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Padre Fedele, la Cassazione: bisogna valutare le altre prove

COSENZA “La Corte d’appello deve tenere conto delle prove documentali che erano state prodotte dalla difesa”. Ecco perché la Corte di Cassazione, lo scorso 18 settembre, ha annullato con rinvio la …

Pubblicato il: 04/12/2014 – 18:45
Padre Fedele, la Cassazione: bisogna valutare le altre prove

COSENZA “La Corte d’appello deve tenere conto delle prove documentali che erano state prodotte dalla difesa”. Ecco perché la Corte di Cassazione, lo scorso 18 settembre, ha annullato con rinvio la condanna di padre Fedele Bisceglia, imputato assieme al suo segretario Antonio Gaudio.
I due erano già stati condannati, in primo e secondo grado, per violenza sessuale ai danni di una suora: 9 anni e 3 mesi di carcere per il religioso e 6 anni e 3 mesi per Gaudio. 
Gli ermellini hanno deciso per padre Fedele annullamento con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro. Per Gaudio, invece, “prescrizione per il capo N ed eliminazione di un mese di reclusione. Annullamento limitatamente al capo C e per la determinazione della pena anche in ordine al capo L. E rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro”. Gaudio era accusato di violenza sessuale anche da un’altra donna e non solo coinvolto nella presunta violenza di gruppo a cui avrebbe partecipato assieme al religioso.
Gli Ermellini non entrano nel merito del giudizio – il cui compito spetta ora alla Corte d’appello del capoluogo -, ma ritengono che fosse stato necessario valutare il fascicolo nel suo complesso. Cioè bisognava tenere conto di altre denunce su presunti abusi subiti dalla suora, che erano state prodotte dalle difese, in una lunga e complessa memoria presentata ai giudici di secondo grado.

 

DALL’ARRESTO ALLA CONDANNA IN PRIMO GRADO
La bufera giudiziaria si è abbattuta sul «monaco» – come tutti chiamano a Cosenza l’ex frate ultrà – il 23 gennaio del 2006 quando venne arrestato assieme a Gaudio dagli agenti della squadra mobile della città dei Bruzi perché una religiosa delle Francescane dei poveri accusò i due di averla violentata per cinque volte nell’Oasi francescana, la struttura d’accoglienza fondata dal religioso. Nel frattempo l’ex frate viene sospeso a divinis e non appartiene più al suo Ordine. Nel gennaio del 2008 il gup del Tribunale bruzio, Livio Cristofano, rinvia a giudizio il sacerdote e Gaudio. Due mesi dopo, l’11 marzo, inizia il processo. Il collegio giudicante decide di seguire la linea della riservatezza, come avviene nei casi di violenza sessuale: dibattimento a porte chiuse. Un processo complesso e dunque difficile da seguire. Dopo innumerevoli udienze fiume, una marea di testimonianze e consulenze – il processo di primo grado è durato tre anni –, i giudici condannano padre Fedele a nove anni e tre mesi di reclusione e Gaudio a sei anni e tre mesi perché – come si leggerà poi nelle motivazioni della sentenza – la ricostruzione della suora «è priva di contraddizioni e salti logici ed espone con coerenza, logicità e lucidità tutti gli episodi cristallizzati nei diversi capi di imputazione».

 

LA CONFERMA DELL’APPELLO
La seconda fase inizia nell’ottobre dello scorso anno con il processo d’appello. Il collegio difensivo deposita una corposa memoria di 289 pagine in cui si rileva «la scarsa attendibilità della denunciante che l’ha vista coinvolta, nelle more di questo processo, in ben altri tre episodi di violenza sessuale ad opera di ignoti». Ma nessun dubbio sull’attendibilità della suora viene sollevato dal sostituto procuratore generale Raffaella Sforza che ha chiesto alla Corte di appello di Catanzaro di confermare la sentenza emessa in primo grado. E così è andata. In tutto questo tempo padre Fedele – che ha partecipato a ogni udienza dei due processi con il Rosario in mano – si è sempre dichiarato innocente, definendosi vittima di un complotto. 

Poi è arrivato il turno della Suprema Corte che non è riuscita a mettere la parola fine al caso del frate ultrà. Continua, quindi, la vicenda giudiziaria che è stata lunga e complessa e che ha avuto anche una forte eco mediatica.

 

Mirella Molinaro

m.molinaro@corrierecal.it

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