Nubi fosche si addensano all’orizzonte del porto di Gioia Tauro. Si tratta di segnali preoccupanti, ancora deboli, ma che indicano con chiarezza un cambiamento nello scenario competitivo del settore del trasporto marittimo.
Il primo di questi segnali è costituito dalla notizia che nel quadro dell’accordo di Vessel Sharing Agreement (VSA) Maersk Line e Mediterranean Shipping Company (MSC), che sono il primo e il secondo leader mondiale del settore del trasporto marittimo dei container, hanno riconfigurato i servizi di linea che i due vettori operano sulle rotte est-ovest riducendo da 15 a 14 gli approdi a porti italiani ed eliminando Gioia Tauro dal servizio AE6/Lion che collega l’Asia con il Nord Europa. Gioia Tauro quindi perderà la leadership numerica in Italia per gli approdi venendo appaiata dal Porto di La Spezia.
Il secondo segnale preoccupante è la performance del porto di La Spezia che nel primo trimestre 2015 ha visto crescere del 20% la sua movimentazione di Teus, rispetto al primo trimestre del 2014, mentre Gioia Tauro ha visto diminuire nello stesso periodo del 9,4 % le sue movimentazioni e questo prima che venisse tagliato il servizio AE6/Lion. Va sottolineato, inoltre, che Contship Italia che attraverso MSC gestisce il terminal di Gioia Tauro, ha nello stesso periodo registrato una decisa crescita del traffico containerizzato movimentato dal porto di Salerno, con un aumento del 14,0% sul primo trimestre 2014 e del porto di Ravenna con un aumento del 13,1%.
Il terzo elemento di preoccupazione è costituito dall’entrata in esercizio del porto di Vado Ligure prevista per l’inizio del 2018. Questo porto, in grado di ospitare le Super Post Panamax, rafforzerà la piattaforma competitiva ligure che si candiderà a prendere il posto di Gioia Tauro come principale gate italiano di transhpment.
In questo senso va segnalato l’azzeramento della partecipazione in Medcenter Container Terminal da parte della società terminalista olandese APM Terminals che ha dichiarato di volersi concentrare sulle attività core che in Italia sono costituite dagli investimenti nell’ambito della realizzazione del porto di Vado Ligure.
Tutti questi segnali indicano in maniera chiara una perdita prospettica di competitività di Gioia Tauro e una propensione di questo porto al declino. Va segnalato che il settore del trasporto marittimo ha bassissime barriere all’uscita e che quindi un porto può desertificarsi in pochi mesi. Il caso di Taranto può essere indicativo in questo senso.
Mentre tutto il sistema portuale italiano si rafforzava con investimenti, Gioia Tauro rimaneva a guardare. Solo nel 2015 è stato pubblicato il bando di gara per il terminal ferroviario. C’è stato un ritardo di più di 15 anni. In una regione attenta allo sviluppo questo investimento si sarebbe dovuto realizzare nel 2000 ed oggi avrebbe dovuto già essere operativo da 10 anni. Probabilmente oggi è ormai tardi perché, anche sperando in tempi di costruzione con standard giapponesi, difficilmente questo terminal entrerà in funzione prima del Porto di Vado Ligure che si candida ormai ad essere principale il gate italiano per l’Europa, se non altro per la sua vicinanza geografica al trasporto ferroviario francese e spagnolo. E poi anche dopo aver costruito il Terminal Ferroviario, i treni che partono da Gioia Tauro impiegheranno sei-sette ore per raggiungere una rete ferroviaria degna di questo nome. L’alta velocità in Calabria è un obiettivo di lungo periodo (20 anni), sempre sperando che, parafrasando Keynes, nel lungo periodo non saremo già tutti morti.
Non aver difeso il vantaggio competitivo di Gioia Tauro quando questo era forte ha permesso la crescita di nuovi competitors che si candidano a soppiantare Gioia Tauro o quanto meno a ridimensionarne l’importanza.
Oggi, l’unica speranza è quella di agire in fretta, cercando di recuperare il tempo perso, colmando per quando possibile il gap infrastrutturale, ma soprattutto agendo sull’unica leva di politica economica possibile nel breve periodo che è la leva fiscale. Sicuramente positivo è stato l’intervento della Regione Calabria per abbassare le tasse di ancoraggio, ma bisogna fare molto di più usando gli strumenti a disposizione che non sono pochi.
La Zes è sicuramente uno strumento importante. Tuttavia istituire la Zes non sarà facile. Il percorso della Zes ha trovato e troverà ancora forti resistenze, anche se sempre non palesate, perché va a sconvolgere lo scenario competitivo portuale italiano e in prospettiva di tutto il Mediterraneo. È quindi necessario attivare immediatamente un “piano B”: cioè un piano che sfruttando la legislazione esistente permetta di costruire un’area di vantaggio doganale e fiscale, anche attraverso la defiscalizzazione di tutte le imposte regionali e comunali, l’utilizzo dello strumento delle Zone franche urbane e attraverso l’istituzione di un’Agenzia regionale per l’attrazione degli investimenti esteri con sede a Gioia Tauro, che sia un interlocutore burocratico unico e che raggruppi tutti gli attori che si occupano di attrazione di investimenti esteri, facilitando così gli investitori.
Senza interventi rapidi ed incisivi la prospettiva realistica è quella di una progressiva desertificazione del Porto di Gioia Tauro.
* docenti dell’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria
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