Dentro “Boreas”: il processo tedesco che rivela la rete della ‘ndrangheta in Baden-Württemberg
Il procedimento ricostruisce intimidazioni, danneggiamenti e un tentato omicidio. Un pezzo di mala-Calabria che ha attecchito a Stoccarda dagli anni ’70. L’arresto europeo di Bruzzese e il ruolo dell…

La figura di Gaetano Roberto Bruzzese è una delle chiavi di lettura centrali dell’inchiesta “Boreas”. Nei suoi confronti proprio stamattina la Polizia di Stato di Catanzaro ha dato esecuzione a un mandato di arresto europeo, a valle di un provvedimento cautelare già eseguito in territorio tedesco lo scorso aprile. Bruzzese è detenuto in Germania e deve rispondere dei reati di associazione di tipo mafioso, traffico illecito di sostanze stupefacenti e di armi, munizioni ed esplosivi.
Secondo l’impianto accusatorio, Bruzzese appartiene alla cosca Greco di Cariati (nel Cosentino), articolazione ’ndranghetistica che intrattiene rapporti di «subordinazione» con la ’ndrina Farao-Marincola di Cirò (nel Crotonese), come già riconosciuto giudiziariamente dalla sentenza “Galassia” della Corte d’Assise di Catanzaro del 28 giugno 1999.
Nell’ordinanza della Procura di Catanzaro, Gaetano Roberto Bruzzese, insieme a Celeste Olindo, Cosentino Alfonso detto “Fofò”, Giulio Graziano e Fiorenzo Santoro detto “Renzo”, viene indicato come uno «degli organizzatori dell’associazione di matrice ’ndranghetistica sedente in Cariati, sotto la dirigenza di Giorgio Greco, [che] organizzavano e sovrintendevano le attività delittuose del sodalizio di appartenenza, pianificavano le vicende estorsive sia in relazione all’individuazione delle vittime sia alle modalità esecutive; curavano le attività connesse al traffico delle sostanze stupefacenti; provvedevano al reperimento ed all’occultamento di armi e munizioni; al reimpiego di capitali illeciti; al controllo diretto e/o indiretto delle attività economiche; detenevano il controllo criminale ed economico del territorio; coadiuvavano Giorgio Greco nella perpetrazione di reati estorsivi e danneggiamento in territorio tedesco volti all’imposizione di prodotti alimentari provenienti dalla Calabria».
Sempre secondo l’accusa, Bruzzese, Fiorenzo Santoro e Cataldo Scilanga devono rispondere anche di estorsione aggravata, perché «compivano atti di violenza e minaccia esplicita ed implicita, in quanto notoria la loro appartenenza alla consorteria di ’ndrangheta cariatese […], costringendo imprenditori della ristorazione ad acquistare mandarini e prodotti alimentari dagli stessi indagati, procurandosi un ingiusto profitto con correlativo danno per le vittime», con l’aggravante del metodo mafioso e dell’avvalersi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo.
A Bruzzese viene inoltre contestato il reato di concorrenza sleale aggravata, per aver compito «atti di concorrenza sleale, con minaccia implicita ed esplicita, al fine di ottenere, in regime di monopolio, il controllo e la vendita di prodotti alimentari all’interno del comprensorio di Fellbach (DE)», rafforzando così la capacità economica e operativa della cosca di appartenenza.
Il processo Boreas
È su questo sfondo che, nei giorni scorsi, in una delle aule più blindate del tribunale di Stoccarda, si è aperto il procedimento penale che rappresenta uno dei capitoli più delicati dell’operazione “Boreas”, l’inchiesta congiunta tra la Dda di Catanzaro e la Procura tedesca che, tra Calabria e Baden-Württemberg, ha svelato la presenza radicata della ’ndrangheta nel cuore industriale della Germania.
Il processo riunisce diversi presunti affiliati alla cosca collegata al locale di Cirò – in particolare la proiezione tedesca della ’ndrina di Cariati – e un agente di polizia tedesco, arrestato durante il maxi-blitz del 2025, accusato di aver messo le proprie competenze e i terminali informatici del corpo a disposizione del clan.
Tra gli episodi al centro del dibattimento c’è l’aggressione avvenuta a Kornwestheim, cittadina dell’area di Stoccarda. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, un presunto affiliato avrebbe attirato un uomo in un parcheggio per punirlo di un debito di droga di circa 12.000 euro. Lì lo avrebbe colpito ripetutamente con un oggetto metallico, provocando ferite gravissime. La vittima è sopravvissuta, ma per l’aggressore l’accusa è quella di tentato omicidio.
Un poliziotto al servizio del clan
L’elemento che più ha scosso l’opinione pubblica tedesca è però il coinvolgimento di un agente del Rems-Murr-Kreis. L’uomo, ora in custodia cautelare, è accusato di aver fornito al gruppo informazioni riservate sui controlli e sulle attività investigative, mettendo a rischio colleghi e superiori. Gli si contesta anche di aver accettato la possibilità che un suo superiore potesse essere aggredito e forse ucciso.
Un caso che, come ha dichiarato il responsabile dell’unità Crimine Organizzato del LKA, Hartmut Keil, solleva «profonda preoccupazione» perché dimostra la capacità dei clan di infiltrarsi nelle istituzioni.
La lunga ombra della ’ndrangheta a Stoccarda
L’indagine “Boreas”, scattata nell’aprile 2025, ha portato all’arresto complessivo di 34 persone tra Calabria e Germania. Secondo le autorità tedesche, nell’area di Stoccarda agirebbero circa 170 soggetti legati alle cosche calabresi.
L’inchiesta ha ricostruito un sistema di estorsioni e pressioni economiche sui ristoratori italiani, costretti ad acquistare generi alimentari imposti dal clan o a subire danneggiamenti. Le intercettazioni raccolte dalla Dda di Catanzaro, risalenti soprattutto al 2021-2022, hanno documentato danneggiamenti “in diretta”: gomme squarciate, minacce velate e continui richiami all’appartenenza alle famiglie di Cirò e Cariati, utilizzata come strumento di intimidazione.
Un sistema che colpiva principalmente compaesani emigrati, perfettamente consapevoli del peso dei cognomi e delle appartenenze.
Una presenza radicata dagli anni ’70
Va evidenziato come la collaborazione tra Catanzaro e Stoccarda non nasca oggi. I primi segnali dell’infiltrazione calabrese nell’area risalgono alla fine degli anni Settanta, quando esponenti del locale di Cirò si insediarono nella città tedesca. Da allora, il radicamento delle cosche è diventato sempre più profondo, rendendo necessarie indagini comuni coordinate da Eurojust e una cooperazione investigativa ormai strutturale.
In Italia, l’operazione ha già prodotto i primi esiti: a novembre 2025 il Gup di Catanzaro ha assolto due imputati (Raffaele Meles e Natalino Chiarello) e disposto riti abbreviati e rinvii a giudizio per quasi tutti gli altri coinvolti. (f.v.)
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