di Sergio Pelaia
CROTONE È l’altra faccia della medaglia, quella di chi fa il proprio dovere nonostante difficoltà enormi. Una storia più comune di quanto si possa pensare, che emerge dal racconto di chi opera in un territorio tristemente famoso da anni per le ferite ambientali che ha subìto. Le audizioni che la commissione Ecomafie ha tenuto in riva allo Stretto nello scorso aprile hanno fornito un quadro non certo rassicurante: magistrati, dirigenti pubblici e vertici delle forze dell’ordine hanno spiegato ai parlamentari dell’organismo d’inchiesta come vanno le cose in Calabria in materia di depurazione e rifiuti. Non bene, ovviamente, e dai resoconti degli interlocutori della Commissione emerge come l’Arpacal non sia in grado di fare i controlli e come su ciò ci sia un costante “conflitto” di competenza con altri enti. Una situazione che evidentemente la Regione, da cui Arpacal dipende, non vuole o non riesce risolvere. Soprattutto perché non ha mai dotato l’Agenzia – come invece accade nelle altre Regioni – di fondi, strumenti e personale necessari a svolgere il ruolo che la legge le assegna.
«HO IMPLORATO LA REGIONE» A leggere il resoconto dell’audizione dei vertici dell’Arpacal (qui il testo integrale) salta agli occhi la differenza tra la genericità delle dichiarazioni di chi sta ai vertici dell’Agenzia (in questo caso l’ormai ex commissaria Maria Francesca Gatto) e l’accuratezza di chi invece lavora sul campo, magari andando ben oltre il “minimo sindacale” e senza avere mai in cambio alcuna gratificazione. A raccontare cosa succede dalla parte della barricata in cui questi ultimi si trovano ogni giorno è il procuratore di Crotone, Giuseppe Capoccia (foto da Il Crotonese), che parla alla commissione Ecomafie di «una totale sottovalutazione dell’impegno che ci vuole da parte delle istituzioni per risolvere il problema dell’inquinamento dovuto all’attività industriale negli scorsi decenni». A Crotone, è noto, l’ambiente è stato violentato in nome di uno sviluppo che si è tradotto in tutt’altro e, oggi, «io ho a che fare – dice il procuratore – con un’Arpacal che a Crotone, area Sin, ha due funzionari!». «Ho implorato gli organi centrali della Regione di mandare qualcuno in missione, perché due persone – spiega ancora Capoccia – o sono su una discarica o sono su un’altra».
FUNZIONARI «EROICI» La città di Pitagora rappresenta insomma un fronte «ampio» della battaglia contro l’inquinamento e solo due persone, evidentemente, non possono fare tutti i sopralluoghi che servirebbero. Le parole del procuratore non hanno bisogno di ulteriori commenti o interpretazioni: «È una situazione incredibile – dice ancora davanti alla commissione Ecomafie – perché le imprese come Sovreco o altre imprese come le due centrali di produzione a biomasse sono società che devono essere sottoposte a controlli, e i controlli sono a loro carico, nel senso che pagano denari ad Arpacal perché faccia i controlli periodici. Sarebbe quindi un ulteriore modo di acquisire mezzi finanziari per questi enti pubblici, e io devo raccomandarmi con loro, con questi due eroici funzionari, per fare i controlli nell’area di bonifica di Syndial, cioè di una partecipata Eni, piuttosto che andare a vedere le discariche di Sovreco che sono vicino Papanice oppure andare a vedere la qualità dell’aria a Papanice, perché c’è un comitato che ha chiesto a me di dare una mano per il controllo della qualità dell’aria di questa grande discarica Sovreco, che in linea d’aria è vicina all’abitato di Papanice».
LE BONIFICHE Il problema riguarda anche la destinazione dei rifiuti che con le bonifiche dovranno essere rimossi da due discariche e portati altrove. Mentre una terza discarica, sempre nell’area industriale, «per quanto non si sappia o non sia stato divulgato», è stata «completamente svuotata, sono scesi ad oltre cinque metri di profondità, trovando il terreno vegetale». Per il procuratore è poi una «soddisfazione personale» che con un altro procedimento che riguarda la zona industriale sia stato ripristinato un corso d’acqua «che era completamente tombato, di cui si era impossessata Eni, che è stato ricostruito in maniera perfetta, ripristinando la possibilità che le acque piovane che allagano la parte archeologica, che è a lato della 106, possano finire regolarmente a mare».
LA «GUERRA» DELLE DISCARICHE Ma la «guerra per cui la togliamo di qui, ma da qualche altra parte bisogna metterla», ammette Capoccia, sarà quella sulla collocazione dei rifiuti provenienti da quell’area «e lì la partita è squisitamente politica, sono le autorità che dovranno decidere dove metterla». Vale la pena ricordare che quella di Sovreco «è al momento l’unica discarica funzionante in tutta la Calabria ed è prossima all’esaurimento, è stata già autorizzata per un incremento della sua capacità e certamente non è in grado di ricevere questi rifiuti dalle due discariche che saranno smantellate, quindi è un problema che andrà affrontato». Se quindi le bonifiche vanno senza dubbio eseguite, bisogna anche «porsi il problema successivo, perché diversamente non si riesce… né si può pensare di far fare a questi rifiuti migliaia di chilometri». (s.pelaia@corrierecal.it)
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