REGGIO CALABRIA Associazione mafiosa, usura, esercizio abusivo del credito, ma anche un caso di violenza privata: sono questi i reati contestati a vario titolo ai diciotto presunti appartenenti della cosca Commisso arrestati nell’ambito dell’operazione “Bacinella 2”.
Quello che ancora una volta emerge da quest’indagine è la disponibilità degli imprenditori ad aderire a contratti usurari che arrivano anche al 120 per cento annuo. «Questo è un indice della condizione psicologica disastrata in cui operano questi soggetti, che si vedono negata qualsiasi altra possibilità di accedere al credito», dice il Procuratore capo della Dda di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho, che sottolinea: «questa non solo è la condizione primaria per cedere l’azienda ai clan, ma è un’attività che si è svolta in totale regime di omertà. Non c’è stata nessuna denuncia, e almeno la metà degli imprenditori che sono stati convocati dalla finanza, hanno negato anche l’evidenza. Non a caso, per quattro di loro sono stati disposti gli arresti domiciliari. Questo dimostra la capacità della ‘ndrangheta di soggiogare il contesto sociale in cui si radica».
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