CATANZARO L’associazione La Kasbah Onlus, che si occupa di accoglienza e immigrazione, alla luce delle ultime indagini condotte dalle Procure di Cosenza e Catanzaro, che hanno messo in luce la violazione dei diritti dei migranti, ha «conferito procura speciale all’avvocato Eugenio Naccarato, del foro di Cosenza, per valutare l’opportunità di costituirci parte civile negli instauranti procedimenti, anche per evitare che queste brutte vicende vengano archiviate come già successo durante l’Emergenza Nordafrica». I procedimenti cui si riferisce la nota inviata da La Kasbah sono l’operazione condotta a Camigliatello con la quale la Procura di Cosenza ha contestato ad alcuni “gestori dell’accoglienza” il nuovo reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro e l’operazione della Dda di Catanzaro, “Jonny” che ha messo in luce le storture nella gestione del Cara Sant’Anna di Crotone.
Per quanto riguarda l’indagine cosentina, «alcuni migranti – dice la nota – hanno finalmente trovato la forza di denunciare una situazione già nota alle autorità competenti, anche a seguito delle visite realizzate dagli attivisti della campagna lasciateCIEntrare. Complessivamente, nel territorio silano, una trentina i rifugiati sfruttati in nero per somme oscillanti tra i 15 e i 20 euro per una giornata lavorativa di 10 ore. Quello che è emerso dall’operazione di Camigliatello, tuttavia, è solo la punta dell’iceberg di una situazione generalizzata e diffusa in larga parte della nostra regione in cui i migranti, posti in condizioni di inferiorità giuridica dal nostro ordinamento, sono costretti a cedere a ricatti e minacce, a Camigliatello così come a Rosarno, nella piana di Sibari così come in quella di Gioia Tauro. Mano d’opera a bassissimo costo, ricattabile e senza diritti».
Qualche settimana dopo, la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, guidata dal procuratore Nicola Gratteri, nell’ambito della maxi-operazione “Jonny”, traeva in arresto 68 persone tra cui Leonardo Sacco, presidente della sezione Calabria e Basilicata della Confraternita Misericordia che da oltre 10 anni gestisce il Cara di Crotone, nonché il parroco del paese, don Edoardo Scordio, storico fondatore della Misericordia, entrambi accusati di associazione mafiosa. Sono loro, secondo gli investigatori della polizia, dei carabinieri e della guardia di finanza, i veri promotori dell’organizzazione criminale che faceva capo al clan Arena. Attraverso la Misericordia e Sacco, infatti, la cosca Arena, era riuscita ad aggiudicarsi gli appalti indetti dalla prefettura di Crotone per le forniture dei servizi di ristorazione al centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto e di Lampedusa. Appalti che venivano affidati a imprese appositamente costituite dagli Arena e da altre famiglie di ‘ndrangheta per spartirsi i fondi destinati all’accoglienza dei migranti, comunica la Onlus cosentina che sottolinea come l’operazione Jonny «rappresenta una sorta di triste risarcimento morale per centinaia di migliaia di migranti transitati da uno dei campi più grandi di Europa. Per oltre 12 anni, come associazione, abbiamo raccolto testimonianze, racconti di ordinaria repressione e di abusi, denunciando disordini, “incidenti” e trattamenti degradanti nei confronti dei richiedenti asilo trattenuti all’interno del centro, frutto di una gestione dell’immigrazione che calpesta e offende l’umanità tutta».
Ma i soprusi venuti alla luce con le recenti indagini, pur rappresentando una grave ferita all’accoglienza e «un danno anche nei confronti di chi quotidianamente si batte e si impegna» per la tutela dei diritti dei migranti, non fermerà associazioni come La Kasbah che comunica di avere dato procura all’avvocato Naccarato per valutare l’opportunità di costituirsi parte civile negli instauranti procedimenti e lancia un appello «alle realtà associative del territorio di valutare la possibilità di esercitare, al nostro fianco e a quello dei migranti, azioni civili al fine di tutelare i diritti dei richiedenti asilo e rifugiati che giunti nel nostro paese vorrebbero solo avere la possibilità di ricostruire le proprie vite, interrotte da guerre e persecuzioni».
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