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Cilea, il figlio della Calabria migliore torna “a riveder le stelle”

A settant’anni dalla sua morte, il grande compositore e musicista risplende di vita nuova. Celebrato con l’apertura della prima della Scala, molte opere e musiche inedite di uno dei protagonisti de…

Pubblicato il: 13/12/2020 – 7:05
Cilea, il figlio della Calabria migliore torna “a riveder le stelle”

di Roberto De Santo
PALMI Scritti personali, memorie, appunti e soprattutto opere inedite. C’è un patrimonio inestimabile, un’occasione unica per la musica mondiale di ritrovare il genio enorme del più grande musicista calabrese di tutti i tempi: Francesco Cilea. A settant’anni dalla morte, il Comune di Palmi, che oltre un secolo e mezzo addietro diede i natali al maestro, ha deciso di valorizzare il tesoro che custodisce nella sua Casa della Cultura dedicata ad un altro gradissimo figlio di questa terra: Leonida Repaci.
Ha affidato al maestro Filippo Arlia, tra i più talentuosi direttori d’orchestra italiani nonché tra i più giovani direttori di Conservatorio del Paese, un compito certosino: catalogare e valutare i manoscritti, gli spartiti, le partiture e le bozze di Cilea.
Un compito decisamente ambizioso e che già si annuncia denso di sorprese importanti per riscrivere la storia della musica concertistica e non solo del Paese. Tra quel materiale infatti ci sono inediti. Opere che non erano state mai interpretate e spartiti con versioni delle musiche del maestro palmese dallo stesso ridisegnate, ma rimaste sconosciute alla grande musica mondiale che ora ne potrà conoscere l’esistenza. Ne è convinto il direttore del conservatorio “P. I. Tchaikovsky” di Nocera Terinese che, con la collaborazione di Raffaele Cacciola titolare della casa editrice Espm Musica, metterà mano alla collezione donata a Palmi dal compositore calabrese.
«È un’incredibile occasione – ha commentato Arlia – per riportare alla luce un patrimonio musicale unico e per questo inestimabile». Opere sepolte dalla polvere del tempo per valorizzare l’attività di uno dei compositori più importanti del Verismo italiano. Forse anche non pienamente compreso dalla letteratura musicale di quel tempo schiacciata da alcuni “giganti” che caratterizzarono l’operistica tra fine Ottocento e il primo ventennio del secolo breve. «C’è tanto di quel materiale – ha sostenuto Arlia – che si dovrà lavorare per anni per garantirne una degna valutazione. E la cultura concertistica del nostro Paese di questo lavoro non potrà che beneficiarsene per conoscere meglio un grandissimo compositore interpretato da voci uniche come quella di Enrico Caruso, che per primo si cimentò con Cilea, o di Luciano Pavarotti e Maria Callas. Per citare alcuni nomi». Un genio assoluto Francesco Cilea che spesso la Calabria ha trascurato, nonostante abbia lasciato una traccia indelebile nella storia della cultura musicale del Paese.
Soltanto pochi giorni addietro, alla prima della Scala di Milano “Io son l’umile ancella” – tratto dall’opera Adriana Lecouvreur di Cilea – ha aperto la scaletta musicale del primo evento – unico senza pubblico nella storia del più grande palcoscenico italiano – in programma al teatro meneghino sconvolto ma non azzittito dal Covid. La voce di Mirella Freni – indimenticabile soprana scomparsa a febbraio scorso – ha riproposto il passaggio celeberrimo dell’opera che più di altre ha fatto conoscere Cilea nel mondo. Dai loggioni e dalla platea vuota del Teatro alla Scala di Milano il dramma dell’attrice francese che ispirò l’opera di Cilea ha raggiunto milioni di italiani che hanno potuto seguire l’evento trasmesso in diretta su Rai 1 e Radio 3. Un’occasione per dimostrare ancora una volta la grandezza di un compositore la cui attività fu all’epoca anche osteggiata: la più nota era quella con Arturo Toscanini.
Ma le iniziative per ricordare la figura del maestro calabrese nell’anniversario della sua morte – che ricordiamo avvenne a Varazze, nel Savonese, il 20 novembre del 1950 – si sono susseguite, nonostante l’epidemia, in diversi luoghi d’Italia. A Genova al teatro Carlo Felice, poco prima che si espandesse il Coronavirus nel Paese bloccandone la programmazione, l’“Adriana Lecouvreur” ha costituito la punta di diamante del suo cartellone.
In particolare, il teatro genovese ha messo in scena la rivisitazione dell’opera di Cilea del regista Ivan Stefanutti che ha infatti scelto di ambientare l’Adriana non nella Parigi del 1730, dove l’attrice era molto nota e ammirata – tra i suoi estimatori anche Voltaire – ma nella Parigi della cultura Liberty. Questo a dimostrazione di quanta curiosità e studio tuttora susciti nel grande mondo musicale l’attività del compositore calabrese. Cilea, passato alla fama soprattutto per quell’opera, scrisse altre composizioni liriche. Ricordiamo la Gina che vide la luce nel 1889, tre anni dopo seguì la Tilda e nel 1897 L’Arlesiana. Prima del grande successo raggiunto nel 1902 appunto con l’Adriana Lecouvreur ed infine la Gloria, del 1907.
Senza contare il suo grande repertorio cameristico definito dalla critica «elegante». Attività dalle alterne fortune che però non hanno intaccato la grandezza di un personaggio il cui talento emerse già in tenerissima età e che seppe anche interpretare al meglio il suo ruolo di docente e poi direttore di importanti conservatori musicali del suo tempo: Palermo e Napoli.
Un personaggio ancora tutto da scoprire nella sua interezza. Una fiamma che sicuramente sarà ancor più alimentata dopo l’iniziativa promossa dal Comune di Palmi dove le spoglie del suo “diletto figlio” sono custodite – fin dalla traslazione avvenuta nel 1962 – in un mausoleo a lui dedicato. Un’iniziativa che si inserisce in un percorso più ampio di valorizzazione dell’opera del compositore palmese che parte dalla prosecuzione del concorso nazionale giunto alla 43esima edizione dedicato a Cilea – la cui ultima versione è stata congelata dalle norme per prevenire l’espansione del contagio – e prevede altri importanti step inseriti nel progetto “La città di Palmi e la musica – Una nuova cultura integrata” portato avanti dall’amministrazione comunale di Palmi retta da Giuseppe Ranuccio. Come spiega l’assessore alla Cultura del Comune di Palmi, Wladimiro Maisano.
In cosa consisterà l’iniziativa che avete affidato al maestro Arlia?
«Partirei da più lontano, il progetto ha avuto inizio quasi per caso. Sei mesi fa un amico di vecchia data ed eccezionale fonico del suono, Carmelo Caratozzolo, ci presentò, al sindaco e a me, il maestro Raffaele Cacciola, direttore artistico di case editrici musicali d’eccellenza nazionale e non solo, con lo scopo di poter intraprendere un progetto nella nostra città e garantire la presenza di musicisti d’eccezione. Con il maestro Cacciola ci siamo intrattenuti diversi pomeriggi a valutare la qualità del progetto musicale e nei nostri incontri è emerso, come era naturale, la figura di Francesco Cilea, il quale donò alla città molti appunti, manoscritti, partiture e memorandum che riguardavano la sua vita di musicista e di uomo. Abbiamo visitato insieme la donazione ed è nata l’idea di dare un nuovo valore al “patrimonio Cilea”, sulla base della competenza di Cacciola. Un maestro che proviene da altrettante straordinarie figure storiche della musica nel mondo: allievo di Castiglioni, Berio e Donatoni, solo per citarne alcuni. Il sindaco ed io abbiamo intuito che la strada era giusta e la possibilità di far uscire fuori dalle mura della Casa della Cultura “Leonida Repaci” il maestro Cilea, quello “palmese”, non doveva passare inosservata. Da qui parte il progetto di catalogazione ordinata e valorizzazione, per mezzo di pubblicazioni, proprietà del Comune, ricerche, conferenze e magari incisioni musicali da diffondere fuori dai confini comunali. Ecco come entra in scena il maestro Arlia e l’Istituto superiore d’istruzione musicale “Tchaikovsky” di Nocera Terinese, una realtà d’eccellenza e che sta compiendo passi da gigante per imporsi come punto di riferimento della cultura musicale non solo calabrese. Arlia avrebbe sostenuto il progetto ed il Conservatorio ne sarebbe stato il produttore principale».

