VIBO VALENTIA Martino Ceravolo e la moglie Anna non trovano pace. Difficile pensare che qualsiasi genitore possa riuscirci quando un figlio viene strappato alla vita a soli 19 anni, vittima innocente della violenza dei clan della ‘ndrangheta. Filippo è stato ucciso il 25 ottobre del 2012 sulla strada che collega Soriano a Pizzoni, nel Vibonese, ma sebbene dalle indagini sulla sua morte – poi archiviate – sia emersa «tutta una serie di dati, anche seri, di sospetto circa la probabile partecipazione degli indagati all’agguato», i sospettati, coinvolti nella faida tra i clan delle Preserre, non sono ancora stati assicurati alla giustizia. Intanto Martino e Anna continuano a invocare verità e giustizia, ma più passa il tempo e più la disperazione si fa strada nel loro animo, tanto da indurli più di una volta a pensare di mettere in atto gesti estremi. Ciò è successo fino ai giorni scorsi, così il loro legale, l’avvocato Giovanna Fronte, ha scritto alla Dda di Catanzaro – in particolare al procuratore Gratteri e ai pm Falvo, Mancuso e Frustaci – esponendo agli inquirenti la situazione drammatica che stanno vivendo i suoi assistiti.
«Da qualche mese – scrive l’avvocato Fronte – ricevo presso il mio studio il Signor Martino Ceravolo il quale mi rappresenta la sua volontà di compiere gesti estremi poiché non riesce a sopportare l’idea che il fascicolo delle indagini per l’omicidio di Filippo sia stato archiviato». L’archiviazione del procedimento penale sull’omicidio di Filippo, avvenuta nel maggio del 2016, appare agli occhi dei genitori «come una sorta di totale volontà di accantonare irrimediabilmente e definitivamente il caso, nonostante più volte siano state fornite delle rassicurazioni».
«Da quando è venuta a mancare la collega che mi ha egregiamente preceduta, l’avvocato Turcaloro, ho cercato di convincere il Ceravolo – scrive ancora il legale della famiglia – a desistere da azioni eclatanti e di avere fiducia nel pool di magistrati della distrettuale che si occupano del caso e del vibonese. Credo però che la situazione mi sfugga di mano in quanto il Ceravolo non intende più aspettare e comunque ascoltare i miei consigli e giusto nella giornata del 2 luglio scorso mi rappresentava ulteriormente le sue intenzioni scendendo anche nei particolari della fattibilità del gesto che ritengo estremamente pericoloso per la sua incolumità personale».
Filippo Ceravolo, è emerso dalle indagini, è stato ucciso dai pallettoni della ‘ndrangheta solo perché aveva chiesto un passaggio alla persona sbagliata, Domenico Tassone, 30enne ritenuto vicino al clan Emanuele che, secondo gli inquirenti, sarebbe stato il vero bersaglio dei sicari della cosca rivale dei Loielo.
L’APPELLO DELLA SENATRICE GRANATO «Mi appello al procuratore Nicola Gratteri, di cui apprezzo il rigore e la sensibilità, perché sia fatta giustizia sulla morte di Filippo Ceravolo, ucciso nel 2012 a soli 19 anni, nei pressi di Soriano Calabro». Lo afferma, in una nota, la senatrice M5s Bianca Laura Granato, che aggiunge: «Mi preoccupa la notizia, data dalla legale dei familiari del ragazzo, Giovanna Fronte, per cui il padre e la madre di Filippo, addolorati dall’archiviazione delle indagini, pensano spesso di mettere in atto gesti estremi. Esprimo alla famiglia Ceravolo tutta la mia vicinanza umana e istituzionale». «Perciò – prosegue la parlamentare 5stelle – andrò a parlare con il dottor Gratteri, che, oltre a svolgere una costante opera di repressione della criminalità sta distinguendosi per i messaggi di speranza e coraggio nei confronti dei più giovani. Qualcuno ha stroncato la vita di Filippo ed è rimasto impunito. Questo lo Stato non può consentirlo, soprattutto in una regione come la Calabria, in cui la ‘ndrangheta e i colletti bianchi producono continua emigrazione e distruggono l’economia e il futuro delle nuove generazioni». «Confido – conclude Granato – nella grande professionalità e risolutezza del dottor Gratteri».
Sergio Pelaia
s.pelaia@corrierecal.it
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