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I tentacoli di Grande Aracri sul Nord Italia: nove in manette

BOLOGNA I carabinieri hanno eseguito in Emilia-Romagna e Lombardia misure di custodia cautelare emesse su richiesta della Dda di Bologna nei confronti di nove persone (gli indagati, a vario titolo,…

Pubblicato il: 16/07/2015 – 6:17
I tentacoli di Grande Aracri sul Nord Italia: nove in manette

BOLOGNA I carabinieri hanno eseguito in Emilia-Romagna e Lombardia misure di custodia cautelare emesse su richiesta della Dda di Bologna nei confronti di nove persone (gli indagati, a vario titolo, sono diciannove), di cui tre esponenti della ‘ndrangheta emiliana attiva tra Reggio Emilia, Parma, Piacenza e Modena e operante anche a Verona, Mantova e Cremona. È in corso inoltre un sequestro di società, beni e attività commerciali nella disponibilità diretta della cosca, per oltre 330 milioni.
Decine sono inoltre le perquisizioni svolte sul territorio nazionale, anche a carico di liberi professionisti, tra i quali tre avvocati emiliani (che non risultano indagati). Tra gli arrestati, accusati di trasferimento fraudolento di valori e reimpiego in attività economiche di denaro, beni e altre utilità provento delle attività illecite della cosca, anche insospettabili prestanome. Al centro delle indagini, condotte dai carabinieri dei comandi provinciali di Modena e Parma, oltre che dal Ros di Roma, l’infiltrazione della ‘ndrangheta emiliana, articolazione della cosca “Grande Aracri” di Cutro, nel Crotonese, nel tessuto economico nazionale e locale, attraverso la costituzione di varie società di capitali.
La ‘ndrangheta emiliana, strutturalmente autonoma rispetto alla cosca cutrese di cui costituisce derivazione storica, aveva costituito società falsamente intestate a terzi, dove conferire ingenti somme di denaro e altre utilità derivanti dai reati fine del sodalizio, oltre a provviste illecite direttamente riconducibili al boss Nicolino Grande Aracri. È questo lo sviluppo investigativo – in prosecuzione dell’inchiesta Aemilia che a gennaio aveva visto l’esecuzione di 117 arresti – che ha portato nella notte alla nuova operazione condotta in Emilia-Romagna, Lombardia, Calabria e Lazio da oltre 300 carabinieri dei comandi provinciali di Modena, Parma, Reggio Emilia e del Ros, supportati da elicotteri e unità cinofile. L’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del tribunale di Bologna scaturisce dall’indagine coordinata dal procuratore capo Roberto Alfonso e dai Pm Marco Mescolini e Beatrice Ronchi. La misura cautelare ha disposto anche il sequestro preventivo di nove società di capitali, alcune delle quali impegnate nella realizzazione di importanti contratti d’appalto all’estero, e di una discoteca. Gli investigatori ritengono che le condotte dei prestanome arrestati abbiano garantito alla cosca la continuità delle attività d’impresa anche dopo gli arresti eseguiti a gennaio.

 

ARRESTI E SEQUESTRI Il gip ha disposto la custodia cautelare in carcere per Nicolino Grande Aracri, Alfonso Diletto, Michele Bolognino e Giovanni Vecchi. Arresti domiciliari per Domenico Bolognino, Jessica Diletto, Francesco Spagnolo, Patrizia Patricelli e Ibrahim Ahmed Abdelgawad. Tutti sono indagati per trasferimento fraudolento di valori, con l’aggravante di aver agito per agevolare l’attività dell’associazione mafiosa. Alfonso Diello, Giovanni Vecchi e Patrizia Patricelli rispondono anche di impiego di denaro, beni o utilità di illecita provenienza, con la stessa aggravante. Tra le società oggetto del sequestro spiccano la Save Group srl, la Save Engineering srl di Montecchio Emilia (Reggio Emilia) e la Impregeco srl di Roma, secondo gli inquirenti soggette al potere di direzione gestionale e di impulso economico-finanziario di Alfonso Diletto, il cui consenso era indispensabile per le decisioni di rilievo sostanziale adottate dagli organismi societari. Nel caso di un’altra società, la Save International ltd, con sede a Malta, Diletto risulta addirittura formalmente coinvolto nell’attività di gestione. Dalle indagini sono emersi segnali di preoccupazione da parte di Diletto per un possibile sequestro patrimoniale, dopo quello eseguito nel novembre 2013 a carico di Francesco Grande Aracri, fratello di Nicolino, seguito qualche giorno dalla confisca. Nel contesto dell’operazione è stata a eseguita una misura di prevenzione patrimoniale a carico di Palmo Vertinelli, arrestato in gennaio nell’operazione “Aemilia” per associazione di tipo mafioso, fittizia intestazione di beni, riciclaggio ed altri reati dalla finalità mafiosa. Il provvedimento, che integra un precedente sequestro beni per 9 milioni di euro eseguito dal Ros il 24 febbraio 2015, ha colpito ulteriori 2 aziende (la Vertinelli srl, impresa edile operante nel territorio di Reggio Emilia e Crotone, e l’Edilizia Costruzioni Generali srl), 54 beni immobili, 12 autoveicoli e 20 tra rapporti bancari e finanziari. 

 

MIGLIAIA DI PERSONE “DISPONIBILI” PER IL CLAN Ma c’è un passaggio che inquieta nelle intercettazioni che costituiscono l’ossatura dell’indagine. È emerso durante la conferenza stampa che, a Bologna, ha raccontato il nuovo filone dell’inchiesta. «Quando due, parlando fra di loro, uno dice all’altro “a Reggio Emilia sono circa 7mila e 3 o 4 mila sono a Parma”, io ho ragione di preoccuparmi». Sono le parole usate dal procuratore di Bologna, Roberto Alfonso, citando proprio la captazione  della seconda tranche dell’inchiesta, in cui due soggetti parlano di persone “disponibili”.  Nonostante gli arresti dell’operazione Aemilia dello scorso gennaio, ha detto ancora Alfonso, «abbiamo appurato che fino a qualche giorno fa l’attività continuava. Dal carcere continuavano a gestire affari dando disposizioni all’esterno, facendo sì che l’attività economica delle aziende continuasse in modo fruttuoso. C’era l’esigenza di interrompere anche in questo modo l’attività delittuosa che continuava nonostante le misure cautelari di gennaio». Gli investimenti continuavano, nonostante i colpi assestati dagli investigatori. E puntavano anche all’estero. Gli inquirenti, infatti, stanno portando avanti accertamenti nei confronti di alcune delle imprese sotto sequestro per degli investimenti in Africa, e precisamente in Costa d’Avorio. 

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