Secondo lei perché i calabresi per primi non valorizzano il legame con Cilea?
«Anche qui darei una risposta indiretta. Io ho studiato a Firenze architettura, bene deve sapere che ho notato che la maggior parte dei fiorentini non è mai salita sulla cupola del Brunelleschi, quella di Santa Maria del Fiore intendo. Forse lo stesso vale per i pisani, e chi lo sa per i romani al Colosseo, per esempio, o magari le stanze vaticane del Raffaello. Io credo che non sia una volontà conscia di non valorizzare. È un pò come un amore quando lo si ha si sta comodi, e quando si perde, si soffre o si rimpiange. Non c’è un tempo specifico per valorizzare, non si sa prima quando è opportuno farlo, ci si pone degli obiettivi. Io credo che negli anni in molti hanno tentato, ma senza strategia non si raggiunge l’obiettivo. Ecco possiamo dire che questo è il tempo opportuno: kayros. Il tempo dove le circostanze – fatte di momenti ed incontri – permettono l’evento della valorizzazione. L’audacia è nel saperlo leggere e cogliere».

Quali altre iniziative avete in cantiere?
«Il legame tra il “Tchaikovsky”, Raffaele Cacciola e Palmi è già iniziato. Il maestro Cacciola sta già lavorando alla stesura del progetto, sulle linee guida del Comune e sull’importante produzione dell’Istituto. Le future iniziative partono da Cilea, come è ovvio, e presto si apriranno all’esterno con altrettante qualità politico-culturali che permetteranno alla nostra “diletta Palmi”, avrebbe scritto Cilea, di essere riconosciuta come la Città della Musica». (r.desanto@corrierecal.it)

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