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FATA MORGANA | I timori di Romeo per l'inchiesta sulla Lega Nord

REGGIO CALABRIA C’è un’inchiesta che più di altre ha fatto paura a Paolo Romeo.  Per molti – troppi – quell’indagine non è stata che un romanzato parto, frutto delle visioni di un pm, del…

Pubblicato il: 25/05/2016 – 9:49
FATA MORGANA | I timori di Romeo per l'inchiesta sulla Lega Nord

REGGIO CALABRIA C’è un’inchiesta che più di altre ha fatto paura a Paolo Romeo.  Per molti – troppi – quell’indagine non è stata che un romanzato parto, frutto delle visioni di un pm, della polizia giudiziaria che lo ha seguito e del gip che l’ha convalidata e trasformata in arresti e misure, eppure è l’unica delle centinaia che si sono susseguite ad aver fatto agitare l’anziano consigliori del clan De Stefano. A tutti è nota come “Breakfast”.

L’INCHIESTA Si tratta dell’indagine che ha portato all’arresto dell’ex ministro Claudio Scajola, della moglie dell’ex parlamentare Amedeo Matacena, Chiara Rizzo, dello storico collaboratore dei due coniugi, Martino Politi, e delle segretarie dei due politici, Roberta Sacco e Maria Grazia Fiordelisi. Il sostituto procuratore della Dda, Giuseppe Lombardo che l’ha istruita aveva chiesto e ottenuto un nuovo mandato d’arresto anche per Amedeo Matacena, e in un secondo momento per l’omonimo nipote dell’ex senatore Pdl, Vincenzo Speziali, ma per entrambi non è mai stato possibile eseguirlo. Protetti da legislazioni miopi, e forse non solo, entrambi da tempo godono gli agi di una latitanza dorata. Ma questo a Paolo Romeo poco o nulla importava.  

FANTASMI Per lui, l’ultimo capitolo dell’inchiesta “Breakfast” ha significato affrontare i personalissimi fantasmi di un’indagine passata, per incomprensibili rimpalli di responsabilità tra Reggio e Catanzaro, sgonfiatasi come una bolla di sapone. Ma all’avvocato, anche a distanza di anni, fa paura. Forse – dicono fonti investigative –  perché quella ricostruzione, mai come nessuna prima, era stata in grado di abbozzarne la caratura criminale. Forse perché quei fili sono tornati ad annodarsi in altre – complesse – inchieste che dalle intestazioni fittizie delle attività dei De Stefano sono riuscite a risalire la china fino alla Lega Nord, agli evidenti addentellati calabresi al suo interno, come all’interno delle grandi aziende di Stato e delle istituzioni. Una ragnatela – e la vecchia inchiesta sul “caso Reggio” lo aveva chiaramente prefigurato – che Romeo in parte ha tessuto. E rischia di soffocarlo.

«UNA BRUTTA INCHIESTA» Ai suoi interlocutori, l’avvocato Antonio Marra in primo luogo, il figlio Sebastian e gli uomini della loggia segreta che dirige subito dopo, lo dice chiaramente. L’inchiesta «è  brutta … perché l’indagine nasce … dalle risultanze dell’indagine Mafrici – Lega. Tant’è che è stato arrestato anche l’avv. Mafrici e l’avv. Politi». In realtà, l’avvocato Politi verrà solo indagato per un periodo, mentre Mafrici avvocato non lo è mai stato, non si è neanche laureato. Ma nonostante questo è finito a lavorare per il sottosegretario leghista Roberto Calderoli, come per uno dei più importanti studi di Milano, la Mgim, ma ha gestito in prima persona i più grandi e controversi affari reggini, dalle speculazioni immobiliari alle municipalizzate, inclusa l’uscita di Fiat dalla prima Ati che ha permesso la nascita di Multiservizi. Una partita che interessa la “Perla dello Stretto”, nata proprio sulle ceneri di un ex deposito Fiat, ma sembra interessare – o meglio, far tremare – soprattutto Romeo. Preoccupato – gli investigatori lo ascoltano evidenziare che «Matacena  va a chiedergli soldi a Mafrici in prestito, individuandolo, quindi, “come un finanziatore”». 

L’INCOGNITA DEL «RETROSTANTE» Ancor prima che emergano i dettagli dell’inchiesta, Romeo sa che il pm ci ha visto giusto. Come sa, e gli uomini della sua loggia con lui, quali possano essere i possibili – e a quanto pare per lui problematici –  sviluppi investigativi. «Il vero problema – commenta allarmato –  è che accelereranno sicuramente l’operazione Lega…   a Reggio…e tutto quello che c’è retrostante».  E Romeo non sembra aver bisogno di approfondimenti giornalistici per capire di cosa si tratti. Ma è proprio sui giornali che appare quello che per l’avvocato è il definitivo campanello d’allarme. Qualche giorno dopo l’arresto del ministro Scajola, diverse testate affermano che Romeo è soggetto di interesse investigativo per la Dda di Reggio Calabria, non fosse altro per l’antico – e ambiguo – rapporto che lo lega ad Amedeo Matacena. Per gli investigatori, è « il punto di partenza di un graduale cambiamento dell’atteggiamento assunto da Paolo Romeo nei confronti dei suoi interlocutori, a cui si rivolgerà con sempre maggiore cautela e con una particolare attenzione nei contenuti delle sue dichiarazioni. Un’attenzione la cui crescita è risultata direttamente proporzionale alla delicatezza degli argomenti via via trattati». Una cautela che traspare anche nei gesti quotidiani, che si trasformano quasi in un riscontro dei sospetti degli inquirenti. Tanto più Paolo Romeo si mostra cauto – spiegano fonti di procura – tanto più conferma di essere della partita. E gli investigatori non possono fare a meno di rilevare come «in talune circostanze, il Romeo abbia abbassato notevolmente il tono della voce al cospetto dei suoi interlocutori ovvero abbia preferito uscire all’esterno dei locali per parlare con maggiore tranquillità». Ma non gli basta. 

QUELLA MISSIVA A CAFIERO DE RAHO Probabilmente – suggeriscono fonti di procura – vuole sapere di più, vuole capire quanto vicino siano gli inquirenti. Per questo scrive al procuratore capo della Dda, Federico Cafiero de Raho. «Apprendo dai quotidiani di essere “utilizzato” dalla Procura di Reggio Calabria nell’ambito del procedimento penale a carico dell’on. Scajola ed altri. La notizia – scrive in quella missiva, Romeo – «mi induce a manifestarLe la mia disponibilità ad essere sentito per fornire, come è nella mia cultura e nel mio stile, tutte le informazioni che potranno servire alle indagini in corso». Ma sulla volontà di collaborare con la Dda, al sesto piano del Cedir hanno più di qualche dubbio. E non solo perché negli stessi giorni, l’accidentale scoperta di cimici e microspie nella casa del fratello Domenico lo induce a ulteriori cautele e maggiore prudenza nelle conversazioni. 

INCONTRI RISERVATI Proprio in quei giorni, gli uomini che pedinano l’avvocato hanno modo di «documentare e registrare gli incontri del Romeo con personaggi politici ovvero con appartenenti ad altri ambienti istituzionali, fino ad allora non emersi dall’attività tecnica, attesa la massima attenzione che l’indagato ha sempre palesato durante le conversazioni». Chi siano questi uomini – allo stato – non è dato sapere. Quello che però è oltremodo chiaro è il filone investigativo che tanto ha fatto agitare l’avvocato. Romeo non è nuovo alle indagini della Dda. Ma molti dei misteri che quelle investigazioni hanno individuato sono ancora irrisolti. 

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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