COSENZA È un pasticciaccio. E, ogni fine mese, un trauma. Ogni fine mese. Lo stipendio che arriva in ritardo e le proteste in piazza dei Bruzi. Di solito volano parole grosse. Da anni. Da quando il Comune di Cosenza ha pochi spiccioli in cassa e il moloch delle cooperative di tipo B pesa come un macigno sui progetti e le disponibilità finanziarie dell`amministrazione. Mario Occhiuto ha rimediato, nell`ultimo scontro per i pagamenti che non arrivavano, una porta sfondata e un piano del Palazzo occupato dalla rabbia dei lavoratori. Che sono 500, divisi in 47 piccole società. E costano circa 5 milioni di euro all`anno.
Sono tempi agitati per le cooperative. Che, accanto alle difficoltà economiche, vedono bussare alle loro porte gli uomini della Questura. Alla ricerca di materiale per ingrassare i faldoni della maxi inchiesta aperta dalla Procura di Cosenza dopo l`arrivo di almeno due esposti molto circostanziati.
I LAVORI MAI FATTI
Gli investigatori cercano di trovare riscontri per quella che, nell`immaginario popolare cittadino, è sempre stata una delle prerogative in negativo delle coop. Non è raro trovare cittadini che si lamentano: «Quelli delle cooperative? Non è che siano proprio efficientissimi». Una critica da non estendere a tutti, ovviamente. Il fatto è, però, che il lavoro investigativo sembra aver evidenziato diversi casi paradossali. In alcune circostanze, infatti, i lavori che risulterebbero essere stati eseguiti dalle piccole aziende che si occupano della manutenzione del verde cittadino e di altri lavori, come lo spazzamento, sarebbero stati regolarmente retribuiti ma, in realtà, mai effettuati. È, per il momento, una traccia in mano agli inquirenti. Da verificare come il resto degli spunti investigativi.
LA “CONFUSIONE” FISCALE
Il secondo di questi spunti, invece, riguarda direttamente la contabilità delle cooperative di tipo B. Sarebbe collegato a questo aspetto dell`inchiesta il blitz che, un paio di settimane fa, ha riguardato alcune società messe nel mirino dagli agenti della Digos, a caccia di documenti che possano aiutarli a ricostruire la situazione fiscale di alcune ditte. Il sospetto, in questo caso, è che manchino, per alcune di essere, i versamenti contributivi. È uno degli aspetti più interessanti e complicati dell`indagine. Interessante, perché potrebbe coinvolgere i professionisti che avrebbero aiutato i vertici delle coop a “gestire” i conti sottraendo quote al Fisco. Complicato, perché inseguire i soldi e le transazioni non è sempre una passeggiata, così come scovare cambi di denominazione sospetti. Per questo motivo, la Procura bruzia ha individuato dei consulenti che supportertanno il lavoro degli agenti.
LE INGERENZE DELLA CRIMINALITÀ
In almeno uno degli esposti recapitati agli uffici giudiziari ci sono riferimenti ai metodi utilizzati per scegliere i lavoratori delle cooperative. Un`attività che, secondo le denunce al vaglio dei magistrati, si mescola con quella delle organizzazioni criminali della città. Una sorta di manuale Cencelli dei clan. Non una novità assoluta nel panorama delle inchieste incentrate su Cosenza. In passato, un meccanismo del genere era stato ipotizzato anche nella gestione delle assuzioni della Vallecrati, la società – poi fallita – che si occupava della raccolta dei rifiuti. Il panorama, descritto, in una vecchia inchiesta della Dda di Catanzaro, “Fiamme nella notte”, si reggeva su un`equazione molto semplice: i clan si offrivano di evitare “problemi” nel corso della raccolta, e l`azienda, in cambio, offriva posti di lavoro secondo una lottizzazione legata alle sigle della malavita. L`ipotesi, che non trovò un riscontro organico nel processo, potrebbe riaffacciarsi anche per le coop. Insieme a un`altra più sfumata: quella della compravendita di posti di lavoro. Anch`essa da verificare, come tutta l`impalcatura di un`inchiesta che si dirige al cuore del moloch delle cooperative cosentine.
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