CATANZARO Mario ha una passione: il teatro. Un pomeriggio ha visto una videocassetta di Piero Procopio e, una volta finita la proiezione, ha ripetuto alla perfezione, parola per parola, tutti gli sketch del comico catanzarese. Da qualche tempo frequenta una compagnia dialettale, ma non gli dispiacerebbe nemmeno fare il caposala in un ristorante. Mario – il nome è di fantasia – è uno degli angeli della Casa di Nilla, la struttura per minori dove sta prendendo forma il progetto di una Vineria Differente, un luogo in cui i piccoli ospiti potranno iniziare un percorso lavorativo e sociale, una volta finito quello educativo. L’idea voluta da Slow Food è assolutamente inedita in Calabria, e per una volta la nostra regione potrà essere capofila a livello nazionale, applicando la valorizzazione dei prodotti del territorio a una nuova idea di reinserimento sociale. Senza dimenticare l’aspetto più prettamente concreto: l’ingresso nel mondo del lavoro, nella regione col più alto indice di disoccupazione giovanile.
I suoi primi passi la Vineria Differente – che nei piani dovrà avere sede a Catanzaro ma, ovviamente, non nella Casa di contrada Sant’Elia – li ha mossi nei giorni scorsi durante la presentazione del libro “Mangia come parli” di Cinzia Scaffidi (Slow Food Editore, 2014): una cena etica con prodotti come il pane di Zia Teresina di Mangone ottimo per le bruschette con la mortadella insaccata in cotenna naturale e senza conservanti, ma anche il Pas Dosé 2013 Franciacorta docg di Cascina Clarabella (chardonnay 95%, pinot nero 5), esempio di «prodotto che racconta una storia, in questo caso quella dei vignaioli “matti”», come li chiamano con bonaria ironia i soci di Slow Food giunti da tutta la Calabria.
Perché il lancio della Vineria Differente è stata anche l’occasione per mappare le eccellenze che, un domani, potranno trovare ospitalità nei banchi dell’enoteca, termine che per stessa ammissione dei promotori rischia di essere riduttivo e omologante: dagli extravergine d’oliva aromatizzati al peperoncino o al limone della giovanissima Lea – che a Catanzaro ha portato anche le sue creme dolci in cui l’oro di Calabria sfida i vari olii vegetali o di palma utilizzati in ben più note creme spalmabili – al gelato del bar a gestione familiare di Catanzaro lido in cui la materia prima e la cura dei dettagli nella preparazione fanno sbilanciare Marco (terza generazione di artista-artigiano) e i suoi aficionados: «Ci siamo messi in testa di fare il gelato più buono del mondo!». Per non parlare delle granite…
I piccoli ospiti della Casa sistemano con cura il tovagliato mosso da un vento che non riesce in alcun modo a rovinare l’atmosfera di questo “Perfect day”, come sottolinea il sottofondo musicale di Lou Reed che apre la cena. C’è l’immancabile podolica delle polpette e il crostino con ‘nduja di Spilinga, e ancora il Caciocavallo di Ciminà, re assoluto dei formaggi tra cui spiccano le ricottine dai picchi di sapore ormai dimenticati, un caprino erborinato e una mozzarella di bufala “primo fiore” con latte di mucche al pascolo; il pane “jermanu” con lardo di maiale nero di Calabria e miele di castagno o quello con cipolle rosse di Tropea, caprino e pistacchi di Bronte; la sapidità “al quadrato” dello stocco di Mammola marinato con pomodori secchi e per chiudere la dolcezza assoluta della Calabrotta, il cono in miniatura la cui punta – citando più celebri cornetti – regala un godurioso tripudio di liquirizia.
E poi, naturalmente, c’è il Neda, il vanto di famiglia che lo scorso ottobre è stato giudicato miglior Greco di Bianco doc della Calabria dalla guida “Vini d’Italia” edita dal gruppo editoriale L’Espresso: una bottiglia prodotta dalla Casa di Nilla che, in purezza, compete col riesling 100% Unterortl Castel Juval e il nebbiolo 100% doc delle Langhe griffato Giacomo Fenocchio, inseriti nel menu. Tra i vini calabresi, invece, una menzione speciale va al bianco Neostòs 2013 Calabria igt di Spiriti Ebbri, uno chardonnay (95%) con pinot nero (5%) che inaspettatamente affonda le radici nella Presila cosentina e s’è guadagnato, qualche mese fa, la citazione del solitamente super-selettivo Gianni Mura su Repubblica: di fatto un premio, assegnato da un decano che non ha avuto problemi ad anteporre il Neostòs a etichette ben più altolocate come i supremi bianchi del nord-est o la sacra triade rossa delle B (Barbaresco-Barolo-Brunello).
