COSENZA I pentiti Franco Bruzzese e Daniele Lamanna dovranno scontare undici anni di carcere per l’omicidio di Luca Bruni. Lo ha deciso la Corte di Assise di Cosenza, presieduta dal giudice Giovanni Garofalo (a latere Francesca De Vuono), che dopo oltre tre ore di camera di consiglio ha emesso la sentenza per la morte di Luca Bruni, scomparso il 3 gennaio 2012 e il cui cadavere è stato trovato nel dicembre del 2014 in una campagna di Castrolibero. Si tratta del procedimento con rito ordinario che vede sul banco degli imputati Franco Bruzzese, ritenuto il mandante dell’assassinio, e Daniele Lamanna, accusato di essere organizzatore ed esecutore dell’agguato al presunto reggente del clan “Bella bella”. È stato proprio il pentito Adolfo Foggetti a fare ritrovare il cadavere di Luca Bruni.
Per Bruzzese e per il neo collaboratore di giustizia Daniele Lamanna il pm della Dda Pierpaolo Bruni (oggi sostituto dal collega Giuseppe Visconti) aveva chiesto nove anni di carcere tenendo conto delle attenuanti previste per i collaboratori di giustizia.
IL DISPOSITIVO La Corte d’Assise ha emesso la sentenza e contestualmente anche le motivazioni (circa 95 pagine). Bruzzese e Lamanna sono stati condannati per i capi di imputazione 8, 9, e 10 ovvero per omicidio, detenzione illegale di armi da fuoco e occultamento di cadavere. I giudici della Corte d’Assise hanno riconosciuto le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti. I neo collaboratori sono stati condannati anche all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, a tre anni di libertà vigilata e al pagamento di 40mila euro come risarcimento danni al Comune e alla Provincia di Cosenza, che si erano costituiti parte civile e al pagamento delle spese processuali. I due sono stati anche legalmente interdetti per la durata della pena. La Corte ha revocato la costituzione di parte civile della Presidenza del Consiglio dei ministri e del ministero dell’Interno. Essendo state emesse contestualmente le motivazioni, adesso i legali di Bruzzese e Lamanna avranno 15 giorni di tempo per valutare di presentare appello alla sentenza.
BRUZZESE: «VOGLIO CHIEDERE SCUSA» «Voglio spiegare i motivi della mia decisione di collaborare con la giustizia». Il pentito Franco Bruzzese ha rilasciato dichiarazioni spontanee, collegato in videoconferenza, prima che la Corte d’Assise di Cosenza si riunisse in camera di consiglio per emettere la sentenza. Bruzzese ha precisato di «essere cresciuto in una famiglia deliquenziale e ho sempre commesso illeciti. Nella mia vita – ha detto – non ho potuto studiare ma in carcere attraverso lo studio ho capito che si può cambiare. E oggi che ho 50 anni voglio chiedere scusa a tutte le persone a cui ho fatto del male. E voglio dimostrare alla mia famiglia – soprattutto ai miei figli che non vedo da anni – che sono davvero cambiato. Il mio pentimento è profondo». Sulla stessa lunghezza d’onda il suo legale, Emanuela Capparelli che nel corso della sua arringa ha sottolineato come «Bruzzese sia solo nella sua scelta collaborativa: cioè la sua famiglia non lo ha seguito. Oggi vuole dare un segnale evidente ai suoi figli. Quando ha deciso di collaborare diceva a me e al pm Bruni di non sapere come comportarsi davanti alla legge essendo stato sempre dall’altra parte. Bruzzese ha fatto dichiarazioni contro se stesso e contro la sua famiglia. Ecco perché vanno riconosciute le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti». Al termine della sua arringa l’avvocato Capparelli ha depositato la memoria difensiva e ha chiesto che venga riconosciuta l’attenuante dell’articolo 8 e il riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti.
L’AVVOCATO DI LAMANNA «La prima volta che conobbi Daniele Lamanna, di cui non essendo cosentina non conoscevo lo spessore criminale e umano, sono rimasta colpita dalla volontà di pentirsi nella convinzione che si trattasse di una strada tutta in salita e non asfaltata». L’avvocato Caterina De Luca, difensore di Lamanna, ha evidenziato «l’aspetto emotivo del pentimento» iniziato da appena due mesi. «Questa vicenda – ha aggiunto – trattandosi di un omicidio è molto grave ma non può prescindere da un pentimento. Lamanna e Bruni (la vittima, ndr) si incontrano nel carcere di Cosenza in occasione del funerale del fratello di Luca Bruni e a lui chiede informazioni sulle notizie di pentimento di Luca Bruni. I due parlano perché c’era un rapporto di amicizia. Ed è per questo che Lamanna si oppone parlano perché c’era un rapporto di amicizia. Ed è per questo che Lamanna si oppone quando gli viene chiesto di uccidere Luca Bruni». L’avvocato De Luca ha depositato la sua memoria difensiva e aveva chiesto di tener conto delle attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti per Lamanna, collegato in videoconferenza da un sito riservato, così come Bruzzese. Nella scorsa udienza gli avvocati di parte civile, Emilio Lirangi (per il Comune di Cosenza) e Carmelo Bozzo (per la Provincia di Cosenza) hanno depositato le loro discussioni chiedendo la condanna degli imputati. La Corte attorno alle undici e quaranta si è riunita in camera di consiglio.
PROCESSO LAMPO Dopo un paio di udienze e ancora prima che il processo entrasse nel vivo, il presidente della Corte, Giovanni Garofalo, ha chiuso il dibattimento con il consenso di tutte le parti perché due mesi fa Lamanna e lo scorso 26 febbraio Bruzzese hanno deciso di collaborare con la giustizia e si sono autoaccusati del delitto. Per questo motivo, il pm Bruni ha rinunciato a sentire i suoi testimoni e ha depositato alcune informative, redatte dai carabinieri, e un elenco con tutti i verbali dei pentiti: sia quelli recenti degli imputati Bruzzese e Lamanna, ma anche le dichiarazioni già rese da Adolfo ed Ernesto Foggetti, Mattia Pulicanò, Silvio Gioia ed Edyta Kopaczynska. Nella scorsa udienza il pubblico ministero, dopo una breve requisitoria, aveva chiesto 9 anni di carcere considerando le attenuanti generiche previste per i collaboratori di giustizia. Per il delitto Bruni erano imputati anche Maurizio Rango e Adolfo Foggetti, già giudicati con rito abbreviato nei mesi scorsi. Il gup di Catanzaro, infatti, ha condannato Rango all’ergastolo e Adolfo Foggetti a sei anni di carcere (pena che tiene conto delle attenuanti generiche perché collaboratore di giustizia).
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it
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