Quando verrà posata (di nuovo), sarà pesante come un macigno la prima pietra del nuovo ospedale di Vibo. Per la verità una cerimonia c’era già stata e quell’evento, risalente al lontano 2004, è stato ricordato ironicamente dagli attivisti di “Rete civica” con una simbolica “seconda pietra” posata esattamente dieci anni dopo la prima. Insomma gli anni continuano a passare e, tra annunci roboanti e polemiche incrociate, l’unica cosa che finora è cambiata è la casacca politica di chi si lascia andare a nuove promesse che, come le vecchie, vengono sempre smentite dai fatti.
In poco più di un anno di mandato da governatore lo stesso Mario Oliverio è riuscito ad inanellare diversi annunci poi puntualmente disattesi. La prima data per l’inizio dei lavori il presidente della Regione l’aveva fissata quasi un anno fa: a margine di un incontro in Prefettura, e in piena campagna elettorale per le Comunali, Oliverio disse chiaro e tondo che il cantiere sarebbe stato aperto entro settembre 2015. Fu lui stesso, però, a smentirsi ancor prima che si arrivasse alla deadline che aveva indicato. A fine agosto infatti, nel corso della festa de L’Unità di Serra San Bruno, Oliverio spostò ancora l’asticella: i lavori per il nuovo ospedale vibonese – come si legge nel comunicato della Regione – sarebbero iniziati «entro la fine del mese di dicembre». Arrivati a febbraio, però, dell’apertura del cantiere non c’è ancora traccia. Si era parlato di aprile, ma c’è da risolvere un problema non certo secondario: la struttura, che costerà 143 milioni di euro, dovrà sorgere in un’area a rischio idrogeologico. Quindi ora si parla di ottobre. Forse.
Intanto, finalmente, anche i compagni di partito del governatore si sono accorti che qualcosa non va. È di ieri la richiesta, avanzata da otto consiglieri comunali del Pd, di un consiglio comunale aperto e urgente alla presenza «inderogabile» di Oliverio e della dg dell’Asp Angela Caligiuri. La manager era stata ascoltata qualche giorno prima dalla commissione Sanità guidata dal vibonese Michele Mirabello e lo stesso consigliere dem, sulla scia delle denunce di Carlo Guccione – oggi i due hanno tenuto una conferenza stampa sull’argomento -, aveva subito parlato a mezzo stampa di «inquietanti questioni in ordine al ritardo con cui si sta procedendo alla realizzazione delle opere» e aveva rilevato che «non sono ancora progettate, né finanziate, le cosiddette “opere complementari” (viabilità, impianti di depurazione, sistema idrico e fognario), senza cui è del tutto evidente che nessun ospedale potrebbe mai entrare a regime».
Per la verità l’allarme sui ritardi del nuovo ospedale l’aveva lanciato già un mese fa il consigliere forzista Giuseppe Mangialavori, ma la circostanza che oggi vede il Pd chiedere conto al Pd dei ritardi rispetto agli annunci fatti dal Pd, almeno in una regione normale, qualche interrogativo lo suggerirebbe. Al netto delle buone intenzioni dei consiglieri comunali che hanno avanzato la richiesta, infatti, non si può non leggere in questa vicenda un evidente messaggio politico che i big del Pd vibonese – a partire proprio da Mirabello e dal suo mentore, il deputato Brunello Censore – vogliono lanciare al governatore.
Quello stesso governatore che ha nominato a capo dell’Asp una manager (non vibonese) di sua stretta fiducia, nonostante nel periodo del totodg tra i dem locali circolasse con insistenza il nome del direttore sanitario Michelangelo Miceli. Invece è arrivata Angela Caligiuri da Crotone. Una sorpresa che non deve essere piaciuta troppo ai big del Pd vibonese che, mentre al pronto soccorso manca anche il ghiaccio e i medici hanno grosse difficoltà con i ricettari, scoprono all’improvviso che sulla costruzione del nuovo ospedale il “loro” governatore ha già disatteso le promesse fatte. Ora non resta che attendere la risposta che Oliverio deve ai vibonesi, con la speranza (vana) che dopo la prima-prima e la seconda-prima, la prossima pietra ad essere posata con cerimonia e taglio del nastro di rito sia l’ultima.
Sergio Pelaia
s.pelaia@corrierecal.it
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