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Il jihadista calabrese finito in un carcere di Baghdad

Barba lunga, 29 anni, Giampiero è partito da Bologna, passando per la Spagna, destinazione Siria, «per distruggere l’Occidente». È la storia, raccontata da Paolo Berizzi su Repubblica, di uno dei 4…

Pubblicato il: 20/12/2014 – 14:18
Il jihadista calabrese finito in un carcere di Baghdad

Barba lunga, 29 anni, Giampiero è partito da Bologna, passando per la Spagna, destinazione Siria, «per distruggere l’Occidente». È la storia, raccontata da Paolo Berizzi su Repubblica, di uno dei 40 italiani convertiti all’Islam che hanno giurato fedeltà al Jihad. In un carcere di Baghdad, accusato di terrorismo internazionale, Giampiero è considerato dal governo italiano uno dei «foreign fighters accertati», un convertito all’Islam che ha dichiarato guerra all’Italia e al suo passato.
La sua storia, racconta Repubblica, parte dalla Calabria, da Reggio, sua terra d’origine da dove, insoddisfatto, parte per arrivare a Bologna, dove si avvicina a circoli islamici, contigui a cellule terroristiche, dice l’intelligence. Per la disperazione dei suoi familiari, che sostengono sia facilmente plagiabile. Ma Giampiero è attratto dalla «difesa dei popoli oppressi dall’Occidente», segue sul web la propaganda jihadista e si crea una rete di contatti. Alcuni di questi contatti sono in Andalusia, dove Giampiero si trasferisce. Vive senza fissa dimora, e quando la Guardia civil lo cerca per fargli sapere che gli adolescenti che lo avevano aggredito qualche mese prima sono stati condannati e devono risarcirlo, non si fa trovare. Il 29enne è scomparso, si è dato alla macchia. Passando per la Turchia arriva nel Nord della Siria, dove sono attive le milizie collegate all’Isis. Si ritiene a tutti gli effetti un seguace del califfato di al Baghdadi. Di fatto diventa un miliziano, giurando di essere pronto a combattere l’oppressione dell’Occidente, fino «all’estremo sacrificio».
«Di Giampiero – ha dichiarato il padre Pasquale – non abbiamo notizie da tre mesi. Da quando ci hanno chiamato i carabinieri per dirci che era in carcere in Iraq. Da allora, più sentito nessuno. Siamo preoccupati, abbiamo paura che gli facciano del male».
I familiari sostengono che l’abbiano arrestato perché è entrato in Iraq senza visto. Sono convinti che qualcuno, abile, gli abbia fatto il lavaggio del cervello. Ora è in una cella a Baghdad, sul capo un’accusa pesantissima. L’intelligence italiana, e non solo, alle calcagna.

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