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‘Ndrangheta e tombaroli, gli interessi della criminalità organizzata nel traffico di reperti archeologici

L’ultima inchiesta della Dda nel Crotonese riaccende i riflettori sul business illecito. Nel mirino il grande patrimonio archeologico della Magna Grecia

Pubblicato il: 18/12/2025 – 7:02
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‘Ndrangheta e tombaroli, gli interessi della criminalità organizzata nel traffico di reperti archeologici

Le ultime operazioni sono solo la punta dell’iceberg, ma scavando nel passato si scopre un legame storico tra la ‘ndrangheta e il traffico clandestino di reperti archeologici. Tombaroli “professionisti” che invadono aree protette depredando tutto ciò che trovano, per poi usufruire delle vie illecite della criminalità organizzata per lucrare sui beni con il mercato nero. L’ultimo quadro inquietante lo restituisce l’inchiesta condotta dalla Dda di Crotone che ha portato a 11 misure cautelari con l’accusa di aver creato una associazione per delinquere dedita agli scavi archeologici clandestini e al traffico illecito di reperti. Dietro ci sarebbe stato l’interessamento della cosca Arena di Isola Capo Rizzuto e diversi “blitz” all’interno del parco di Scolacium, Kaulon e Capo Colonna.

Un business da migliaia di reperti

Un «business cruciale per le cosche», come sottolineato dal procuratore Salvatore Curcio, per un giro di centinaia di reperti sottratti e immessi nel mercato nero. Nel 2019 un’operazione internazionale, ma partita dalla Calabria, aveva portato all’arresto di 23 persone capaci di costruire un vero e proprio mercato internazionale di reperti illeciti derivanti da scavi clandestini, per un totale di circa 10 mila beni sequestrati dal valore di 2 milioni di euro. Altre operazioni, condotte dal reparto Tpc dei Carabinieri, hanno consentito di restituire migliaia di reperti archeologici sottratti in Calabria, soprattutto nel periodo antecedente agli anni ’90 quando erano diffusi numerosi scavi clandestini. Ieri a Venezia diversi reperti sono stati restituiti al Museo archeologico di Vibo Valentia, tra cui un Cratere apulo di grande valore storico sequestrato nell’ambito di un’operazione e che verrà esposto in un progetto al Castello vibonese proprio dedicato ai beni sequestrati, come annunciato dal direttore Michele Mazza.

L’allarme e l’ombra sui Bronzi di Riace

Non sempre, come in questo caso, emergono nelle indagini interessi della ‘ndrangheta. Ma l’allarme sull’interesse delle mafie nel giro d’affari intorno al traffico illecito di reperti lo ha dato più volte il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, sottolineando il ruolo dei gruppi mafiosi tradizionali business clandestino. Nel solo 2024 il Nucleo Tutela Patrimonio Culturale dei Carabinieri ha recuperato oltre 100 mila reperti, non tutti legati alla criminalità organizzata, ma imponenti numeri che spiegano la caratura del giro d’affari nel mercato nero. E l’ombra della ‘ndrangheta si è abbattuta, di recente, anche sui Bronzi di Riace con alcuni testimoni che al quotidiano Lasicilia hanno raccontato dell’origine siciliana delle due celebri statue, raccolte nei fondali di Brucoli e poi «vendute alla malavita calabrese». Un’ipotesi fin qui senza fondamenta, oltre che scartata e rigettata da studiosi ed esperti che continuano a difenderne l’origine calabrese. (ma.ru.)

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