È l’ultima lietissima sorpresa della serata – o forse una conferma –, proprio come quelle distillate dalla Casa di Nilla, il Centro specialistico per la cura e la protezione di bambini e adolescenti vittime di abusi sessuali e maltrattamenti, le cui porte si sono aperte sette anni fa. Forse è il caso di scomodare una definizione da depliant turistico – «un’oasi» – per descrivere la sensazione che si prova entrando nello scrigno immerso nel verde, a pochi chilometri dal centro di Catanzaro dopo che alcune curve trasformano il grigio dei quartieri cittadini in lussureggiante Presila.
Unico nel suo genere nell’Italia meridionale, il Centro, gestito dalla cooperativa sociale Kyosei, punta su «un approccio multidisciplinare articolato sul piano clinico, sociale, educativo e giuridico», e col tempo si sta affermando sempre più come «punto concreto di riferimento interregionale per la presa in carico della casistica di abuso e per la protezione di bambini e adolescenti». È un abbraccio che il luogo stesso contribuisce ad assicurare: siamo in una conca che sembra un angolo di Umbria, con prati, declivi e architettura dalle forme dolci e i colori pastello. Accoglienti, s’immagina, come quelli della futura Vineria. Ma perché «differente»? «Differente, innanzitutto, perché sarà gestita da La Casa di Nilla e vi lavoreranno le ragazze ospiti dello stesso Centro – ha spiegato Giancarlo Rafele, che della Casa è direttore, a Giovanni Gagliardi di vinocalabrese.it –. La vineria sarà per loro, soprattutto per quelle che non hanno una famiglia nella quale poter rientrare, un “buon lavoro”, un lavoro in cui ciascuno dà secondo le proprie possibilità e che si svolge in un ambiente favorevole, in cui le relazioni umane sono positive, serene, cordiali perché improntate al rispetto reciproco e alla collaborazione. Un lavoro che si inserisce nelle reali condizioni di mercato, che sia cioè un lavoro vero e come tale percepito. E che sia, quindi, equamente retribuito. Un lavoro che le avvii all’autonomia e contribuisca a costruire un’economia solidale per poter affermare la convinzione che economia e solidarietà possono, e debbono, incontrarsi». Differente, poi, «perché non vuole essere un semplice wine bar, bensì un “luogo” dove promuovere la cultura del vino e del cibo buono, pulito e giusto (ci appropriamo dello slogan di Slow Food perché i pochi piatti proposti saranno, perlopiù, a base di presìdi di questa importante organizzazione), un “luogo” dove ritrovarsi per raccontare il vino e la storia di chi lo produce, un “luogo” dove incontrare gli stessi i produttori e gli appassionati. Un “luogo” dove stare bene insieme. Differente, infine, perché punterà su piccole aziende vinicole i cui prodotti sono ritenuti di altissima qualità e non sui brand famosi e affermati sul mercato».
Appunto: pure il cibo e il vino possono raccontare storie che sanno di rivincita. E la potenza della parola – detta e scritta – rimbombava anche la sera del 26 giugno nella «casa magica», come la definisce Rafele. Per alcuni dei ragazzi del Centro, è quella l’ultima serata prima del rientro in famiglia. Ancora un weekend, ma adesso tutti a guardare Mario ammutolire, con la sua presenza scenica, il pubblico con un’esecuzione perfetta della Livella di Totò e strappare prima un sorriso, poi una lacrima e infine un applauso.
«Questo posto nasce nel punto stesso in cui viene a crearsi una frattura tra il mondo degli adulti e quello dei bimbi», ha detto Rafele introducendo la serata con la Scaffidi, importante e in un certo senso inedita: era la prima volta che la stru
ttura si apriva al mondo esterno. E il balsamo per sanare la ferita è una carezza data a chi spesso ha subìto un abuso scambiandolo per un gesto d’affetto per il solo fatto che veniva da un genitore – e chi ti ha dato la vita non può di fatto togliertela, marchiandola con un abominio.
«Stiamo inventando un futuro per loro – ha aggiunto Rafele –, stiamo progettando un reinserimento nella società con la dignità che meritano». La Vineria Differente nascerà entro la fine del 2014, forse già in autunno, ma l’impressione è che i tempi contino fino a un certo punto, visto che oramai la macchina è avviata e l’entusiasmo è la benzina.
Nicola Fiorita, presidente di Slow Food Calabria, sa che l’amore con cui ci si approccia al cibo e alla natura ha molto in comune con il tipo di coinvolgimento che muove gli operatori della «casa magica». Non è un caso – anzi, è una di quelle cose in cui la simbologia è tutto – se una delle prossime iniziative nel giardino della Casa sarà l’orto messo su con i semi calabresi autoctoni selezionati da Yvonne Piazzante della ong Crocevia. Quelli piantati dentro la casetta a tre piani di Sant’Elia, finora hanno dato frutti dolcissimi come il sorriso dei piccoli ospiti di Casa di Nilla.
Eugenio Furia
e.furia@corrierecal.it
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