CATANZARO Milano e il suo hinterland metropolitano non sfuggono al controllo dei clan calabresi. Questa non è una novità. Il territorio è diviso e anche una cattedrale del calcio come San Siro rientra nell’interesse della criminalità organizzata. Il collaboratore di giustizia Francesco Oliverio, ex capo del locale di Belvedere Spinello, per circa 20 anni ha risieduto e «mafiosamente operato» a Rho. Fino al 2000 nella città lombarda, come riferisce lo stesso pentito, non era stato attivato alcun locale di ‘ndrangheta. «Oliverio – la cui testimonianza è stata raccolta tra le carte dell’operazione Six Towns che martedì ha portato all’arresto di 36 persone legate al clan Marrazzo di Belvedere Spinello – riferisce che gli è stato proposto dagli Arena, dal momento che aveva le cariche e le doti di ‘ndrangheta sufficienti, di attivare un locale unitamente ad alcuni maggiorenti del locale di Legnano». Ma c’era un socio col quale Oliverio non gradiva spartire territorio e decisioni, Stefano Sanfilippo. Per questa ragione declina l’invito degli Arena con la scusa di avere problematiche da risolvere in Calabria e lascia che sia Sanfilippo ad attivare il locale di Rho. Sanfilippo, da parte sua, accoglie «di buon grado di convivere sullo stesso (territorio di Rho, nda) con la ‘ndrina distaccata di Belvedere di Spinello che riservava per sé la prelazione sul movimento terra, sul racket estorsivo in pregiudizio dei venditori ambulanti di panini in zona San Siro e sullo spaccio al minuto di sostanze stupefacenti». Dunque, il gruppo di Oliverio restava come ‘ndrina distaccata mantenendo le proprie attività, compresa quella del racket ai venditori ambulanti di panini a San Siro. Sanfilippo pone solo una clausola al gruppo di Belvedere Spinello, «essere messo al corrente in anticipo in relazione a qualsiasi azione importante – dal danneggiamento all’omicidio – che avesse in progettazione la ‘ndrina distaccata di Francesco Oliverio per non rimanere spiazzato dinanzi ad un evento imprevisto».
Il pentito racconta l’intera vicenda sintetizzandola in poche righe: «In quanto poi avevano formato il locale di Rho… avevano messo a capo, capo in testa, avevano messo Sanfilippo… avevano messo, ci presentiamo al locale di Rho, vado io con altri due paesani miei, e gli dico, essendo che ci conoscevamo e sapevano tutto del retroscena che c’era dietro che lo dovevamo attivare noi il locale, dico: mi fa piacere… dice: no, ma potete attivare qua con noi no… sei secondo misura di vertice tu, dico: no perché c’ho delle responsabilità giù in Calabria e non mi posso prendere altre responsabilità a Rho in quanto poi ci sono i miei paesani che c’hanno un locale attivo ad Erba, un certo Varca, c’erano i Rispoli che avevano un locale attivo a Legnano, noi del crotonese ci raccogliamo tra noi… però noi siamo a Rho a disposizione del locale però vi faccio presente che a me mi interessa il movimento terra, l’edilizia ed il movimento terra ed il commercio di… di… quello dei camion dei panini che mettono a San Siro queste cose qua ed attività commerciali di cui mi rispose… il capo locale di Rho mi rispose: quello che fai tu è ben fatto, noi sappiamo chi sei… l’importante che qualunque cosa fai, per non fare la figura di pulcinella davanti agli altri, se fai un’iniziativa me lo puoi anticipare, tipo fare un atto di forza contro una ditta… se vai a prendere… e… mi avete capito cosa voleva dire, magari poi arriva un capo locale di un paese vicino mi chiama e non gli so rispondere e dice che cosa rappresenti… mi puoi fare questa gentilezza di mettermi al corrente di qualunque cosa del resto, quello che fai… tuo fratello… siete tutti qua da una vita… meglio di te chi le può sapere le cose, quello che fate è ben fatto…».
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
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