CATANZARO Uno sconto di pena di otto anni, in secondo grado, per Antonio Voci, accusato di avere partecipato all’omicidio di Francesco Torcasio “Carrà”, il 7 luglio 2011. In primo grado l’uomo, difeso dagli avvocati Leopoldo Marchese e Luca Cianferoni, era stato condannato a 28 anni di reclusione. Venti anni sono stati comminati, venerdì, dalla corte d’Assise d’appello di Catanzaro che ha concesso le attenuanti generiche. L’accusa nei confronti di Voci è di avere fatto da “specchietto” per l’arrivo della vittima all’appuntamento/trappola in via Misiani a Lamezia Terme. Voci è accusato di avere inviato ai killer un sms: «107 blu», avvisandoli dell’avvicinarsi di Torcasio, il quale, tradito, credeva di partecipare a una rapina ma che in realtà stava cadendo nella trappola ordita da Giuseppe Giampà (ex reggente dell’omonima cosca e oggi collaboratore di giustizia) per ucciderlo. Il delitto di Francesco Torcasio arriva un mese dopo quello di suo padre Vincenzo, fatto fuori perché, stando alla testimonianza dell’ex reggente, interferiva nelle zone di influenza della cosca Giampà. Suo figlio, appena ventenne, venne ucciso per paura che volesse vendicare la morte del proprio padre.
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
x
x