di Michele Presta
COSENZA Tenera è (stata) la notte di Domenico Lacava. Il titolo del romanzo di Francis Scott Fitzgerald ben si presta nell’interpretazione dello stato d’animo del nuovo candidato a sindaco per il centrosinistra nel comune di San Giovanni in Fiore. Tenerezza, ma anche euforia, di certo non incredulità. Fuori dai seggi per le primarie tra i due aspiranti per la candidatura a sindaco nella città di Gioacchino da Fiore le voci si rincorrevano veloci. «Ce la faremo». Per Lacava si sono mobilizzati i quartieri popolari della città e il presidente del consiglio comunale l’ha spuntata sul sindaco uscente Giuseppe Belcastro. «Tu quoque brute» avrà pensato il primo cittadino ancora in carica per un mese e mezzo. Scalzato da candidato a leader di una coalizione che oltre ai movimenti civici e parte dei dem, aveva anche dalla sua il Partito Socialista. Non è un dettaglio di poco conto, sull’altopiano silano i socialisti sono strutturati con i crismi di un partito che vive di pane e politica. Ma questa volta non è bastato. Domenico Lacava con 695 preferenze è stato incoronato leader del centrosinistra (qui la notizia). Presidente del consiglio uscente, avvocato e docente di sostegno, la passione per la politica l’ha coltivata prima nell’orto di Alleanza Nazionale. Con i “finiani” le cose non sono andate granché bene e si è avvicinato ai socialisti. Le preferenze prima della consiliatura Belcastro lo hanno portato ad accomodarsi in consiglio comunale come capogruppo del Partito Democratico, poi nella tornata dell’elezione con numeri bulgari del sindaco uscente, ad occupare lo scranno di presidente del consiglio. Cuore dell’amministrazione e regista dei lavori.
NEL CUORE DELLA NOTTE «Belcastro» «Lacava» «Belcastro» «Lacava» gli scrutatori hanno cadenzato i nomi per poco più di un’ora e mezza prima della proclamazione. La vittoria di Lacava impone una riflessione. San Giovanni in Fiore non è porto franco per la politica in provincia di Cosenza. Ha dato i natali all’ex presidente e per due volte presidente della provincia di Cosenza, Mario Oliverio, così come all’ex deputato Franco Laratta. Da sempre fortino “rosso”. Il primo è stato sponsor di Belcastro, l’altro di Lacava. “Palla Palla” è il soprannome che spesso viene affibbiato ad Oliverio. Non è un’amena località silana, da quella frazione è partito agli albori della sua carriera come dirigente del partito comunista. Una gavetta lunga, di quelle che oggi sono impensabili, costernata da preferenze personali oltre che di coalizione: consigliere comunale, deputato, presidente della provincia e di regione. Non è mai stato un mistero che sostenesse Belcastro, lo ha fatto cinque anni fa e non si è tirato indietro neanche questa volta. Ma i numeri lo danno dall’altra parte: quella degli sconfitti. La cosa rinfranca molto la nuova linea del partito, anche in considerazione dello scontro tra il commissario Marco Miccoli e gli “epurati” dal partito per aver difeso strenuamente la ricandidatura di Oliverio alla carica di presidente della Regione Calabria. C’è chi parla di una «sonora batosta» altri invece provano ad ampliare lo spettro dell’analisi anche a quello che potrebbe succedere in seno alla federazione con il gruppo a cui appartiene l’ex presidente (animato da “Azione Riformista” di Luigi Guglielmelli) messo all’angolo dalle “nuove” leve. Suggestioni per il momento. I lupi della Sila, sono duri a morire. (m.presta@corrierecal.it)
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