di Luca Latella
CORIGLIANO ROSSANO Adesso solo il Consiglio di Stato, probabilmente, deciderà il “destino” del “milionario” servizio di illuminazione pubblica contestato, con tanto di ricorso, dall’amministrazione comunale di Corigliano Rossano.
La vicenda riguarda l’appalto da circa 24 milioni di euro relativo alla gestione integrata del servizio di illuminazione pubblica, della durata di quindici anni, che l’Amministrazione Stasi eredita dall’ex comune di Corigliano, dopo l’aggiudicamento della gara a luglio 2017, a tre mesi dal referendum sulla fusione. Nel lascito dell’Amministrazione Geraci alle generazioni future, Stasi ed i suoi riscontrano, a loro dire, delle anomalie. E così lo scorso 29 novembre dal Palazzo di Città viene emesso un provvedimento di revoca in autotutela firmato dal dirigente “a tempo” Francesco Amica, anch’egli ereditato da una nomina del commissario prefettizio e già dipendente del Comune di Corigliano, che Stasi mantiene al suo posto, in proroga. La disposizione comunale su cui si basa l’annullamento dell’appalto riferisce di «anomalie riscontate tra i servizi previsti in una variante non ammessa né nel capitolato né nel disciplinare né nel bando di gara» e del valore di circa 5 milioni di euro che l’Amministrazione di Corigliano Rossano reputa illegittima.
La ditta appaltatrice, attualmente ancora in servizio, presenta ricorso al Tar dal quale prima ottiene una sospensiva – a fine gennaio – poi incassa l’accoglimento del ricorso stesso nei giorni scorsi.
La sentenza del Tribunale amministrativo regionale riporta che «il ricorso è fondato nei termini» e «rigetta l’istanza dell’amministrazione resistente, reiterata da ultimo il 30 aprile 2020, tendente ad un rinvio della trattazione di merito».
Il giudizio del Tar Calabria, ancora, in alcuni passaggi sembra piuttosto chiaro. «[…]Appare al Collegio che l’amministrazione abbia operato una confusione di piani, utilizzando due istituti giuridici distinti (annullamento in autotutela del provvedimento di aggiudicazione e risoluzione del contratto) con una commistione ibrida ma impropria. Difatti, l’amministrazione ha, per un verso, ipotizzato la sussistenza, nel rapporto contrattuale in essere, di una variante non consentita dall’art. 106 d.lgs. n. 50 del 2016 rispetto all’appalto originario e, per altro verso, invece di attivare direttamente il percorso della risoluzione nei termini e modi previsti al succitato art. 108 (e dunque operando sul rapporto contrattuale mediante il succitato potere privatistico) ha esercitato il diverso potere pubblicistico di annullamento in autotutela».
Ne consegue che il Tar «accoglie il ricorso (della ditta, ndr) avverso la determinazione dirigenziale» e «condanna l’amministrazione resistente» anche «alla rifusione delle spese di lite, liquidate in € 2.000,00, oltre rimborso forfettario spese legali, IVA e CPA per legge».
Insomma, una grana di non poco conto per l’Amministrazione comunale, che probabilmente ricorrerà al Consiglio di Stato, perché ritiene che vi siano tutti gli estremi per chiudere l’esperienza con la ditta, ma senza risarcimenti milionari, paventati invece dalle forze politiche di opposizione.
«UN’ALTRA SCONFITTA CLAMOROSA PER STASI» Fra queste Civico e Popolare, il cui leader è Gino Promenzio. Sulla «Vertenza illuminazione pubblica – dichiara il capogruppo consiliare di opposizione – giunge una nuova, annunciata e clamorosa sconfitta amministrativa per Stasi e la sua giunta di dilettanti». Perché «dopo aver impegnato 18mila euro per un legale, i cittadini di Corigliano-Rossano sono condannati a rifondere oltre 2458 euro per le spese di lite».
«Era il 26 gennaio scorso – ricorda Promenzio – quando avvertivamo che, così gestita, la “faccenda” si sarebbe rivelata una spada di Damocle per le tasche dei nostri concittadini, ottenendo dal sindaco Stasi, capo di un’amministrazione che ha ormai inesorabilmente intrapreso il suo declino, la solita dose di arroganza politica, puntualmente smontata alla prova dei fatti. L’ingenuo primo cittadino – prosegue Promenzio nel ricostruire a tappe l’accaduto – tra fine 2019 e inizio 2020, durante il Consiglio comunale, incentrato sul riconoscimento dei debiti fuori bilancio, aveva detto di “essere più che sicuro delle procedure adottate dagli Uffici nella sospensione del servizio alla ditta”». Tesi, secondo il consigliere comunale, smontata dal Tar nei giorni scorsi che, respingendo il ricorso, riferisce di «“confusione di piani”. Certo – insiste Promenzio – il dirigente Francesco Amica, responsabile del procedimento, avrebbe, per come evidenziato dalla sentenza TAR, commesso errori in questa vicenda. Ma la responsabilità non può che essere tutta politica».
L’ex candidato a sindaco rincara la dose e riporta un altro passaggio della sentenza del Tar, grazie al quale scopre che «la nostra amministrazione ha agito “con eccesso di potere per sviamento, illogicità e contraddittorietà… violando i consolidati principi per i quali la legittimità di un provvedimento amministrativo, in base al principio tempus regit actum, va valutata con riferimento allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione”».
«È chiaro che siamo tutti contro gli sprechi – chiosa Gino Promenzio – e per una ferrea vigilanza su come viene speso il denaro pubblico, ma anche il dilettantismo misto ad arroganza politica finisce per gravare sempre sulle casse municipali. Non sappiamo se questa vicenda, censurata di netto dal Tribunale Amministrativo Regionale, costerà ancora tanti soldi ai cittadini di Corigliano-Rossano».
Insomma, i prossimi mesi serviranno per fare definitiva luce su una vicenda intricata, la cui genesi risale all’Amministrazione Geraci, che a tre mesi dal 22 ottobre decide di lasciare in dote ai coriglianorossanesi un contratto milionario lungo più di un decennio. (l.latella@corrierecal.it)
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