CORIGLIANO ROSSANO Sono «sfiniti» dai carichi di lavoro, riferiscono di «mal organizzazione» e si chiedono che fine abbia fatto il tanto sbandierato personale promesso all’ospedale di Rossano per il centro Covid. In queste ultime settimane, a più riprese le opposizioni in consiglio comunale hanno alzato la voce sul tema, su un reparto definito “fantasma”.
Il personale infermieristico del pronto soccorso, per questi motivi, si è affidato ad una missiva per lamentare tutta una serie di problemi che gravano in ultimo sui pazienti e sulla qualità del servizio sanitario, anche perché il numero delle donne e degli uomini in servizio nel reparto di emergenza, si sta assottigliando sempre di più a causa di trasferimenti verso altri presidi. Le loro rimostranze sono state inviate al Prefetto di Cosenza, Cinzia Guercio, al commissario ad acta per la sanità calabrese, Saverio Cotticelli, al commissario dell’Asp, Simonetta Bettelini, al direttore sanitario dello Spoke di Corigliano Rossano, Pierluigi Carino ed anche al sindaco Flavio Stasi, per conoscenza.
Gli infermieri del pronto soccorso di Rossano, nella lettera precisano tutta una serie di situazioni stanno comportando «notevoli disagi ai pazienti, considerato che i loro bisogni non possono essere totalmente soddisfatti».
«A distanza di tempo dall’ultima denuncia, si ritorna a parlare delle condizioni di mal organizzazioni dell’utilizzo del personale e della organizzazione della struttura. Il personale in servizio al Pronto Soccorso – scrivono – è sfinito dall’enorme carico di lavoro e dalla cattiva organizzazione della struttura. Si parla di centro Spoke, centro di eccellenza e addirittura di centro Covid ma alla fine rimangono solo parole».
«Per disposizioni del direttore sanitario e del coordinatore Infermieristico del presidio ospedaliero di Rossano – proseguono – si trasferiscono unità infermieristiche dal Pronto soccorso di Rossano verso altri presidi per poter ripristinare altre unità operative, aumentando ancor di più le responsabilità e il carico di lavoro del personale restante. Inoltre – fanno sapere – non si potrà garantire il servizio nelle tensostrutture adibite al pre-triage e chiuse da tempo per la mancanza del personale infermieristico».
Nella lettera, segnalano anche che «operare in condizioni di criticità, comporta un notevole stress psico-fisico ed espone il personale operativo a rischio di carattere medico legale e di sicurezza». Gli infermieri rimasti in Pronto soccorso lavorano «in regime di straordinario anche 18 ore al giorno per sopperire a tutte queste carenze create. Secondo l’art.34 del contratto collettivo nazionale e secondo una disposizione del direttore generale del 30 marzo 2013 “lo straordinario non può essere utilizzato come fattore ordinario di lavoro”».
Gli infermieri, poi, si chiedono provocatoriamente «che fine abbia fatto il personale per l’emergenza Covid-19».
«Per questi motivi chiediamo con estrema urgenza che venga adottato ogni intervento ritenuto utile alla soluzione della criticità sopra elencata – chiosa la denuncia del personale infermieristico –. In particolare che venga reperito urgentemente nuovo personale dedicato per ogni specialistica presente. Nell’interesse dell’utenza in assenza di una idonea risposta ci riserviamo di intraprendere ogni iniziativa ritenuta utile per la soluzione della criticità».
Situazioni ormai insostenibili da anni, quelle relative all’atavica carenza di personale, alle quali si è aggiunta anche l’emergenza sanitaria di questi ultimi mesi a fiaccare le residue forze di donne e uomini mandati al “fronte” senza rinforzi e senza difese. Può il risparmio a tutti i costi ricadere sugli utenti e su chi – stoicamente – prova a fornire quelle sacrosante risposte sanitarie? (lu.la.)
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