ROMA «Io sto col Pd calabrese e con Mario Oliverio. Sono rispettoso della vostra autonomia». Alle nove del mattino, in un angolo della sala della Regina di Montecitorio, dove è appena terminata l’assemblea dei deputati dem sul Quirinale, Matteo Renzi si lascia andare a un rapido scambio di vedute con i parlamentari calabresi. Ad ascoltarlo ci sono Ernesto Magorno, Enza Bruno Bossio, Stefania Covello, Bruno Censore e Ferdinando Aiello. Fin qui il pensiero del premier-segretario. Il resto si vedrà dopo, quando la partita del Colle sarà conclusa.
Il dietrofront dell’ormai ex ministro Lanzetta ha gettato i colonnelli del Pd nel panico. E soprattutto ha maledettamente complicato i piani di Mario Oliverio. Che adesso dovrà rivedere i suoi programmi iniziali.
«Non posso entrare in una giunta in cui siede pure Nino De Gaetano», va ripetendo Lanzetta. Forte del sostegno del sottosegretario Graziano Delrio, la farmacista di Monasterace si è convinta che vale la pena alzare il livello dello scontro, tanto più adesso che il premier non intende più confermarla nella compagine di governo. Al Corriere della Sera ha annunciato che lascerà il ministero degli Affari regionali «entro questa settimana» e che «non è sua intenzione» accettare l’incarico di assessore regionale alla Riforme. Il motivo? La presenza nell’esecutivo dell’ex ridondarolo per il quale la squadra mobile di Reggio Calabria ha richiesto l’arresto (poi respinto dal gip) per voto di scambio politico-mafioso in occasione delle regionali del 2010.
Ma nel Pd ci si interroga soprattutto per l’entrata a gamba tesa di Delrio, che è accompagnata da un piccolo giallo. Il take di agenzia che segna la “sconfessione” delle scelte ufficializzate dal governatore Oliverio non contiene nessuna dichiarazione diretta. Ciò significa che non sia autentica? Non proprio, nel senso che in diverse occasioni Palazzo Chigi lascia filtrare le informazioni anche in maniera indiretta.
Dietro l’irritazione del sottosegretario alla presidenza del Consiglio ci sarebbe il mancato coinvolgimento nella giunta calabrese di esponenti impegnati in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata. Un po’ come dire: mentre noi a Roma coinvolgiamo calabresi del calibro di Nicola Gratteri e Arturo De Felice, loro si accontentano di nominare assessore un esponente politico i cui “santini” sono stati ritrovati nel covo di un potente boss della ‘ndrangheta.
Oliverio, per il momento, tace. Non intende fare passi indietro sulle scelte ufficializzate soltanto qualche giorno fa e aspetta di capire se la rinuncia all’assessorato di Lanzetta verrà formalizzata, prima di procedere alla sua sostituzione. Quanto al resto, si limita a ricordare che il suo impegno contro ogni ingerenza della criminalità nelle istituzioni «è sempre stato netto». Ai pochi che sono riusciti a parlargli, il governatore ha ripetuto: «Nella mia storia politica e amministrativa non c’è un solo atto che non vada in direzione del massimo rispetto della magistratura e dell’impegno per l’affermazione della legalità».
Il rischio ora è di dover trovare davvero una soluzione “last minute”, che nelle trattative per la guida della Calabria non è mai un buon viatico. Però è questa la prospettiva, se in queste ore non si riuscisse a trovare un punto di intesa con Lanzetta e Delrio. Nelle prossime ore Oliverio dovrebbe avere un incontro con Renzi e con il vice segretario del Pd Lorenzo Guerini.
Antonio Ricchio
a.ricchio@corrierecal.it
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