«Sono Salvatore, schiacciato da solitudine e burocrazia»
LAMEZIA TERME Salvatore ha 56 anni e vive a Lamezia Terme. Ogni giorno si sveglia in una casa che non gli appartiene più, dove, racconta, le parole e i saluti si sono esauriti, persi negli anni, nei…

LAMEZIA TERME Salvatore ha 56 anni e vive a Lamezia Terme. Ogni giorno si sveglia in una casa che non gli appartiene più, dove, racconta, le parole e i saluti si sono esauriti, persi negli anni, nei rancori, nei problemi e nelle malattie. Difficile stabilire chi abbia cominciato, inutile dare colpe e pretendere ragioni. Salvatore prende l’autobus ogni mattina intorno alle 10 per arrivare in centro città, a Nicastro, a gironzolare sul corso fino all’ora di pranzo e, finalmente, entrare nella mensa della Caritas e consumare un pasto caldo. Qui gli lasciano un sacchetto per la cena, che mangerà in camera sua, da solo.
La sua giornata all’aria aperta finisce presto, il tempo di tornare a casa nel pomeriggio. Quello che i servizi sociali di Lamezia Terme e il welfare in generale spesso non capiscono, e non si prendono la briga di verificare, è il divario, talvolta profondo e doloroso, che esiste tra quello che sta scritto sulla carta e la reale condizione di vita di una persona.
Salvatore nella vita ha fatto l’imbianchino ma da dieci anni vive con un sussidio di 280 euro al mese e l’80% di invalidità riconosciuta a causa di problemi respiratori, diabete e depressione (è in cura al centro di salute mentale di Lamezia). Due anni fa si è separato legalmente dalla moglie. I dissapori in famiglia, anche con i due figli, di cui uno malato, erano fortissimi e Salvatore è partito per Ravenna, ospite di una coppia di amici. Qui la vita aveva, forse, un sapore più dolce. «Giravo per la città, mangiavo a tavola con queste persone, ogni tanto facevo volontariato per il Comune», racconta.
Poi ha deciso di tornare: non voleva continuare a pesare sulla vita di chi lo ospitava e comunque, dice, desiderava riprendere un rapporto almeno coi figli. Per due giorni ha dormito alla Caritas di Sant’Eufemia. «Ma è un dormitorio, devi andare via la mattina e tornare la sera, per me era una condizione assurda».
A pesare sul suo ritorno a casa pare sia stata una denuncia fatta alla Procura di Lamezia ancora prima di lasciare Ravenna. Le forze dell’ordine hanno convocato la famiglia, hanno sentito anche suo fratello. Il peso di questa denuncia ha fatto sì che gli venisse liberata una stanza in quella che, in tempi migliori, era anche casa sua. Oggi dorme nella stanza di suo figlio il quale si è spostato in camera con la madre. Il rapporto con i figli, entrambi maggiorenni, è stato appena recuperato, dice lui, ma con la moglie non ci sono che silenzi.
Salvatore vuole andare via da quei silenzi e da quelle ore trascorse in camera da solo, ma non può. È imbrigliato dalla burocrazia. Al Caf gli hanno detto che per avere qualche diritto deve divorziare per poter fare l’Isee con lo stato di persona sola. Ma divorziando ha paura di essere cacciato da quell’unica camera nella quale oggi riesce ad alloggiare. I servizi sociali gli hanno consigliato di fare un cambio di residenza, solo allora lo aiuteranno. Ma dove? Salvatore non sa dove trasferire la propria residenza. È solo, non si sa muovere, forse non è abbastanza furbo o forse non vuole mollare quel poco che gli rimane. La questione è che per lui parlano molto le carte e poco l’umanità. Del resto, nessuno si sforza di verificare.
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it