo avuto il sospetto di trovarci nel bel mezzo di un colpo di Stato e di aver attraversato la zona calda. Per fugare ogni dubbio chiediamo notizie ad un addetto al servizio distribuzione di carburanti proprio sulla nostra destra, visibilmente sconvolto, ci conferma che è in atto un colpo di Stato. Torniamo indietro per cercare di trovare una “via d’uscita” per quella situazione davvero inattesa e incresciosa. Intanto i collegamenti internet erano stati bloccati ma per nostra fortuna le linee telefoniche funzionavano. Decidiamo di chiamare il Console, il quale ci riferisce che di quello che stava accadendo era stato informato pochi minuti prima della nostra chiamata: “spero che oggi rimanete tranquilli a casa”, ci dice con tono calmo. Quando gli ho spiegato dove eravamo, dal telefono ho percepito subito la sua preoccupazione: “venite subito a casa mia resterete miei ospiti fino a quando la situazione sarà più calma”. Abbiamo deciso, comunque di provare ad andare verso Ovest per una strada alternativa di periferia, rassicurando il Console che se non ci fossimo riusciti ci saremmo rifugiati da lui che, comunque, da diplomatico di enorme esperienza, ci ha seguito “chilometro per chilometro” fino a Ouidah. Ora leggo le prime notizie che sono state divulgate sui Giornali locali: la moglie di un generale rimasta uccisa, la figlia gravemente ferita; due generali e alti ufficiali rapiti; assalto alla casa del Presidente, diversi morti e feriti tra l’esercito e i civili. Sono intervenute anche le forze d’assalto della Nigeria e della Costa d’Avorio a sostegno dell’attuale governo. Non si dice il numero dei caduti e credo non lo sapremo mai. Intanto la porta dell’ambulatorio di neurologia si apre, escono il dottore che l’ha visitata, la piccola Libertine accompagnata dalla sua maman e da una nostra operatrice nonché vicepresidente, Conni Aieta. Oltre, a confermarci un pesante stato di malnutrizione, ci prescrive altri farmaci, fisioterapia e una TAC cranica, per la quale la piccola dovrà attendere inizio gennaio. Infondo, almeno in questo la lista d’attesa è di gran lunga inferiore all’Italia, pensiamo a voce alta. Solo che poi ci rendiamo conto di essere in un Ospedale pubblico africano, dove la sanità è riservata solo a coloro che se lo possono permettere, viste le notevoli spese che abbiamo dovuto affrontare per le varie visite. In Africa esiste anche una sanità privata ma quella, (tranne quella gestita dai religiosi e dalle diocesi, compresa la nostra di San Marco Argentano- Scalea che ha realizzato un ospedale sin dal 1995) è riservata ai ricchi. L’attuale Presidente beninese Talon, che sta per finire il suo terzo e ultimo mandato, ha ben pensato in questi ultimi quindici anni alle grandi infrastrutture e ad accumulare soldi per sé. Intanto sono migliaia quelli che muoiono di fame, di mala sanità di sfruttamento del lavoro… davvero “Nulla di nuovo sotto il sole”.

Le strade che portavano verso il centro della Cotonou, capitale economica, erano tutte bloccate. Dopo una serie di andirivieni e giri vari, involontariamente ci troviamo proprio nel quartiere in cui abita il Presidente Talon. Questa volta i militari armati ci fanno segno a molta distanza di tornare indietro con fare molto nervoso e autoritario. Ancora inconsapevoli di quello che stava accadendo, facciamo nuovamente retromarcia per tentare di trovare una via alternativa. Non è semplice, Cotonou, è davvero una grande Città. Non si sa come, ma finalmente riusciamo a passare accanto all’aeroporto, il cui grande parcheggio e vuoto, ma non ci desta ancora nessun sospetto, giacché non ci sono voli di mattina. Subito dopo la sorpresa che proprio non ci aspettavamo: mezzi blindati, tanti militari e poliziotti in tenuta d’assalto e armati fino ai denti che bloccano tutte le vie. Solo ora abbiamo avuto il sospetto di trovarci nel bel mezzo di un colpo di Stato e di aver attraversato la zona calda. Per fugare ogni dubbio chiediamo notizie ad un addetto al servizio distribuzione di carburanti proprio sulla nostra destra, visibilmente sconvolto, ci conferma che è in atto un colpo di Stato. Torniamo indietro per cercare di trovare una “via d’uscita” per quella situazione davvero inattesa e incresciosa. Intanto i collegamenti internet erano stati bloccati ma per nostra fortuna le linee telefoniche funzionano. Decidiamo di chiamare il Console, il quale ci riferisce che di quello che stava accadendo era stato informato pochi minuti prima della nostra chiamata: “spero che oggi rimanete tranquilli a casa”, ci disse con tono calmo. Quando gli ho spiegato dove eravamo, dal telefono ho percepito subito la sua preoccupazione: “venite subito a casa mia resterete miei ospiti fino a quando la situazione sarà più calma”, ci disse. Abbiamo deciso, comunque di provare ad andare verso Ovest per una strada alternativa di periferia, rassicurando il Console che se non ci fossimo riusciti ci saremmo rifugiati da lui che, comunque, da diplomatico di enorme esperienza, ci ha seguito “chilometro per chilometro” fino a Ouidah. Ora leggo le prime notizie che sono state divulgate sui Giornali locali: la moglie di un generale rimasta uccisa, la figlia gravemente ferita; due generali e alti ufficiali rapiti; assalto alla casa del Presidente, diversi morti e feri tra l’esercito e i civili. Sono intervenute anche le forze d’assalto della Nigeria e della Costa d’Avorio a sostegno dell’attuale governo. Non si dice il numero dei caduti e credo non lo sapremo mai. Intanto la porta dell’ambulatorio di neurologia si apre, escono il dottore che l’ha visitata, la piccola Libertine accompagnata dalla sua maman e da una nostra operatrice nonché vicepresidente, Conni Aieta. Oltre, a confermarci un pesante stato di malnutrizione, ci prescrive altri farmaci, fisioterapia e una TAC cranica, per la quale la piccola dovrà attendere fine gennaio. Infondo, almeno in questo la lista d’attesa è di gran lunga inferiore all’Italia, pensiamo a voce alta. Solo che poi ci rendiamo conto di essere in un Ospedale pubblico africano, dove la sanità è riservata solo a coloro che se lo possono permettere, viste le notevoli spese che abbiamo dovuto affrontare per le varie visite. In Africa esiste anche una sanità privata ma quella, (tranne quella gestita dai religiosi e dalle diocesi, compresa la nostra di San Marco Argentano- Scalea che ha realizzato un ospedale sin dal 1995) è riservata ai ricchi. L’attuale Presidente beninese Talon, che sta per finire il suo terzo e ultimo mandato, ha ben pensato in questi ultimi quindici anni alle grandi infrastrutture e a accumulare soldi per sé. Intanto sono migliaia quelli che muoiono di fame, di mala sanità di sfruttamento del lavoro… davvero “Nulla di nuovo sotto il sole”.