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Centro di Neurogenetica, Amalia Bruni: «Per evitare la chiusura serve un tavolo con il commissario ad acta»

In quelle stanze venne individuato il gene più diffuso dell’Alzheimer. La direttrice: «Non credo che ci sia una volontà di chiusura della struttura, anche il Ministero è con noi. C’è è un inghippo …

Pubblicato il: 11/02/2020 – 22:51
Centro di Neurogenetica, Amalia Bruni: «Per evitare la chiusura serve un tavolo con il commissario ad acta»

di Maria Rita Galati
CATANZARO Per guardare negli occhi la sua ricercatrice, Cristina Bertucci, laureata in scienze biomediche presso la Buckingham University di Londra, deve alzare la testa. «Avete visto, il suo braccio è la metà di me». Scherza, con l’ironia delle grandi menti la scienziata Amalia Bruni, direttore del centro regionale di Neurogenetica di Lamezia Terme. E lo fa in un giorno difficile per la struttura dove ha lavorato con costanza e determinazione per tanti anni, il Centro dove è stato individuato il gene più diffuso dell’Alzheimer, la “presenilina”, Quelle stanze, dove con grande passione – la cifra distintiva di ogni lavoro ben riuscito – si conducono gli studi sulla conoscenza della “geografia” delle malattie ereditarie che hanno permesso di compiere straordinari passi in avanti anche nell’approccio farmacologico alle demenze, rischiano di chiudere i battenti per mancanza di fondi: c’è il rischio concreto che il Centro di neurogenetica diventi un ambulatorio sanitario. Ma lei, la ricercatrice che ha conquistato anche Rita Levi Montalcini, sponsor del Centro, non si arrende. Anche il convegno organizzato nella Sala concerti del Comune di Catanzaro dalla Commissione comunale Pari opportunità – presieduta da Maria Rita Bullota che ha introdotto i lavori – nella giornata internazionale delle Donne e delle Ragazze nella Scienza, proclamata dalle Nazioni Unite nel 2015 e patrocinata dall’Unesco, diventa occasione per rilanciare la giusta battaglia a difesa della struttura dove sono impegnati decine di medici e operatori, alcuni dei quali hanno ricevuto il preavviso di licenziamento.
Nei giorni scorsi la scienziata ha scritto una lettera al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, informandolo di quanto sta accadendo, ripercorrendo le tappe del Centro che ha avuto come sponsor il premio Nobel per la Medicina Rita Levi Montalcini. Una legge regionale del 2007 aveva garantito uno stanziamento di cinquecentomila euro annui che sarebbero dovuti servire per coprire le spese del Centro. Con la promessa che per favorire la ricerca sulle malattie del cervello umano la struttura sarebbe stata dotata di una pianta organica a tempo indeterminato. Ma la cronaca di questi giorni ci racconta un’altra storia.
«Credo che soluzione per scongiurare la chiusura del Centro ci sia – afferma la dottoressa Bruni -. Non credo che ci sia una volontà di chiusura della struttura, non l’ho mai percepita, tutti si sono sempre espressi in maniera molto positiva. Quello che c’è è un inghippo di natura organizzativa e burocratica, e va superato». Il primo scoglio da affrontare, quindi, è il commissario ad acta. «So che il ministro della salute ha allertato il generale Cotticelli il ministero ci è vicino, e mi sento forte di questa vicinanza». Il Ministero alla salute ha indicato la via giusta da perseguire per ‘resistere’. «Ho chiesto al generale Cotticelli un tavolo specifico sul centro, quindi da sviluppare anche con il dirigente generale del Dipartimento Salute, Belcastro per trovare una soluzione – aggiunge ancora la direttrice del Centro di neuro genetica -. Abbiamo anche avuto modo di interloquire con la dottoressa Tancredi, commissaria dell’Asp di Catanzaro, che è una persona molto capace, speriamo che si riesca a trovare la via da perseguire. La comunicazione dell’avvio della procedura dei licenziamenti era necessaria, obbligata da parte dell’associazione per la Ricerca neuro genetica perché l’associazione che ha sostenuto il Centro per tutti questi anni e ci ha permesso di lavorare a questo livello ha raschiato il fondo del barile: abbiamo circa 125 mila euro di buco».
Dal 1 marzo, quindi, «il Centro avrà delle difficoltà enormi dal punto di vista assistenziale. Non so chi risponderà al telefono la mattina, chi sarà in grado di apre la porta, chi prenderà e archivierà le quasi 13 mila cartelle, chi scaricherà le impegnative. Questioni organizzative non banali, anche se sei un bravo medico non puoi fare a meno di un buono staff. Mi auguro – conclude Amalia Bruni – che riescano a trovare una soluzione nel più breve tempo possibile. Vogliamo continuare a lavorare, ci crediamo tutti. Ieri c’è stata una partecipata riunione dei familiari dei pazienti che sono arrivati da tutta la regione e anche da fuori, persone molto coinvolte che vogliono rivendicare la dignità di questi ammalati, hanno deciso di consorziasi per portare avanti le proprie e giuste rivendicazioni in maniera sistematica».
Ora non resta che attendere di ‘imbandire’ il tavolo i confronto, che potrebbe arrivare la prossima settimana.

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