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Autobomba a Limbadi, i Di Grillo-Mancuso respingono le accuse

Sette ore di udienza per la convalida dei fermi emessi dalla Dda per l’assassinio di Matteo Vinci e il tentato omicidio del padre. La difesa contesta anche la ricostruzione degli inquirenti sulla “be…

Pubblicato il: 27/06/2018 – 20:15
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Autobomba a Limbadi, i Di Grillo-Mancuso respingono le accuse
VIBO VALENTIA Una lunga udienza quella che questa mattina si è svolta davanti al gip di Vibo Valentia per gli interrogatori di garanzia degli indagati fermati lunedì scorso con l’accusa di essere, a vario titolo, responsabili e partecipi dell’omicidio di Matteo Vinci, 42enne ucciso da un’autobomba a Limbadi, del tentato omicidio del padre della vittima, Francesco Vinci, delle aggressioni ai componenti della famiglia Vinci e delle estorsioni per ottenere per proprietà di alcuni loro terreni. Dalle nove alle 16 gli indagati – Rosaria Mancuso (foto), il marito Domenico Di Grillo, le figlie Lucia e Rosina Di Grillo, il genero Vito Barbàra (marito di Lucia) e il fratello di Rosaria, Salvatore Mancuso – hanno sfilato davanti al giudice delle indagini preliminari per essere interrogati. Hanno risposto tutti tranne Domenico Di Grillo e tutti hanno respinto le accuse contenute del decreto di fermo emesso dalla Dda di Catanzaro. L’avvocato Giuseppe Di Renzo, che difende tutti i componenti della famiglia eccetto Salvatore Mancuso e Rosina Di Grillo, ha chiesto la non convalida del fermo per difetto di gravità indiziaria su diverse imputazioni. Nessuna ricostruzione effettuata dagli investigatori, secondo il legale, fotografa le contestazioni fatte, ossia la pianificazione e la messa in atto dell’attentato con cui il 9 aprile scorso ha perso la vita Matteo Vinci. Contestato anche l’imprimatur che vedrebbe la “benedizione” che la famiglia di Rosaria Mancuso avrebbe ricevuto da Antonio Mancuso, “zio ‘Ntoni” per l’esecuzione dell’agguato. Nella conversazione intercettata Rosaria Mancuso parla col nipote Domenico, figlio di suo fratello Diego, per lamentarsi del fatto di avere un problema con la parte della famiglia dell’altro fratello Giuseppe, alias Peppe “‘mbrogghia”, visto che alcune nipoti non le rivolgevano più il saluto «da quando è successo». Nel corso dell’intercettazione vi è il seguente dialogo: «Rosaria: “Sono andata da ‘Ntoni e avevo il timore… e mi sono presentata”. Mico: “E tu lo zio ‘Ntoni dici tu? Tuo fratello?”. Rosaria: “No! Lo Zio ‘Ntoni quello che avete avuto la benedizione”». Secondo gli inquirenti «per realizzare l’azione delittuosa, la donna, per sua stessa ammissione si era recata dallo zio Antonio Mancuso (classe ’38, zio di Rosaria in quanto fratello del defunto padre Domenico classe ’27) per ricevere la “benedizione”», ossia il consenso a portare a termine l’omicidio. Ma secondo la difesa non si tratta di “Zio ‘Ntoni” perché la nipote dice di essersi presentata, cosa che non avrebbe avuto senso fare di fronte a un parente. Inoltre, rivolgendosi al nipote, dice: «Quello che avete avuto la benedizione», mentre avrebbe dovuto dire «abbiamo». La difesa inoltre contesta la reclusione di Domenico Di Grillo perché ultrasettantenne e di Lucia Di Grillo perché madre di un bambino di età inferiore a sei anni. Nelle prossime ore il gip dovrebbe pronunciarsi sulla convalida del fermo e sulle misure cautelari.

Alessia Truzzolillo a.truzzolillo@corrierecal.it

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