CATANZARO I dipendenti della “Fondazione Campanella” lo attendono nel parcheggio sotto Palazzo Alemanni, vogliono risposte. Il governatore, Mario Oliverio, non fa nulla per evitarli, anzi ha anche lui qualcosa da dire loro. Non ci sta a restare con il cerino in mano e ai lavoratori ricorda: «In questo palazzo in questi anni sono state calpestate tutte le norme e tutte le leggi. Qui hanno distrutto la Campanella ed oggi io arrivo e mi ritrovo un provvedimento della Procura della Repubblica ed un’ordinanza del prefetto. Mi spenderò in ogni modo per salvare posti di lavoro e assistenza medica ma non possiamo invertire la storia delle cose ne potete chiedermi atti illegali».
Ha ragione da vendere, Oliverio, anche se adesso qualcosa dovrà pure inventarsela per evitare che il prezzo lo paghino, come sempre, i dipendenti e gli ammalati. La Fondazione Campanella ha due storie che configgono fra loro: una è fatta di ruberie, assunzioni facili, bilanci falsificati, voto di scambio. L’altra, invece, è rappresentata da lavoratori motivati e da giovani che fanno bene il loro lavoro, nonché da ammalati afflitti da gravi patologie che possono affrontare a casa loro invece di emigrare e ingrassare i bilanci di regioni meno sfortunate della loro.
Dalla scena sono scomparsi i predatori di incarichi, consulenze e voti. Hanno lasciato le facce pulite dei dipendenti e quelle impaurite degli ammalati. In tutto questo può essere solo Mario Oliverio l’interlocutore? Oppure c’è spazio perché altre realtà si facciano carico dei posti di lavoro che si perdono e degli ammalati che si buttano in mezzo alla via?
La sanità privata a Catanzaro ha ancora un “salotto buono” dove discutere del futuro della Campanella, oppure deve solo intascare soldi pubblici per patologie a basso costo ed a zero rischi, come avviene oggi? Ecco forse è il caso che tutti, dai dipendenti ai sindacati, dalle istituzioni locali alla stessa a Regione chiedano anche ai privati di sedersi al tavolo con i lavoratori ed avviare un confronto che metta al centro, una volta tanto, non gli interessi di bottega (o almeno non solo quelli) ma anche quelli di chi vuole lavorare con dignità e di chi con dignità vuole affrontare la dure malattie contro le quali combatte.
pa. po.
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