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SOLDI SPORCHI | L’inchiesta dell’Antimafia imbarazza “Sila sviluppo”

COSENZA Investe la Sila un pezzo dell’inchiesta che ha svelato i presunti legami tra l’imprenditoria “pulita” della regione e i clan di ’ndrangheta. E tra i monti provoca più di qualche imbarazzo, …

Pubblicato il: 25/01/2017 – 7:08
SOLDI SPORCHI | L’inchiesta dell’Antimafia imbarazza “Sila sviluppo”

COSENZA Investe la Sila un pezzo dell’inchiesta che ha svelato i presunti legami tra l’imprenditoria “pulita” della regione e i clan di ’ndrangheta. E tra i monti provoca più di qualche imbarazzo, sia nel mondo politico che in quello delle imprese. 
L’imbarazzo dipende dal coinvolgimento (e dal sequestro, disposto dalla Procura antimafia di Reggio Calabria) della Ingeos, società edilizia con sede ad Acri e molti appalti sparsi nella provincia di Cosenza. Secondo i magistrati antimafia, l’azienda farebbe parte di un consorzio imprenditoral-mafioso il cui scopo sarebbe stato quello di mettere le mani su alcuni tra i più grossi appalti del Reggino. L’accusa messa nero su bianco è di quelle pesanti: la società apparterrebbe «al cartello di imprese facenti capo ai Bagalà», a loro volta legati al potente clan dei Piromalli. Ingeos fa parte del “Consorzio stabile Kalos” assieme a Novartis e Nobel, altre due ditte sequestrate. Quel consorzio, secondo gli inquirenti, avrebbe partecipato «alla gara avente a oggetto i “lavori di costruzione del nuovo liceo scientifico nel comune di Bagnara Calabra” indetta dalla Stazione unica appaltante di Reggio Calabria, con mezzi fraudolenti» e contando su aderenze illecite all’interno dell’ente.
Un bubbone, quello scoperchiato dalla Dda di Reggio Calabria, che è esploso anche nel Cosentino. La Ingeos, in particolare, è una ditta che ha le radici ben piantate nell’altopiano silano. In quell’area ha vinto un appalto importante: il restauro del Convento di San Francesco di Paola a Spezzano Sila. Valore: 960 mila euro circa. Il sito dell’azienda è prodigo di foto che raccontano i lavori, a partire dalla riapertura delle aree interne, avvenuta lo scorso 2 aprile. Non sarà una grande opera come quelle a cui puntava il Gruppo Barbieri, ma si tratta di un progetto importante, inserito all’interno di un Pisl (Piano di sviluppo locale) mirato alla valorizzazione dei centri storici d’eccellenza e denominato “Sulla strada di Francesco e Gioacchino”. 
Il coinvolgimento della Ingeos nella maxi inchiesta che ha svelato le compromissioni tra imprenditori e clan non è passato inosservato, a Spezzano come nel resto dei Comuni dell’area. Anche in quelli dove “Ingeos” dice poco, tutti conoscono Michele Molinari, il titolare dell’impresa. Molinari è al timone della società nella quale si ripongono molte delle speranze di sviluppo del territorio. La “Sila sviluppo scarl” – nata nel 1999 come soggetto responsabile del Patto territoriale siano – è chiamata a sfruttare le opportunità offerte dai fondi europei, a elaborare strategie, attuare piani di intervento e mettere in rete progetti e iniziative. Sarebbe fin troppo facile, e forse ingiusto, ricordare che uno dei progetti realizzati in passato è quello della discarica di Celico. Meglio pensare al futuro, e il cda chiamato a disegnarlo è presieduto proprio Molinari, pure lui sfiorato dall’inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Molinari ha ottimi addentellati nella politica: proviene da un Comune tradizionalmente centrista come Acri ma è stato scelto per guidare l’agenzia di sviluppo locale dell’area più “rossa” della provincia più “rossa” della Calabria. Ha ottimi rapporti anche con il Partito democratico. 

Assieme a lui siedono nel consiglio d’amministrazione Mauro Zumpano, in qualità di presidente regionale della Cna (è il vicepresidente, anche lui di Spezzano Sila) e l’avvocato Francesco De Vuono (amministratore delegato).
Molinari, che non è indagato, viene citato nell’inchiesta sia come amministratore di Ingeos che come socio al 51% della Ingeos consulting. Questa società possiede il 34% del capitale sociale della Thecnix. Le altre quote appartengono a Bruno Madaffari (33%) e Francesco Bagalà (33%), due degli imprenditori fermati dalla Dda di Reggio Calabria nel blitz dello scorso 19 gennaio. 
 
Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it
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