VIBO VALENTIA Sara Chirico è uno di quei talenti che non ha avuto bisogno di scuole di settore e accademie per lasciare la sua “impronta” in regione. Laureata in Restauro, la Calabria l’ha idealmente ridisegnata attraverso opere pubbliche e sculture, esponendo in varie collettive. Alla scultura e al modellato si è avvicinata solo negli ultimi anni, ma questo non le ha impedito di ottenere risultati incoraggianti. Fa parte della schiera di giovani – ha appena 25 anni – che giocoforza si trova costretta a proiettarsi fuori regione: attualmente a Roma, da vera poliedrica si divide tra la dimensione artistica e quella teatrale, che coltiva con lo stesso «approccio istintivo» che la contraddistingue.
Come si è avvicinata alla scultura?
«La mia passione per la scultura è iniziata durante i miei studi di restauro, quando mi sono avvicinata alle tecniche di lavorazione della pietra. Da lì, ho iniziato ad assaporare la bellezza e la fatica della scultura in pietra. Solo dopo, sono rimasta affascinata dal lavoro più immediato e istintivo che comporta il modellato, che pratico dal 2013. Imprimo le miei sensazioni nell’argilla, trasformandole poi in altro materiale come resina o bronzo. Si può comunque dire che mi dedico alla mia ricerca espressiva da relativamente poco tempo, anche se il mio rapporto con l’arte è sempre stato una costante».
Le capita di trasferire qualcosa della scultura nelle sue esperienze teatrali?
«Sì. La necessità di comunicare tramite l’arte visiva è la stessa, si tratti di pittura, scultorea o teatro. In questo settore ci sono da quasi 13 anni. Attualmente faccio parte della compagnia romana “Abraxa teatro”, e dal 21 al 24 maggio saremo in scena a Roma al teatro Arvalia e al teatro di Villa Flora, con lo spettacolo: “La luce dai tuoi occhi”, ispirato al “Processo di Shamgorod” di Elie Wiesel, premio Nobel per la Pace. Stiamo poi lavorando a un altro progetto di teatro urbano in programma a giugno che si chiama “I viaggiatori dell’oggi”: si tratta di un intervento urbano, che avrà come spazio teatrale il viaggio stesso, all’interno dei treni regionali del Lazio».
Cosa la ispira maggiormente?
«Da ciò che mi affascina e mi colpisce. Lascio vincere l’istinto sulla ragione. Posso dire che il mio progetto coincide con la mia ricerca della forma più pura dell’espressività. La riuscita finale di tutto questo, è data dalla capacità comunicativa di ciò che creerò».
Da questo punto di vista il Cristo “Redentore/crocifisso” è senz’altro un’opera riuscita.
«L’ho ideata con la supervisione del maestro Pino Schiti, che come me è di Ricadi. Abbiamo concepito nell’argilla un’opera che nel modellato sembra, impropriamente, far pensare a un processo sottrattivo di materia. Cristo è rappresentato nella sua denutrizione e scarnificazione, oltre che nella sua sofferenza psichica. La croce non c’è ma è simboleggiata dalle braccia distese e dagli altri segni della Passione. Le labbra semiaperte stanno per esalare l’ultimo respiro che redimerà l’umanità dalla morte e dal peccato, quindi l’opera rappresenta anche una sorta di preludio alla Rendenzione: non siamo al cospetto di un Cristo giovane e bello, ma abbruttito da una sofferenza che, comunque, è salvifica».
Un sodalizio, quello con l’artista Pino Schiti, che perdura nonostante la sua lontananza dalla Calabria.
«Ho lavorato con Schiti, ma soprattutto nella sua bottega romana, dove mi sono dedicata a sculture modellate a quattro mani che sono state frutto di un processo artistico condiviso. Un’esperienza che mi ha indubbiamente arricchita. Con lui ho realizzato anche varie opere pubbliche, come il portone in bronzo per la chiesa del XV secolo di San Pancrazio a Isola Farnese, in provincia di Roma. La scultura del Cristo è invece posta sul timpano della chiesa di Santa Domenica di Ricadi, in provincia di Vibo Valentia».
Quasi uno “spartiacque” per la sua attività artistica…
«Sicuramente di recente mi sto dedicando a una scultura più intima e personale rispetto alle sculture precedenti che erano principalmente frutto di committenze. Nei miei ultimi progetti l’espressività umana e la sua sensibilità sono gli elementi protagonisti, e molto spesso l’universo femminile prende il sopravvento su quello maschile».
I riscontri sono positivi?
«Sembra di sì. Ho partecipato al premio internazionale Limen Arte, la cui esposizione si è svolta a palazzo Gagliardi a Vibo durante il mese di gennaio e, poco prima, ho vinto il premio della critica dell’Art contest 2014. Ho poi partecipato a diverse esposizioni. Recentemente ho esposto le mie opere in occasione del festival letterario “Ferula d’oro”, a Feroleto Antico, e anche durante la V edizione del “CalAfrica”, a Pianopoli e in collettive e personali tra Vibo, Pizzo, Santa Domenica di Ricadi, Decollatura e Soveria Mannelli».
Progetti futuri?
«Vedremo: il mio “fare creativo” è assolutamente empirico e istintivo, quindi non programmato. Sicuramente, ho tanta voglia di continuare a creare».
Zaira Bartucca
z.bartucca@corrierecal.it
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