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“Leonia”, per l'ad niente associazione mafiosa

REGGIO CALABRIA Cade l’accusa di associazione mafiosa per l’ad livornese di Ecotherm, Angelo Mannucchi, ex socio privato della Leonia, per il quale il pm Sara Ombra aveva chiesto 12 anni di carcere…

Pubblicato il: 02/06/2014 – 22:00
“Leonia”, per l'ad niente associazione mafiosa

REGGIO CALABRIA Cade l’accusa di associazione mafiosa per l’ad livornese di Ecotherm, Angelo Mannucchi, ex socio privato della Leonia, per il quale il pm Sara Ombra aveva chiesto 12 anni di carcere al termine della sua requisitoria al processo con rito abbreviato “Athena 49%”, meglio conosciuto in città come procedimento Leonia. Il gup Massimo Minniti non deve aver ritenuto sufficienti gli elementi a carico dell’ex amministratore delegato, condannandolo solo per i reati minori ad  una pena di  1 anno di reclusione, 2 mesi di arresto e duemila euro di ammenda. Ridimensionate – e di molto – rispetto alle richieste del pm, anche le pene inflitte agli altri imputati, tutti ex dipendenti della Leonia,  accusati di diversi episodi di truffa e peculato, che secondo la pubblica accusa avrebbero dovuto essere puniti singolarmente perché indipendenti tra loro e non ascrivibili ad un unico disegno criminoso, dunque non legati dal vincolo della continuazione. Un’impostazione non condivisa dal gup, che – stando al dispositivo emesso – ha considerato diversamente gli episodi contestati agli imputati, condannando Roberto Lugarà a 4 anni di carcere, Francesco Minniti Giovanni ad 1 anno di reclusione e 800 euro di multa, e Antonio Ursino alla pena di 1 anno e 4 mesi di carcere e mille euro di multa. Arriva invece per tutti l’obbligo di risarcire 30mila euro alla Leonia spa e 35mila al Comune di Reggio Calabria.
Eseguita nell’ottobre 2012, all’indomani dello scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose, l’inchiesta Athena 49%  ha svelato come fin dal 2001, i Fontana – storica ‘ndrina della periferia nord di Reggio Calabria – si sarebbe fatta strada all’interno della Leonia, gestendo per anni appalti milionari. Grazie a Bruno De Caria – insospettabile testa di legno messa a capo della stessa società – per anni il clan – ha svelato l’inchiesta coordinata dai pm Giuseppe Lombardo e Sara Ombra – ha avuto saldo in mano quello che gli inquirenti non hanno timore a definire «il controllo strutturale delle imprese impegnate nello specifico settore della raccolta dei rifiuti, tra le quali la società mista pubblico-privata Leonia spa, partecipata al 51% delle azioni dal Comune di Reggio Calabria». Una colonizzazione – sottolineano i magistrati – portata avanti dai vertici decisionali della ‘ndrina e dai loro compiacenti prestanome, il cui risultato sarebbe stato «un pervasivo potere di condizionamento e controllo di tipo mafioso sul “comparto ambientale” o “comparto rifiuti” di Reggio Calabria». Un potere adesso incrinato dall’indagine lunga e complessa della Dda reggina, che già nel lontano 2001 era stata in grado di documentare l’inserimento della ‘ndrina dei Fontana nel ricco e lucroso comparto ambientale, attraverso la Semac srl, società alla quale era ed era stata affidata la «manutenzione dei mezzi meccanici» della Leonia. Una pista poi confermata dalle due distinte indagini svolte in parallelo da Gico e Squadra mobile, e confermata dalle straordinariamente coincidenti dichiarazioni di quattro pentiti.

 

a.c.

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