ROMA «Si può lavorare con la mafia e allo stesso tempo essere vittime della mafia. In Calabria gli imprenditori che vengono da fuori devono fare i conti con la ‘ndrangheta: una volta chiuso il Cara in Calabria, Buzzi venne raggiunto da persone che lo avevano protetto e chiedevano di contare in un’attività imprenditoriale a Roma, ma non si è piegato a questa richiesta». Lo ha detto l’avvocato di Salvatore Buzzi, Alessandro Diddi, intervistato a “L’Arena” su Rai 1, sul presunto accordo tra le cooperative dello stesso Buzzi e la cosca dei Mancuso. «Buzzi ha gestito un Centro per rifugiati (Cara) nel Catanzarese tra il 2008 e il 2009 – ha detto Diddi –, ma quando i mafiosi gli hanno chiesto di contare in un’attività imprenditoriale a Roma lui ha detto a un collaboratore “mettili fuori, a casa mia comando io”, che vuol dire “i mafiosi nella mia azienda non ce li voglio”». Sul perché Buzzi non abbia denunciato tutto alla magistratura, il legale ha risposto: «Sa quanti imprenditori sono costretti a pagare il pizzo? E quanti sono costretti a portare i libri in tribunale?» perché falliti.
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