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Il Centro di salute mentale del Reventino rischia di scomparire

DECOLLATURA Organizzavano viaggi, una serra per coltivare le piante, iniziative culturali, hanno persino contribuito alla rinascita dell’abbazia benedettina di Santa Maria di Corazzo, oggi luogo d…

Pubblicato il: 08/08/2017 – 13:19
Il Centro di salute mentale del Reventino rischia di scomparire

DECOLLATURA Organizzavano viaggi, una serra per coltivare le piante, iniziative culturali, hanno persino contribuito alla rinascita dell’abbazia benedettina di Santa Maria di Corazzo, oggi luogo di approdo di tante iniziative culturali. Il Centro di salute mentale ex Reventino, a Decollatura, in provincia di Catanzaro, è una realtà di eccellenza – un’eccellenza nata dal basso e dalla buona volontà dei medici e dei volontari – che rischia di scomparire. L’allarme lo lanciano i soci dell’associazione lametina “SS Pietro e Paolo”, attivi nel sociale e nelle attività che riguardano il Csm. I volontari, guidati da Antonio Mangiafave, si rivolgono ai sindaci del comprensorio montano affinché li sostengano e si mobilitino per scongiurare la chiusura del Centro di salute mentale. «Come a voi noto, senza molti clamori e tra mille difficoltà, questo Centro rappresenta una vera eccellenza del territorio dove operano professionisti d’alto livello e diversi volontari fortemente impegnati. Un Centro diurno che ha  saputo contribuire a migliorare la salute mentale di tantissimi utenti e alleviando i gravi disagi delle famiglie coinvolte, facendo a volte piccoli miracoli», scrivono.

SERENITÀ PER LE FAMIGLIE Grazie alle attività create nel Centro, alla filosofia della condivisione, all’apertura con la realtà esterna, il Csm riusciva a garantire sollievo anche per le famiglie dei pazienti, molto spesso gravate del peso di gestire la malattia senza alcun supporto umano. «Questo Centro, che è l’anima del Csm, si distingue da tanti altri quale luogo d’incontro terapeutico e riabilitativo essenziale in cui utenti, familiari e medici si ritrovano fianco a fianco, a consumare assieme il pranzo, a chiacchierare, a condividere emozioni, costituendo una realtà  in cui si abbatte definitivamente ogni barriera mentale: passaggio fondamentale per ogni guarigione».

UNA PERICOLOSA DERIVA Il Csm del comprensorio montano offre il servizio di ambulatorio, per cinque giorni alla settimana, che riguarda la diagnosi e le terapie farmacologiche. Ma, aspetto essenziale, offre il servizio diurno che riguarda l’aspetto riabilitativo, dalla psicoterapia alla terapia occupazionale (quindi attività di autonomia personale). Per questo servizio anche da Lamezia Terme molti pazienti si rivolgono a Decollatura. Secondo le linee guida il servizio diurno dovrebbe essere garantito sei giorni su sette ma attualmente hanno dovuto ridurre le giornate a due per settimana. Senza contare che non c’è più uno psicologo fisso e l’assistente sociale è presente solo una volta alla settimana. «Purtroppo – prosegue l’appello – parecchie attività stanno sfumando, nonostante la resistenza di dottori, volontari, pazienti e famiglie, soprattutto da quando il Centro ha dovuto ridurre le giornate d’apertura settimanali, nella sua attività diurna, a due giorni perché i suoi operatori sono stati incaricati a fare la spola con il Centro di salute mentale di Lamezia Terme». Il problema non è solo l’apertura ridotta a due giorni a settimana ma anche la fuga dei medici, costretti a partire perché dopo anni di servizio non vengono stabilizzati. «Occorre, tra l’altro, sottolineare che uno degli psichiatri, che lavora da anni nella struttura, non essendo ancora stato strutturato, partirà privando lo stesso Csm di un grande professionista e i suoi pazienti di una una guida efficace ed affidabile».

MOBILITIAMOCI Il territorio montano vede così depauperati i propri presidi. Un altro esempio? L’assistenza domiciliare integrata (Adi) d’estate va in vacanza insieme all’unica infermiera. Peccato che i moltissimi anziani, soli e in condizioni di disagio, non possano permettersi di mandare in ferie malattie e bisogni. «Segnaliamo, inoltre – scrivono i volontari-, un’altra gravissima situazione relativa al servizio Adi con cui condividiamo la struttura del Csm. Esiste un’unica infermiera che si occupa delle visite domiciliari. Consideriamo assurdo che in sua assenza, come si sta verificando in questa calda estate, non si provveda a inserire un sostituto per garantire assistenza ai malati, soprattutto in considerazione che tra loro ci sono moltissimi anziani soli e in condizioni di disagio». Senza contare il caso a sé rappresentato dall’ospedale di Soveria Mannelli.
L’appello rivolto ai sindaci della vasta area montana è di mobilitarsi per fermare l’emorragia dei presidi sanitari, causa non ultima dello spopolamento dei paesi. «Seriamente preoccupati per le sorti di questa realtà, vi invitiamo a riflettere sulla situazione e a mobilitarvi per aiutarci a scongiurare i rischi prospettati. Basterebbe infatti incanalare “poche risorse” per l’inserimento di personale adeguatamente formato e il mantenimento del personale già presente per mantenere e rendere impeccabile il servizio del Csm, contribuendo a far fiorire nuove attività e laboratori di supporto alle terapie mediche».

Alessia Truzzolillo

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