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Sanità privata, il Consiglio di Stato boccia lo stop automatico alla proroga dei contratti

Cancellato il decreto commissariale del 2018 che poneva fine all’estensione dei rapporti con laboratori e case di cura in caso di mancati accordi con le Asp. «Giusto mantenere la clausola per garan…

Pubblicato il: 29/01/2020 – 22:51
Sanità privata, il Consiglio di Stato boccia lo stop automatico alla proroga dei contratti

CATANZARO Il Consiglio di Stato azzera quasi un anno e mezzo di politiche della struttura commissariale riguardo ai rapporti giuridici ed economici tra le Aziende sanitarie e i privati accreditati. Lo fa accogliendo il ricordo presentato da due strutture cosentine – Biocontrol Imaging e Casa di Cura Scarnati, entrambe difese dall’avvocato Enzo Paolini – che chiedevano di cancellare la sentenza del Tar con la quale era stata confermata la legittimità del decreto numero 174 del 15 ottobre 2018. Fuori dal burocratese: l’atto firmato dal commissario al Piano di rientro eliminava l’automatismo della proroga dei contratti con una frase, cioè sostituendo la previsione di proroga del contratto nell’anno successivo «sino alla stipula dell’eventuale successivo contratto» con le parole «non è ammessa proroga automatica e/o tacita».
Lo stop alla proroga automatica ha rappresentato una rivoluzione alla quale le strutture si sono opposte sottolineando l’«eccesso di potere», l’«illegittimità per disparità di trattamento, violazione dei principi di parità tra pubblico e privato e delle regole di libera concorrenza del Sistema sanitario nazionale» e l’«insufficienza della motivazione e violazione della libera scelta da parte del cittadino».
Il secondo grado della giustizia amministrativa ha ribaltato la decisione del Tar. Per i giudici del Consiglio di Stato la proroga in sé non rappresenta un prolungamento sine die del contratto tra sistema sanitario e struttura privata, perché la durata dei rapporti economici dipende sempre e comunque dalle decisioni della pubblica amministrazione, che nella fase di accreditamento verifica la funzionalità delle strutture e le ammette nel “sistema”. Da quel momento in poi, case di cura e laboratori entrano di fatto nel servizio pubblico e contribuiscono al processo attraverso il quale si assicura il diritto alla salute e i livelli essenziali di assistenza.
In sostanza, si legge nella sentenza, «la clausola eliminata» con la decisione del commissario «risultava funzionale al sistema e finalizzata al regolare svolgimento del sistema sanitario, mentre appare del tutto sproporzionata rispetto al fine (contenimento della spesa) e inadeguata relativamente alla funzionalità del servizio sanitario l’eliminazione della stessa». La possibilità di prevedere un proroga dei contratti, dunque, è funzionale alla garanzia del diritto alla salute. Nè si può sostenere, come ha fatto l’Avvocatura, che il periodo di proroga sia indeterminato, perché, invece, esso «risulta chiaramente determinabile e contenibile da parte dell’amministrazione in ragione dei tempi dalla stessa dipendenti per la stipula del nuovo contratto (ovvero la proposizione del nuovo schema tipo alle strutture accreditate)».
D’altra parte, sarebbe proprio un intervento previsto dal decreto commissariale del 2019 a evidenziare «chiaramente la necessità di mantenere in essere i rapporti negoziali sino all’approvazione del successivo schema tipo di contratto».
La questione investe direttamente la programmazione sanitaria delle pubbliche amministrazioni. Che, per il Consiglio di Stato, anziché stoppare le proroghe tout court, dovrebbero attrezzarsi per tempo e intervenire rinegoziando, se dovesse essere il caso, i contratti nel senso di una riduzione della spesa. Nel caso in cui ciò non avvenga, il Commissario al piano di rientro ha la possibilita «di provvedere, per il futuro, all’emanazione di ulteriori misure, che si rendano necessarie in caso di verifica di situazioni di inerzia da parte della Amministrazioni nel provvedere – in base alle esigenze programmate – all’adeguamento contrattuale». Cancellare le proroghe, però, appare ai giudici amministrativi una misura eccessiva e contraria al mantenimento degli standard di assistenza. (ppp)

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