di Pablo Petrasso
C’è anche una bottiglia di scotch Macallan single-malt da 6.500 dollari tra i beni che la polizia canadese ha sequestrato ad Angelo Figliomeni, considerato il capo del “Siderno Group of crime” nell’area di Toronto. C’erano due Ferrari nel suo garage, mucchi di soldi accatastati in casa e orologi Rolex (vi avevamo raccontato i sequestri in questo servizio). Può sembrare “normale” per chi è abituato a seguire il versante italiano delle vicende di mafie, ma in Canada è un salto di qualità investigativo. E non è un caso che le forze dell’ordine, Oltreoceano, abbiano piazzato i risultati del blitz a favore degli obiettivi: non il solito sequestro di cocaina e armi ma soldi (una montagna) e beni di lusso. Nei giorni successivi il lavoro investigativo è proseguito: uffici immobiliari, società finanziarie, un contabile, un ex banchiere, società di costruzioni. Tutti perquisiti dalla polizia, fino al congelamento di 400-500 conti bancari.
La guerra ai soldi della ‘ndrangheta in Canada è cominciata. Ed è una prospettiva inedita. “Follow the money”, l’espressione nata negli Usa ed elevata da Giovanni Falcone a sistema investigativo, diventa un paradigma anche per il capo della Polizia regionale di York, Eric Jolliffe. «Per abbattere l’organizzazione criminale ci siamo concentrati sull’attacco alla loro capacità finanziaria, sul riciclaggio di denaro sporco e i grandi profitti generati dal crimine, che queste organizzazioni hanno costruito nel corso dei decenni permettendo loro di proliferare».
Il clan Figliomeni è il primo obiettivo del nuovo corso investigativo inaugurato in Canada. «Hanno beneficiato dei profitti criminali per generazioni, si sono concessi una vita sfarzosa alle spalle dei cittadini rispettosi della legge», dice Jolliffe al National Post. Per seguire il denaro, gli esperti forensi della Canada Revenue Agency (una sorta di Agenzia delle Entrate) hanno addirittura partecipato al blitz nelle scorse settimane. Gli investigatori non lesinano frasi a effetto: «Come Al Capone, pensava di non essere tenuto a denunciare i proprio redditi. Si sbagliava», spiega Stéphane Bonin, direttore della divisione investigativa del Cra.
E dunque, Figliomeni, per il quale la Dda di Reggio Calabria segnala «un’appartenenza alla ‘ndrangheta» addirittura «con riferimento al periodo sino al dicembre 1992», è accusato in Canada di aver nascosto redditi fino a circa 4,5 milioni di dollari nelle sue dichiarazioni dei redditi tra il 2015 e il 2017. L’idea non è soltanto quella di colpire i patrimoni mafiosi, ma anche quella di basare indagini e processi sui documenti e non sulle testimonianze, spesso macchiate dalla paura. I numeri non hanno paura.
Una parte del lavoro di indagine ha portato i poliziotti a seguire i sospetti nei casinò legali dell’Ontario quasi tutte le sere. Giocavano fino a 50mila dollari: tutto denaro sporco, secondo l’accusa. Ne perdevano fino al 10-20%, ma il resto tornava pulito, legittimo provento di una serata di gioco d’azzardo. Le stime? Circa 70 milioni di euro – secondo fonti investigative – sarebbero stati ripuliti attraverso i casino nel giro di pochi anni, secondo gli inquirenti. Altro snodo del riciclaggio: una società finanziaria per l’acquisto di auto di Vaughan, la Option B Solutions. Uno dei suoi dirigenti, Salvatore Oliveti, è stato arrestato ad Halifax: è considerato uno dei membri del clan.
Case e auto lussuose, voce in capitolo nei contrasti sorti nella Locride, attività finanziarie e commerciali. La bella vita degli ‘ndranghetisti di Siderno nella “Greater Toronto Area” è, forse, una “scoperta” per l’opinione pubblica canadese. Ma la malapianta ha radici profonde. Ne parla, già nel febbraio 2015, la moglie di uno degli indagati. Per la Dda di Reggio Calabria, il clan ha un grande «potere economico ottenuto attraverso la gestione dei giochi illeciti e del riciclaggio». «In Canada mio marito – dice la donna – si occupa di un locale bar paninoteca, sito a Toronto, insieme al fratello». Un’attività comune, ma c’è dell’altro. I Figliomeni, infatti, segnalano ancora i magistrati antimafia reggini «avevano dei forti interessi nella gestione del casinò “Rama Resort”, situato a Rama (Ontario) e che mantenevano rapporti con diversi (criminali) italiani, tra cui il noto Carmine Verduci e Sam Calautti, entrambi assassinati». Una rete criminale cementata da gioco d’azzardo e riciclaggio. Macinava milioni di euro. Intanto, in quartieri tranquilli, i boss sorseggiavano whisky da 6.500 euro a bottiglia. Fino a una una mattina di metà luglio: la bella vita canadese potrebbe essere solo un ricordo. (p.petrasso@corrierecal.it)
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